CHARLES TOMLINSON
VENEZIA
Frastagliato da porte
il mattino assume il peso della notte,
si radunano le case in netti cubi.
Nel palazzo affacciato sulla sponda,
lei, pronta ad imbarcarsi, attende.
Il suo vestito è un velo di suoni
disteso sul silenzio.
Sotto il ponte,
contenuto da un arco riflesso,
un tunnel di luce
eclissa muri, acqua, orizzonte.
Galleggiando sulla propria immagine
un corteo di barche ozia sullo spazio.
(da "Some Americans", 1980)
Del poeta inglese Charles Tomlinson abbiamo già letto le poesie dedicate a Varenna e al Lago di Como. Qui lo troviamo a Venezia, descritta come qualsiasi turista la può osservare in un giorno qualunque: ponti, riflessi, motoscafi e vaporetti, le case colorate che si rispecchiano nei canali. Cos'è che Tomlinson aggiunge per ottenerne poesia? La vita. Quella vita che scorre via, che si frammenta come in un caleidoscopio per poi riformarsi, che si sposta altrove, che scorre, scivola lenta. Eppure ci è consentito anche solo per pochi istanti di coglierla, di afferrarla. In questo caso una donna che sale su un vaporetto e sembra convogliare su di sé tutti i suoni della città. In lei si incarna l'emozione, si fa vita quell'attimo sospeso tra il sogno e la realtà.
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LA FRASE DEL GIORNO
La vita è una, è l'universo; i mondi e le creature ne sono l'espressione; la materia ne è il mezzo, lo scopo è il segreto della divinità, l'ignoto.
IGINIO UGO TARCHETTI, Due ricordi di Crimea
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