MARK STRAND
LUNA
Apri il libro della sera alla pagina
in cui la luna, sempre la luna, ancora appare
tra due nuvole, muovendosi così lenta che sembrano
trascorse ore prima che passi alla pagina seguente
dove la luna, ora più luminosa, spalanca un sentiero
per condurti via da tutto quello che sai
nei luoghi in cui tutto quello che hai desiderato si avvera,
la sua sola sillaba come una frase sospesa
al margine del senso, in attesa che tu ne pronunci il nome
un’altra volta, sollevando gli occhi dalla pagina
chiudendo il libro, sentendo ancora com’era
restare in quella luce, nell’inatteso paradiso del suono.
(Moon, da Man and Camel, 2006)
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Non è che una notte di luna, eppure il poeta canadese naturalizzato statunitense Mark Strand riesce a trarne un’immagine misteriosa in cui l’esistenza approda a sfiorare l’universale con un linguaggio d’incanto e di speranza: “Per un attimo sentii / che il cielo vasto e affollato di stelle era mio, e udii / il mio nome come per la prima volta, lo udii / come si sente il vento o la pioggia, ma flebile e distante / come se appartenesse non a me ma al silenzio / dal quale era venuto e al quale sarebbe tornato”.
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FOTOGRAFIA © NEKROCONEJITA
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LA FRASE DEL GIORNO
Il sole che cala. I tappeti erbosi in fiamme. / Il giorno perso, la luce persa. / Perché amo quel che svanisce?
MARK STRAND, Darker
Mark Strand (Summerside, Canada, 11 aprile 1934 – Brooklyn, 29 novembre 2014), poeta statunitense di origini canadesi, fu saggista e traduttore, professore di Letteratura inglese e comparata alla Columbia University. Nel 1990 fu insignito della carica di Poeta Laureato della Biblioteca del Congresso.
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