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lunedì 21 aprile 2025

L’Angelo, distante e vicino


CARLO BETOCCHI

SULL’ORE PRIME

Son l’ore prime, le solite, le ore
che la vita me ne ha chieste tante;
l’ora che al già Risorto, che «non è
più qui», tien dietro l’Angelo, distante

e vicino alla vita: che un motore
stacca in fondo alla via la sua fatica,
e parte: e ch’io resto, solo, all’antica
vicissitudine, cui non val arte

di sorta, altro che il principiare, e sia
come sia, con quel gettar di dadi
che è già scontato, che se stesso oblia,

che va crescendo d’effetto per gradi,
vola il colombo, si schiara la via,
o vita, come lenta persuadi.

(da L’estate di San Martino, Mondadori, 1961)

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E sì che mi son capitati, forse, più malanni che contenti. Ma sarà per quell’accoglienza che gli faccio, quando il dolore capita, che per modo di dire chiamerò riflessiva, ma riflessiva non è – come sa chi mi conosce – perché per me non consiste che nell’adottare un comportamento, che in questo caso è la pa­zienza: la pazienza, poi, si fa compagnia col tempo che passa: sarà per questo, dico, che in tale passaggio anche i malanni, le pene, quand’hanno visto che la pazienza va d’accordo col tempo, cominciano a mutare viso”: meditando sulla Resurrezione e sull’Angelo apparso alle donne, il poeta torinese Carlo Betocchi illustra la sua filosofia cristiana, il suo accettare la sofferenza come Giobbe, consapevole di essere “un poveraccio, questi che vuole / ciò che il mondo non vuole, solo amore”.

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FOTOGRAFIA © CHIEM SEHERIN/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Mi torna spesso alla mente la frase che scrisse San Paolo ai Corinti, dopo aver recitato le sue infinite tribolazioni: «Se c’è da vantarsi, io vanterò gli atti della mia debolezza». Che stupenda parola! Anzi, proprio, che parola della poesia. Perché i poeti non sono mica de­gli spiriti forti.
CARLO BETOCCHI, Diario della poesia e della rima

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Carlo Betocchi (Torino, 23 gennaio 1899 – Bordighera, 25 maggio 1986), poeta e scrittore italiano. Fra i poeti ermetici è considerato una sorta di guida morale. Tuttavia, contrariamente a loro, fondava le sue poesie non su procedimenti analogici che evocano significati, ma su un linguaggio diretto, sul realismo e sulla tensione morale.


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