ÁNGEL GONZÁLEZ
INVANO
Ho lavorato l’aria
l’ho affidata al vento:
volò, si dissolse,
ritornò silenzio.
Per il vasto mare,
negli alti cieli,
ho lavorato il nulla,
ho compiuto la fatica,
ho perforato la luce
ho penetrato il mistero.
Invano, ora,
invano, quindi;
fumo sono le mie opere,
cenere i miei fatti.
…e il mio cuore
rimane in loro.
(da Senza speranza, con convinzione, 1961)
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“Canta il dolore o la disperazione, il grigio annullarsi nella frustrazione o nella tristezza irrimediabile del fallimento dei sogni” scriveva già nel 1968 Guillermo Díaz-Plaja della poesia di Ángel González. Una descrizione che calza a pennello per questi versi che sono una specie di amaro bilancio – lo stesso Ángel si definì “un uomo con astio per tutto” – e che perdono in tale occasione quella sottile vena ironica che di solito nelle sue poesie pennella con un tocco di colore la consueta malinconia dello scorrere del tempo.
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MIHAI CRISTE, “DIARIO DELLE MAREE”
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LA FRASE DEL GIORNO
Dicono che l'acqua passata non macina più. Ma il fiume della vita che è passato continua a macinarmi vivo, fatto polvere nell'amore dell'acqua, quell'acqua, il cui lontano mormorio sente ancora il mio cuore.
ÁNGEL GONZÁLEZ, Nulla di grave
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