giovedì 22 maggio 2008

Ricordo che fuggi...



IL RICORDO, 8

I

Questo istante
che sta già per essere ricordo, che cos'è?
Musica folle,
che reca questi colori che non furono
- poiché furono
di quelle sere d'oro, amore e gloria -;
questa musica che sta per non essere, cos'è?

II

Istante, prosegui, sii ricordo
- ricordo, tu vali di più, perché tu fuggi,
senza fine, con la tua freccia, la morte -,
sii ricordo, con me già lontano!
...Oh sì, fuggire, fuggire, non essere istante,
ma eternità nel ricordo!

III

Mia memoria immensa,
rendi secoli gli istanti che fuggirono;
eternità dell'anima dalla morte!
...Istante, fuggi, fuggi tu che sei - ahimè -
me!
Questo istante, questo tu,
che sta ormai morendo, che cos'è?

(da Pietra e cielo, 1919)


Il passato è una zona in ombra illuminata qua e là dai fari dei ricordi - come un paesaggio notturno che appaia a un viaggiatore dal finestrino di un treno. Ma quelle isole di luce, come oasi nel deserto, sono pozze di vita dove i nostri ieri risorgono dall'oblio per illuminare ancora uno scampolo di tempo. E, come alla luce artificiale, i colori appaiono diversi rispetto al chiarore del giorno, inevitabilmente anche i ricordi risultano alterati, differenti dalla realtà, perduta per sempre.

Così Juan Ramón Jiménez, dipinge il ricordo. Quello che il poeta spagnolo cerca in tutta la sua opera è un'identificazione estetica con la bellezza stessa, simboleggiata dal mare nelle opere giovanili e dalla luce di Dio in quelle della maturità. La sua poesia è un'«ansia di eternità» per superare i limiti del tempo e quelli della natura umana.



Jean Tatton Jones, "Our memory tree"


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LA FRASE DEL GIORNO
Credere è propriamente andare per quella via dove tutti gli indicatori stradali mostrano: indietro, indietro, indietro!
SÖREN KIERKEGAARD, Diario





JimenezJuan Ramón Jiménez (Palos de Moguer, 24 dicembre 1881 - San Juan, Portorico, 29 maggio 1958), poeta spagnolo premiato con il Nobel nel 1956, fu uno dei principali esponenti della Generazione del ’14 e del Modernismo. La sua ricerca poetica lo portò a privilegiare la poesia nuda ed essenziale, fatta solo di immagine e di parola al di là della musicalità esteriore.


9 commenti:

Unknown ha detto...

io, ma senza veramente deciderlo e volerlo, tralascio i ricordi..ho una memoria intensa ma ogni lembo di ricordo è chiuso in un cassettino, ma non proprio a chiave, così, se vuole, può uscire da solo..ritornare fanciulli, come esortano Gesù e Nietzsche,forse è non rimestare i ricordi, non gravarseli sulle spalle, portarli nel dna ma non nella psiche ...qualche tempo fa dicevo a Franco Loi che oggi gli unici poeti che i giovani ascoltano sono i cantanti...Jovanotti ad esempio..banalità indotta dall'imbarazzo dell'incontro..Loi mi redarguì, perchè era come dire a Dior che tutti potevano fare i vestiti...

DR ha detto...

Eh sì, comprendo. I cantanti, come ho scritto qualche post fa non sono poeti. E Loi, che è un Maestro della poesia non può dire diversamente.

Il ricordo invece io amo coltivarlo, come parte di me. Non butto via niente, rielaboro, arrangio, ne faccio poesia per analizzare meglio. Forse sarebbe più comodo fare il contrario, ma come dici anche tu non è una scelta.

Unknown ha detto...

ci pensavo..e ho capito che il passato rigoglia solo quando il presente langue:

l'opulenza dell'uno è inversamente proporzionale a quella dell'altro!

uno che vive di un presente pieno ed appagante, non ha tempo mentale per ritornare al passato, anche se volesse

DR ha detto...

Il fatto è che il presente è il nostro tempo continuo: tutto quello che accade è nel presente, nell'attimo in cui siamo. Il sogno - il futuro - ed il ricordo - il passato - sono valvole che ci permettono di evadere. E qui mi trovo a citare Luzi: "Mi reggo tra passato ed avvenire / o com'è giusto o come il cuore tollera".

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

Introflessione - estroflessione.
Introversione - estroversione.

O, più propriamente, la ricerca di un equilibrio interiore - che ciascuno percorre a proprio modo.
Non è detto che il più estroverso non sia riflessivo, nè che l'analisi del sè porti ad escludere l'altro o la vita.
Semplicemente, sono diversi approcci, diverse modalità d'essere - e di leggersi, all'interno della vita.

(Detto per inciso, io mi sento più simile a Daniele)

DR ha detto...

Il carattere credo sia immutabile, almeno io non riesco a cambiare, per quanti sforzi faccia. Forse con il passare degli anni divento meno timido e più "saggio" - Ma non vorrei perdere quella sensibilità poetica che mi accompagna, metterci una corazza per affrontare i colpi.

Unknown ha detto...

Luzi...lunedì ero a Pienza, nella sua casa estiva, in via del Bacio: devi andarci,Daniele, se già non lo hai fatto...fare poesia fra muri belli, fra strade calde di acciottolato cotto, in uno sguardo all'orizzonte che ti fa fare un lungo respiro...è molto più bello

DR ha detto...

Leggendo Luzi, avevo proprio la sensazione che la sua casa fosse importante. Nelle sue poesie, si trova spesso questa presenza, come un porto sicuro in cui stare seduti a osservare il mondo. Quest'estate, perché no?

Unknown ha detto...

ma la sua casa non si può vedere dentro...però il centro studi raccoglie i suoi manoscritti e i volumi che gli hanno appartenuto

però poi c'è tutta l'atmosfera di bellezza che lui respirò


http://www.comunedipienza.it/centroluzi.html