KO UN
L’HO VISTO SCENDENDO
L’ho visto scendendo
quel fiore che non avevo visto
salendo.
(da Fiori d’un istante, 2001 – Traduzione di Vincenza D’Urso)
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Le poesie così brevi di solito offrono numerosi appigli all’interpretazione: così questa del poeta sudcoreano Ko Un, da anni candidato al Nobel. Cosa si può dire? Che spesso i punti di vista cambiano le nostre percezioni, certo. Che l’essere umano è limitato, ma che riesce comunque a rapportarsi in qualche modo con la realtà e con quello che va al di là di essa (la poesia). Ma non solo: che, impegnati nel salire, spesso ci prefissiamo solo di raggiungere la meta a discapito di tutto il resto, mentre nello scendere (il desiderio realizzato, il traguardo ormai raggiunto) abbiamo la possibilità di allargare lo sguardo, di abbracciare tutto l’orizzonte. E ancora: che le cose – come pensava Cesare Pavese – si notano la seconda volta, ovvero quando sono ricordate (e in questo caso è un ricordo inconscio). Niente male, per sole undici parole…
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FOTOGRAFIA © MIRO SABO/PANORAMIO
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LA FRASE DEL GIORNO
Quando i fiori parlano / il suo volto sorride luminoso.
KO UN, L’isola che canta
1 commento:
bella la poesia di pochi versi, gli aiku giapponesi e questa. E' che salendo si guarda la meta, solo scendendo si abbassano gli occhi e proprio allora si vede quel fiore.
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