KATE CLANCHY
LAMPONI
Il modo in cui non ricordiamo il calore, dimentichiamo
il sudore e di come portavamo una maglia
leggera sulla pelle che bruciava, il modo in cui perdiamo
il sapore del lampone, ogni inverno; ma
brusco all’improvviso viene luglio, la vena
incendia la tela, e da quella luce
- il sole su calde lenzuola stropicciate –
il mondo splendido in cui faremo il nostro ingresso,
che è andata come doveva, è ciò che sai. Non è un proseguimento,
né il modo in cui ce n'eravamo andati, l’ubriacatura, solo
il tuo timoroso protenderti goffo e mezzo soffocato,
le mie mani distese, le nostre dita, intrecciate,
- come il primo accecato ritrarci dal calore
o a denti serrati, semi, un sapore di metallo.
(da Samarcanda, 1999 – Traduzione di Francesco Smaldino)
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Il tempo che scorre, la memoria che resta viva in noi sottotraccia per poi riesplodere all’avvento delle stagioni: l’immediatezza della poetessa scozzese Kate Clanchy (Glasgow, 1965) rende in particolar modo quando si addentra nei territori del quotidiano, del tranquillo ménage familiare (non a caso la raccolta precedente a questa si intitola “Sciattona” e la successiva “Neonato”) dove sognare lontane Samarcande senza muoversi da casa.
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DIPINTO DI WILLIAM HOUGH
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LA FRASE DEL GIORNO
I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati.
EPICURO
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