Cento anni fa, il 18 maggio 1909, all'età di quarantanove anni si concludeva la vita di Isaac Albéniz. Vita avventurosa per un musicista. Era nato nel 1860 a Camprodon, in Catalogna, da un ispettore delle tasse che ne intuì subito il talento musicale e lo istradò verso una carriera da bimbo prodigio: a quattro anni il piccolo Isaac fece il suo debutto improvvisando ad un concerto pubblico, a sette sua madre lo portò a Parigi per studiare con il maestro di Bizet e Debussy, Jean-François Marmontel.
Ma difficile è la vita dei bambini prodigio: tornato in Spagna, Albéniz fuggì di casa, visse all'aperto mantenendosi come suonatore acrobata negli spettacoli di vaudeville. In pratica, vestito come un moschettiere, con tanto di spada, suonava la tastiera posta dietro la schiena con le nocche, tenendo i palmi in su!
Aveva dodici anni quando, dopo incidenti e traversie, si imbarcò da clandestino su una nave per Buenos Aires, città che lasciò poi per Cuba e per gli Stati Uniti, dove iniziò a dare concerti a New York e a San Francisco. Tornò in Europa e suonò a Liverpool, Londra e Lipsia.
Il suo spirito libero - aveva allora solo quindici anni! - non tollerava vincoli e catene, non era in grado di sottostare alla disciplina necessaria per portare avanti studi regolari: Albéniz si affidava esclusivamente al suo talento. Furono gli incontri con altri geni della musica a indicargli la strada, a condurlo per mano: Liszt a Budapest, Dukas a Parigi e Felipe Pedrell in Spagna. Costui, studioso del folklore e delle danze popolari, convinse Isaac a diventare un compositore, servendosi della lingua spagnola. Il trentenne Albéniz si dedicò alla zarzuela, l'opera spagnola, mettendola in scena a Parigi, prima di musicare dietro compenso i libretti del banchiere inglese Money-Coutts. Con il passare degli anni, la sua musica per pianoforte, con quel gusto spagnolo che mediava folklore e impressionismo, gli diede notorietà: Parigi, Barcellona e Nizza se lo contendevano. Fu proprio allora che il destino si accanì contro di lui: la giovane figlia morì, la moglie venne colpita da un male incurabile, lui stesso sviluppò la malattia di Bright.
Albéniz fu un precursore di quella scuola spagnola che avrebbe portato a Granados, De Falla e Turina: seppe fondere gli elementi folkloristici, memore certo del vaudeville e degli insegnamenti del musicologo Pedrell: la sua ispirazione, se anche la struttura pianistica ha un grosso debito con Liszt, è tutta spagnola, dalle chitarre ai ballerini di flamenco, dai ritmi esuberanti alle melodie sensuali.
DISCOGRAFIA ESSENZIALE
Ibéria. Navarra. Suite Española - Alicia de Larrocha Decca 417 887-2DH2 (126’)
Ibéria - Marc-André Hamelin Hyperion CDA67476/7 (126')
Albeniz. Granados. Rodrigo - Julian Bream RCA Navigator 74321 17903-2 (77')
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LA FRASE DEL GIORNO
Non sarebbe la musica una lingua perduta, della quale abbiamo dimenticato il senso, e serbata soltanto l'armonia?
MASSIMO D'AZEGLIO, I miei ricordi, X
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