Riconosco, o Signore, e te ne ringrazio, che hai creato in me questa tua immagine, affinché, memore, ti pensi e ti ami. Ma l'immagine è così cancellata dall'attrito dei vizi, è così offuscata dal fumo dei peccati, che non può fare ciò che dovrebbe, se Tu non la rinnovi e la riformi. Non tento, o Signore, di penetrare la tua profondità poiché in nessun modo posso metterle a pari il mio intelletto; ma desidero comprendere in qualche modo la tua verità, che il mio cuore crede ed ama. Non cerco infatti di comprendere per credere, ma credo per comprendere. Poiché credo anche questo: che "se non avrò creduto non potrò comprendere" (Is., 7, 9)
Sono le parole di un grande filosofo, il più eminente personaggio dell’XI secolo: è uno dei primi paragrafi del Proslogion di Sant'Anselmo d'Aosta, del quale domani si celebra il novecentesimo anniversario della morte. Anselmo, noto anche come Anselmo di Bec, per essere stato monaco nell'abbazia di Notre-Dame du Bec, in Normandia, e come Anselmo di Canterbury, città di cui fu arcivescovo, nacque ad Aosta nel 1033 o 1034 e morì a Canterbury il 21 aprile del 1109. Siamo dunque in pieno Medioevo quando si interroga sull'esistenza e sulla natura di Dio, basandosi sull'assioma di Sant'Agostino credo ut intelligam, intelligo ut credam. Anselmo crede per comprendere e comprende per credere: ragione e fede non sono contrapposte, ma la prima è strumento essenziale dell'altra.
Di Anselmo d'Aosta sono celebri le quattro prove dell'esistenza di Dio:
1) Ognuno tende a impossessarsi delle cose che giudica buone. Ma se esistono cose buone, il loro principio dovrà essere unico. Dovrà esistere cioè una Bontà assoluta.
2) L'esistenza di varie grandezze determina l'esistenza di una grandezza somma che include tutte le
altre, di cui tutte le altre sono partecipazione.
3) Tutto ciò che esiste, o esiste in virtù di qualcosa, o esiste in virtù di nulla. Dunque, dato che ciò che esiste in virtù del nulla è il nulla stesso, e dato che qualcosa esiste, ciò esisterà grazie a un Essere supremo, l'essere in virtù (di qualche cosa).
4) Tratta dalla gerarchia degli esseri viventi. Dovrà esistere un essere a sommità della gerarchia che sia perfetto. Una perfezione prima e assoluta.
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LA FRASE DEL GIORNO
Non far passare la fede in primo luogo è presunzione; ma non far appello in seguito alla ragione è negligenza.
ANSELMO D'AOSTA
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