DIEGO VALERI
IL FICO
Laggiù al paese, nell’orto,
i miei mattini erano sul fico
largo di foglie, bruno, chiazzato
di neri frutti. Mi nascondevo nel folto
del grande albero amico. Il sole
montava alto, più alto del fico,
di me sul fico.
Guardavo il mondo, l’orto del vicino,
di là dal muro. Ogni tanto coglievo
un frutto, che gemeva latte
dal picciuolo spezzato e sangue denso
dalla ferita di sotto.
Ero un piccolo Pan, gracile, anemico,
nel primo sboccio timido dei sensi;
re del mondo, dell’orto;
il solo vivo sulla terra
nel tutto mio mattino d’estate.
(da Verità di uno, Mondadori, 1970)
.
Il ricordo della fanciullezza si riaffaccia ancora una volta nei versi del poeta padovano Diego Valeri, coniugandosi con la sensibilità e la semplicità che caratterizzano la sua poetica: e quel Valeri ragazzo diventa allora la stagione stessa, languida nel suo declinare: “Settembre, dolce come un fanciullo malato, / si stende pigro su la proda del fosso, / tra l’erba secca fiorita di pallido rosso, /a guardare nell’acqua, tristemente beato”.
.
FOTOGRAFIA © THOXUAN99/PIXABAY
.
LA FRASE DEL GIORNO
Solo sta fermo nel fondo di noi / quel nostro tempo primo, / l'infanzia, all'ombra della madre, sotto / il crocifisso piccolo di avorio.
DIEGO VALERI, Calle del vento
Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.
Nessun commento:
Posta un commento