YASUNARI KAWABATA
LA FOTOGRAFIA
Dire «un brutto» è da maleducati, ma non c'è dubbio ch'era stato per conseguenza di questa sua bruttezza se era diventato poeta. Mi raccontava il poeta:
«Io le fotografie le detesto, di rado mi vien voglia di farmene fare. Le ultime le ho fatte quattro o cinque anni fa insieme con la mia ragazza per l'anniversario del fidanzamento. Lei per me è una fidanzata importante. Se non altro perché ho poche speranze di poter avere ancora nella vita una donna così. E certo oggi quelle fotografie sono tra i miei ricordi più belli.
«Senonché l'anno scorso una certa rivista mi ha chiesto un ritratto da pubblicare. Da una foto dov'ero con la mia fidanzata e sua sorella mi sono ritagliato via, io solo, e spedito alla rivista. Di recente, anche un quotidiano è venuto a prendere una mia fotografia. Certo che ci ho pensato un po' su, però alla fine ne ho tagliata a metà una dove stavo con la mia fidanzata e l'ho consegnata al giornalista. Avevo esplicitamente espresso il desiderio che mi venisse restituita senza fallo, invece a quanto pare non mi verrà resa affatto. Ma lasciamo perdere.
«Sì, lasciamo pure perdere. Ma rimane il fatto che guardare quella mezza foto, la foto dov'era ormai solo la mia fidanzata, è stata una vera rivelazione per me. Che fosse la stessa ragazza? Mi permetto di farti notare che la fidanzata della foto è davvero dolce, davvero bella. Anche perché a quell'epoca ha diciassette anni. Ed è innamorata. Eppure, guardandola da sola nel ritaglio di foto che m'era rimasto, dopo che n'ero stato rimosso io, mi è venuto da pensare – ci crederesti? – ch'era una ragazza così banale. E dire che fino a un secondo prima, nella stessa fotografia, m'era sembrata tanto bella. E stato un lento e doloroso risveglio da un sogno di lunghi anni. Il tesoro che tenevo tanto caro è finito in frantumi così.
«Forse... – e il poeta abbassò ancor più la voce – se ora guarda la mia foto sul giornale pure lei di sicuro penserà: "Sono stata stupida ad amare, seppur per poco, un uomo del genere". E questo è tutto.
«Però mettiamo, congetturo io, mettiamo che la foto di noi due venisse pubblicata dal quotidiano così com'era, uno a fianco all'altro. Magari lei, da chissà dove, sarebbe tornata di volata da me dicendosi: "Ah, non mi ero accorta che fosse così..."»
(da Racconti in un palmo di mano, Marsilio, 2009 - Traduzione di Ornella Civardi)
Ora, con la traduzione di Ornella Civardi, sono usciti per le Edizioni Marsilio i "Racconti in un palmo di mano" (Tenohira no shosetsu), scritti nel 1968: minime storielle intervallate a racconti più lunghi, che bene rappresentano lo stile di Kawabata, come si può apprezzare da quella proposta. Si rimane con questa sensazione di sospeso, di non detto, di quello che in arte è chiamato "non-finito", con l'idea che la percezione espressa dalle parole non è in grado di ricoprire tutto, ma che solo indica una traccia verso una strada che il pensiero è invitato a percorrere.
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LA FRASE DEL GIORNO
Un fiore solo ha più risalto che cento fiori.
YASUNARI KAWABATA, Discorso per il Premio Nobel, 1968
Yasunari Kawabata (Osaka, 11 giugno 1899 – Tokyo, 16 aprile 1972), scrittore giapponese insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1968. Una scrittura limpida, ellittica, allusiva, un erotismo pervadente che trae la sua linfa dal confronto con immagini di morte, solitudine e vecchiaia connotano le sue opere.
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