giovedì 17 aprile 2008

Diego Valeri (II)


Il critico Giacomo Debenedetti, per l’uscita della raccolta Il flauto a due canne, nel 1958 definì le liriche di Diego Valeri “poesia delle vacanze” e il poeta stesso “poeta del bene di vivere” in contrasto con i tre grandi poeti del Novecento: Montale, Saba e Ungaretti, aedi del male di vivere. Ebbene, questa sua forza vitale, come già abbiamo visto, erompe da ogni sua poesia, che sia la folle gioia della vicinanza della donna amata, presenza che meraviglia e inebria, o sia l’imponente presenza della natura e dei suoi colori che lascia trapelare i sentimenti del poeta con una calma paziente. Non l’eruttare del vulcano quindi, ma il lento scorrere della lava sulle pendici. La stessa olimpica serenità con la quale il Valeri novantenne di “Calle del vento”, sul finire della sua vita, oppone la soggettività trascendentale all’essere mondano: un abbandono non rassegnato ma piuttosto un’accettazione del destino umano, un’aderire ancora una volta alla natura.


da Poesie vecchie e nuove, 1930

MILANO


Corso Venezia rombava e cantava
come un giovane fiume a primavera.
Noi due, sperduti, s’andava s’andava,
tra la folla ubriaca della sera.


Ti guardavo nel viso a quando a quando:
eri un aperto luminoso fiore.
Poi ti prendevo la mano tremando:
e mi pareva di prenderti il cuore.


da Terzo tempo, 1950

ALBERO


Tutto il cielo cammina come un fiume,
grandi blocchi traendo di fiamma e d'ombra.
Tutto il mare rompe, onda dietro onda,
splendido, alle sfuggenti dune.

L'albero, chiuso nel puro contorno,
oscuro come uno che sta su la soglia,
muto guarda, senza battere foglia,
gli spazi agitati dal trapasso del giorno.


da Poesie, 1962

DESTARMI ACCANTO A TE


Destarmi accanto a te, nella prima
luce, e vederti dormire,
così bianca, così fragile e fina
da sentirmi volontà di morire.


Baciare le tue palpebre molli,
bianche farfalle che volano via,
scoprendo due fiori divini
di nerazzurra malinconia.

Baciare il tuo viso mattutino
ancora bagnato di sonno,
il tuo viso esiguo di bambino,
tutto bianco e tenero e biondo.

Baciare su le tue labbra il profumo
della tua profonda primavera,
e tutta respirarti, con l’oscuro
mio cuore, bianca anima leggera.

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MA IL DOLCE VISO…


Ma il dolce viso che s’inombra, gli occhi
sbiancati, la parola che vacilla
e sprofonda nel cuore, e quel fuggire
lungo, sparso, di tutto il sangue; il punto
in cui non c’è che una vita, la vita
col suo morire e ricrearsi eterno:
quello è pur nostro bene, palpitante
amicizia dei sensi, fuggitiva
luce di gioia, nostra disperata-
mente breve ora d’immortalità.


da Calle del vento, 1975

L’ISTANTE CHE NON STA


L’istante che non sta,
che mentre è, già non è più:
l’innumerevole istante.
Tu vedi: è stolto temere la morte
se, vivendo, ogni istante si muore.


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I GIORNI, I MESI, GLI ANNI


I giorni, i mesi, gli anni,
dove mai sono andati?
Questo piccolo vento
che trema alla mia porta,
uno a uno, in silenzio,
se li è portati via.
Questo piccolo vento
foglia a foglia mi spoglia
dell’ultimo mio verde
già spento. E così sia.


Vedi anche: http://cantosirene.blogspot.com/2008/04/diego-valeri.html








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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia nasce non dall'our life's work, dalla normalità delle nostre occupazioni, ma dagli istanti in cui leviamo il capo e scopriamo con stupore la vita.
CESARE PAVESE, Il mestiere di vivere, 16 aprile 1940





Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.


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