THOMAS STEARNS ELIOT
IL VIAGGIO DEI MAGI
Fu un freddo avvento per noi,
Proprio il tempo peggiore dell’anno
Per un viaggio, per un lungo viaggio come questo
Le vie fangose e la stagione rigida
Nel cuore dell’inverno.
E i cammelli piagati, coi piedi sanguinanti, indocili
Sdraiati nella neve che si scioglie.
Vi furono momenti in cui noi rimpiangemmo
I palazzi d’estate sui pendii, le terrazze,
E le fanciulle seriche che portano il sorbetto.
Poi i cammellieri che imprecavano e maledicevano
E disertavano, e volevano, donne e liquori,
E i fuochi notturni s’estinguevano, mancavano ricoveri,
E le città ostili e i paesi nemici
Ed i villaggi sporchi e tutto a caro prezzo:
Ore difficili avemmo.
Preferimmo viaggiare di notte,
Dormendo solo a tratti,
Con le voci che cantavano agli orecchi, dicendo
Che questo era tutta follia.
Poi all’alba giungemmo a una valle più tiepida,
Umida, sotto la linea della neve, tutta odorante di vegetazione;
Con un ruscello in corsa ed un molino ad acqua che batteva il buio,
E tre alberi contro il cielo basso,
E un vecchio cavallo bianco al galoppo sul prato.
Poi arrivammo a una taverna con l’architrave coperta di pampini,
Sei mani ad una porta aperta giocavano a dadi monete d’argento,
E piedi davano calci agli otri vuoti.
Ma non avemmo alcuna informazione, e così proseguimmo
Ed arrivati a sera non un solo momento troppo presto
Trovammo il posto; cosa soddisfacente voi direte.
Tutto questo fu molto tempo fa, ricordo,
E lo farei di nuovo, ma considerate
Questo considerate
Questo: ci trascinarono per tutta quella strada
Per una Nascita o per una Morte? Vi fu una Nascita, certo,
Ne avemmo prova e non avemmo dubbio. Avevo detto nascita e morte
Ma le avevo pensate differenti; per noi questa Nascita fu
Come un’aspra ed amara sofferenza, come la Morte, la nostra morte
Tornammo ai nostri luoghi, ai nostri Regni,
Ma ormai non più tranquilli, nelle antiche leggi,
Fra un popolo straniero che è rimasto aggrappato ai propri idoli.
Io sarei lieto di un’altra morte.
(da Collected poems 1909-1935, 1936)
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È, questa di Thomas Stearns Eliot, poesia di circostanza: il poeta statunitense accettò infatti di scrivere cinque poesie da stampare in una serie di cartoline natalizie da uno scellino per i suoi editori, Faber and Gwyer. Il viaggio non è solo quello dei Magi in rotta verso Betlemme, ma è anche quello di ogni uomo verso la conoscenza o verso la fede – lo stesso Eliot si era convertito al cristianesimo proprio in quell’anno, il 1927. E risalta il disagio emotivo tipicamente eliotiano, quel suo monologare che rivela le cose poco a poco, utilizzando un simbolismo tutto da decifrare: i tre alberi, in fondo non sono che le tre croci del Golgota, a rievocare quell’incrocio tra nascita e morte che percorre tutta la poesia.
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IMMAGINE © KOLBE TIMES
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LA FRASE DEL GIORNO
Là dove poco o niente c’era / una stella cadde dall’alto cielo / e come se i suoi raggi fossero acqua viva / Il deserto si trasformò in un esteso verde.
ERNEST BRYLL, Canto di Natale
Thomas Stearns Eliot, (Saint Louis, Missouri, 26 settembre 1888 – Londra, 4 gennaio 1965), poeta, saggista, critico letterario e drammaturgo statunitense naturalizzato britannico. Premiato nel 1948 con il Nobel per la letteratura, è stato autore di diversi poemi, alcuni dei quali destinati al teatro: Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock, La terra desolata, Quattro quartetti e Assassinio nella cattedrale.
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