Il 1914 fu un anno prolifico di poeti: dopo Bodini, Paz e Menicanti e in attesa di tre grandi come Luzi, Dylan Thomas e Parronchi, ecco il mantovano Umberto Bellintani, che nacque a Gorgo di San Benedetto Po il 10 maggio 1914 e lì morì nel 1999. Poeta legato alla sua terra e a quel mondo di campagna che segnò tutta la sua esistenza e nella quale si ritrovava parte della natura, così come il falco e la tortora: “Con parole d'aria, ho scritto poesie sulle ombre della sera, del silenzio e delle solitudini del ragazzo e del giovane che fui”. Di lui Eugenio Montale in una recensione sul Corriere della Sera scrisse nel 1954: “Bellintani, che vive in campagna, è un raffinato uomo di popolo, uno di quei poeti che sembrano essere saltati dalla Bibbia e da Omero ai più astrusi lirici stranieri conosciuti solo attraverso le traduzioni… spesso la poesia si rifugia in uomini come lui, non professionisti, senza le carte in regola”.
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SONO UN TOPO DI CAMPAGNA
Forse un giorno partirò dai campi miei,
dal gorgheggio delle passere di luce
per la grigia città. Me ne andrò
alle pallide ombre dei vicoli,
nella folla dei monotoni passaggi
delle ore sui viali, alla muraglia
delle case contro il cielo delle lodole.
Non avvenga. Lasciatemi all'aperto
mattino, al cammino sulle orme del passato,
alla luna ch'è la Luna al mio paese,
alla casa ch'è la Casa.
Sono un topo di campagna, sono il grillo
che nel cuore mi ricanta ogni sera
se l'ascolto dal paterno focolare.
(da Forse un viso tra mille, 1954)
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ALL’APERTO
L'uomo che sta accucciato nella vecchia latrina,
guarda il muro avanti a sé e vede
i piccoli grani di sabbia, sotto la mano di colore.
E dice l'uomo a se stesso che è ben vivo
poiché sa di guardar da uomo vivo quelle cose.
Così esce all'aperto, cosciente di sé e felice
entro una luce che poteva essere ben grigia un momento fa,
quand'egli ancora entrato non era
in quella vecchia latrina. Ben vivo
egli si sente, e nulla gli è più signore:
nessun uomo, nessuna cosa, nemmeno Dio.
Perciò cammina ed è padrone di tutto ciò che vede
e sente attorno a sé e lontano:
sia la distesa di campi, sia il bosco del barone
proprietario di pianure e di montagne;
sia la tana del topo, sia il gorgo impetuoso
del fiume che agguanta e annega un temerario
o sfortunato nuotatore;
e sia la nube del cielo e il sole e lo spazio
e tutto il passato e futuro giro del tempo.
(da E tu che m’ascolti, 1963)
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LE MIE PAROLE AMATE
a Sosi e Gino
Le mie parole sono capra
ed erano capra e pecora
le mie parole sono zappa
e asino vanga e pietra
per affilare la falce erba
medica farfalla e ragno
nella ragnatela al sole
nel granturco e mulo erano
e cavalla scrofa carretto
le mie parole amate.
(da Dalla grande pianura, 1998)
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LA FRASE DEL GIORNO
Dunque / forse soltanto un dolcissimo rapporto / fra noi e il tutto fa ponte e il tempo passa / lento e veloce.
UMBERTO BELLINTANI, E tu che m’ascolti
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