MARÍA MERCEDES CARRANZA
VOGLIO BALLARE CON ULISSE
“Heureux qui comme Ulysse
a fait un beau voyage”.
Joachim du Bellay
Voglio invitare a ballare Ulisse,
voglio bere con lui e che mi racconti
di che colore erano gli occhi del giovane Achille.
Voglio che mi canti il canto delle sirene
e che mi parli delle sue notti insonni
sulle acque del Mediterraneo.
Voglio sapere della sua complicità con Circe
sull’isola di Ea e delle sue strane
cerimonie e degli incantesimi.
Voglio che Ulisse faccia l’amore con me
e che a letto mi dica
come erano i vestiti di Elena
e
se Paride era come lo dipinge Rubens.
Voglio sapere che cosa vide nel paese dei Lotofagi,
di che colore erano le montagne in Eolide.
Voglio che mi dica perché ritornò a Itaca.
(da Ho paura, 1983)
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“Nessun libro finisce; i libri non sono lunghi, sono larghi” scrisse Giorgio Manganelli. Così, quando i grandi libri sono – diciamo – “terminati”, restano dentro di noi, continuano a ribollire, a fermentare come buoni vini nelle botti. E spesso, una volta chiusa l’ultima pagina, fantastichiamo sul destino dei personaggi, su quello che succederà dopo che la storia raccontata dall’autore si conclude. Oppure torniamo a frequentare i personaggi, come se non li avessimo mai lasciati su quelle pagine. Così fa con Ulisse la poetessa colombiana María Mercedes Carranza.
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N.C. WYETH, "ODISSEO E PENELOPE"
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LA FRASE DEL GIORNO
Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.
J.D. SALINGER
María Mercedes Carranza (Bogotá, 24 maggio 1945 – 11 luglio 2003), poetessa e giornalista colombiana. La sua opera poetica, secondo James J. Alstrum, è “demolitoria, ma sana e necessaria per indirizzare la poesia su percorsi insoliti”.
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