HARRY MARTINSON
LE ERBE NELLA THULE
Alle erbe nella Thule il tempo è angusto e avaro.
Avvinte al petto dell’occasione e nelle mani della grazia
comprendono l’arduità della farfalla lungo le prode gelate,
sentono l’età dell’effimera nelle piagge di giugno.
Forse non esiste prodigio più grande al mondo
di queste foglie del suolo nella nostra ristretta estate.
Il contadino ammutolisce, i poeti gozzovigliano con le parole,
mentre esse nei prati ancora vivono e fioriscono.
(da Le erbe nella Thule, 1975 - Traduzione di Giacomo Oreglia)
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“V’è qualcosa che io amo: il mare, l’oceano, in ogni sua espressione e le stelle – infatti l’astronomia è uno dei miei grandi interessi. E mare e stelle cerco di riunire in me, in una sorta di navigazione spirituale, quasi una legge superiore che liberi dal nichilismo e dalle simulazioni” scriveva il poeta svedese Harry Martinson. Questo è la sua poesia, il momento in cui, come nel festoso rigoglio della breve estate nordica, si riesce a cogliere quella grazia, a fare fruttificare il prodigio delle parole.
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FOTOGRAFIA © EFRAIM STOCHTER/PIXABAY
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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia sopravvivrà sia perché spesso tratta dell’amore (ditemi due innamorati che nel buio non si sussurrino versi d’amore), sia perché i sentimenti umani nelle loro più sottili espressioni non potranno mai tradursi e internazionalizzarsi completamente.
HARRY MARTINSON
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