PHILIPPE JACCOTTET
PORTOVENERE
Di nuovo cupo il mare. Tu capisci,
è l’ultima notte. Ma chi chiamo? A nessuno
parlo, all’infuori dell’eco, a nessuno.
Dove strapiomba la roccia il mare è nero, e rimbomba
in una campana di pioggia. Un pipistrello
urta come stupito sbarre d’aria,
e tutti questi giorni sono persi, lacerati
dalle sue ali nere, a questa gloria
d’acque fedeli resto indifferente,
se ancora non parlo né a te né a niente. Svaniscano
questi “bei giorni”! Parto, invecchio, che importa,
il mare dietro a chi va sbatte la porta.
(da Il gufo, 1953 -Traduzione di Fabio Pusterla)
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Un senso di angoscia affiora da questi versi del poeta svizzero Philippe Jaccottet, chiaramente riferiti allo Spleen IV di Charles Baudelaire: “Quando la terra è trasformata in umida prigione / dove la Speranza, come un pipistrello, / va sbattendo contro i muri la sua timida ala /e picchiando la testa sui soffitti marci”. Jaccottet è a Portovenere, come ad Agrigento e altrove in Italia, non fa altro che “allenare stupidamente la malinconia, senza vedere granché o per lo meno senza imparare a vederlo”.
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FOTOGRAFIA © DIEKURZE70/PIXABAY
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LA FRASE DEL GIORNO
Mi rifiuto di fare del viaggio una specie di pellegrinaggio, giudicando che le cose non sono date che quando le si cerca più che quando ci si distoglie da esse.
PHILIPPE JACCOTTET, Attraverso un frutteto
Philippe Jaccottet (Moudon, 30 giugno 1925), scrittore, poeta, traduttore e critico letterario svizzero di lingua francese. La sua poesia si sforza di trovare una relazione con la natura e il mondo, cercando di preservare l’emozione di fronte alle cose viste, lavorando ora sul percepito ora sul sentito.
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