GIOVANNI PASCOLI
CONTRASTO
I
Io prendo un po' di silice e di quarzo:
lo fondo; aspiro; e soffio poi di lena:
ve' la fiala come un dì di marzo,
azzurra e grigia, torbida e serena!
Un cielo io faccio con un po' di rena
e un po' di fiato. Ammira: io son l'artista.
II
Io vo per via guardando e riguardando,
solo, soletto, muto, a capo chino:
prendo un sasso, tra mille, a quando a quando:
lo netto, arroto, taglio, lustro, affino:
chi mi sia, non importa: ecco un rubino;
vedi un topazio; prendi un'ametista.
(da Myricae, 1903)
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“Le gioie del poeta” è il titolo della sezione di Myricae che accoglie queste due sestine di Giovanni Pascoli: ed è chiaro che quel soffiatore di vetro della prima sestina, che come per per miracolo trae la bellezza dell’arte da un po’ di polvere di quarzo e di sabbia, è simile al poeta della seconda, capace di prendere una parola o un’immagine, di levigarla, di rielaborarla e di trarne arte, diventando così artigiano della poesia – non occorre certo ricordare che l’etimologia di poesia deriva dal greco Ποίησις (poiesis), ovvero il fare.
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FOTOGRAFIA DA PINTEREST
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LA FRASE DEL GIORNO
Tu poeta, nel torbido universo / t'affisi, tu per noi lo cogli e chiudi / in lucida parola e dolce verso.
GIOVANNI PASCOLI, Myricae
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.
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