MANUEL MACHADO
TRAMONTO
Voce del mare: un languido e sonoro
sospiro era in quel vespro… Non volendo
morire il giorno, con artigli d’oro,
alle scogliere s’afferrava, ardendo.
Ma il mare gli protese il suo orizzonte,
e il sole, infine, come in ricco letto,
ne’ flutti immerse la dorata fronte,
stemperato in un vortice violetto.
Per il misero corpo dolorante,
per l’anima mia triste, lacerata,
per il rigido cuore sanguinante,
per l’amara mia vita affaticata…,
il mare amato, il mare dolce amante,
il mare, il mare, e sia ogni cosa obliata!…
(da Ars moriendi, 1921 - Traduzione di Oreste Macrì)
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Senso e sentimento vanno di pari passo in questo sonetto dall’indubbio sapore modernista del poeta spagnolo Manuel Machado: la malinconia e la bellezza che si fondono nel tramonto inducono a pensare alla fatica di vivere, quella che Cesare Pavese definì “mestiere” intitolando così il suo diario, all’inquietudine che Antonio Machado, fratello minore di Manuel, condensò nella domanda “Che cerchi, poeta, nel tramonto"?”
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FOTOGRAFIA © KORDI VAHLE/PIXABAY
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LA FRASE DEL GIORNO
È sempre emozionante il tramonto, / indigente o sgargiante che sia, / ma ancora più emoziona / quel bagliore finale e disperato / che arrugginisce la pianura / quando l’estremo sole s’inabissa.
JORGE LUIS BORGES, Fervore di Buenos Aires
Manuel Machado Ruiz (Siviglia, 29 agosto 1874 – Madrid, 19 gennaio 1947), poeta, scrittore e drammaturgo spagnolo, uno dei maggiori poeti della cosiddetta Generazione del '98, espressione del modernismo. Fratello maggiore del poeta Antonio, fu segretario di Ruben Darío. La sua opera è stata a lungo trascurata a causa dell’adesione al nazionalismo durante la Guerra di Spagna.
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