mercoledì 14 maggio 2008

Sera di maggio a Livorno


GIORGIO CAPRONI

MAGGIO


Al bel tempo di maggio le serate
si fanno lunghe; e all'odor del fieno
che la strada, dal fondo, scalda in pieno
lume di luna, le allegre cantate
dell'osteria lontane, e le risate
dei giovani in amore, ad un sereno
spazio aprono porte e petto. Ameno
mese di maggio! e come alle folate
calde dell'erba risollevi i prati
ilari di chiarore, alle briose
tue arie, sopra i volti illuminati
a nuovo, una speranza di grandiose
notti più umane scalda i delicati
occhi, ed il sangue, alle giovani spose.


(da Finzioni, 1939)
.

È giovane Giorgio Caproni quando scrive questo sonetto: ha ventisei anni e la sua poesia si sta elevando verso un ermetismo che coniuga melodia e prosaicità. Non ha ancora praticato il dubbio, la ricerca della propria identità che caratterizzerà gran parte della sua opera successiva. non si è ancora dedicato a esplorare il mistero.
È un ragazzo che si lascia intenerire dalle sere di maggio, così lunghe e dolci, dall'allegria degli amici all'osteria, degli innamorati sorridenti. In petto gli arde la gioventù, quell'immotivata gioia che lo pervade. Si lascia attrarre dall'esteriorità, ce la descrive. I sensi sono accesi, all'erta, eccitati dai colori, dai suoni, dagli odori: il cielo della sera, i canti, il fieno. E si riflettono sulle persone, sui visi raggianti, risvegliatisi alla vita dopo il lungo inverno, ma anche sui pensieri, ora orientati alla speranza. E sulle giovani donne, che sentono scorrere nelle vene l'amore.



Fotografia © Public Domain Net



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LA FRASE DEL GIORNO
Ricercare il senso del discorso poetico è come attraversare da una riva all'altra un fiume ingombro di instabili giunche cinesi variamente orientate: non si può ricostruire l'itinerario interrogando i battellieri, i quali non sapranno dirci come e perché siamo saltati da una giunca all'altra.
OSIP MANDEL'STAM, Discorso su Dante




Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.


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