EUGENIO MONTALE
AVREI VOLUTO SENTIRMI SCABRO ED ESSENZIALE
Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale
siccome i ciottoli che tu volvi,
mangiati dalla salsedine;
scheggia fuori del tempo, testimone
di una volontà fredda che non passa.
Altro fui: uomo intento che riguarda
in sé, in altrui, il bollore
della vita fugace — uomo che tarda
all’atto, che nessuno, poi, distrugge.
Volli cercare il male
che tarla il mondo, la piccola stortura
d’una leva che arresta
l’ordegno universale; e tutti vidi
gli eventi del minuto
come pronti a disgiungersi in un crollo.
Seguìto il solco d’un sentiero m’ebbi
l’opposto in cuore, col suo invito; e forse
m’occorreva il coltello che recide,
la mente che decide e si determina.
Altri libri occorrevano
a me, non la tua pagina rombante.
Ma nulla so rimpiangere: tu sciogli
ancora i groppi interni col tuo canto.
Il tuo delirio sale agli astri ormai.
(da Ossi di seppia, 1928)
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Essere come il mare, essenziale nella sua variabilità, un flusso continuo di onde che nella loro piccolezza però con la costanza levigano i sassi del fondale, apprenderne la lezione di invincibilità, di impermeabilità allo scorrere del tempo. Questo è il desiderio di Eugenio Montale (1896-1981), anzi, per meglio dire, del Montale fanciullo di fronte al mare. Ne è invece uscito un uomo che si tormenta per l’impossibilità di trovare un senso all’esistere, che si barcamena tra la speranza di trovare la chiave che consenta di risolvere il mistero e la negativa risposta della ragione. Eppure, è proprio il canto del mare infine a cullare come una nenia l’anima del poeta.
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FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA
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LA FRASE DEL GIORNO
Vorrei prima di cedere segnarti / codesta via di fuga / labile come nei sommossi campi / del mare spuma o ruga.
EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia
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