Uno degli orrori più frequenti che vengono a violentare la grammatica italiana è quello di trovare scritto «pò» anziché «po'»: purtroppo anche l'infame meccanismo di scrittura automatica dei telefonini, il T9 tende a diffonderlo. E i giornali non sono da meno. Si spera che gli insegnanti siano ancora in grado di correggerlo.
Questo preambolo per esemplificare l'apocope, che altro non è se non la caduta della sillaba finale, indipendentemente dalla lettera iniziale della parola seguente. Un altro errore che è capitato in tempi recenti va ascritto alla canzone scritta da Claudio Baglioni per le Olimpiadi di Torino del 2006: si intitolava «Và» e non «Va'» come sarebbe stato giusto. Il cantautore si è poi riabilitato, inserendo il brano con il titolo corretto nel cofanetto "Gli altri tutti qui".
Dunque l'apocope è indicata con l'apostrofo e non con l'accento, a segnalare che dopo quella sillaba ce n'era un'altra: «po'» era «poco»; «va'» era «vai». Altri imperativi ne sono soggetti: «da'» e «fa'» per «dai» e «fai»; «di'» per il suo antenato latino «dic», il colloquiale «ve'» per «vedi». Altri casi non vi sono, se non l'uso obsoleto di certe forme di preposizioni articolate, diffuso nelle poesie anteriori al Novecento: "Sotto i limpidi soli e tra le molli / ombre de' lauri a' mormorii de l'acque" scriveva ad esempio Giosue Carducci nel sonetto "Val d'Arno" e quel «de'» e quell'«a'» erano due casi di apocope.
Fotografia: Photo.Spriggs
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LA FRASE DEL GIORNO
Chiunque può sbagliare; ma nessuno, se non è uno sciocco, persevera nell'errore.
CICERONE, Filippiche, XII, 5
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