lunedì 12 giugno 2017

Nell’occhiata del cielo


FERNANDA ROMAGNOLI

TU

Tu, che chiamiamo anima. Tu profuga,
reietta, indesiderabile. Tu transfuga
dal soffio dell’origine.
Non ti spetta razione né coperta
né foglio di reimbarco.
Per registri e frontiere:
non esisti.
Ma in sere come queste, di cangianti
vaticinii fra i monti,
ad ogni varco
può apparire improvvisa la tua faccia
d’eremita o brigante.
«Fronda smossa,
pietra caduta» trasale in sé il passante
che la tua ombra assilla
di crinale in crinale,
mentre corri ridendo nell’occhiata
del cielo, che ti nomina e sigilla.

(da Il tredicesimo invitato, Garzanti, 1980)

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Invisibile, non registrabile – fortunatamente in questo in grado di sfuggire alle maglie della burocrazia – l’anima però è lì da qualche parte dentro di noi: che sia il nostro lato spirituale o l’io capace di emozionarsi, sa come manifestarsi, dice la poetessa romana Fernanda Romagnoli.

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Henderson

STEVE HENDERSON, “EYRIE”

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LA FRASE DEL GIORNO
L'anima e il corpo non sono due cose diverse, ma solo due modi diversi di percepire la stessa cosa.

ALBERT EINSTEIN, Il lato umano




Fernanda Romagnoli (Roma, 5 novembre 1916 – 9 giugno 1986), poetessa italiana. Visse un’esistenza chiusa e riservata, al seguito del marito militare a Firenze, Pinerolo e Caserta. Esordì nel 1943 con Capriccio, cui fece seguire Berretto rosso (1965), Confiteor (1973) e Il tredicesimo invitato (1980)


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