SERGIO SOLMI
LA ROSA GELATA
La rosa
che l’inverno dischiuse,
svolse, innervò, arricciò,
vetrificò
d’incarnatini zuccheri, venò
d’impercettibile sangue. Fissata
nel suo gelo oltrevita, la penso
perfetto emblema d’un giorno, a disfarsi
non destinata foglia
dopo foglia nel molle
sfacelo delle stagioni, ma come
aereo, spettrale cristallo, di colpo
a frangersi.
(da Dal balcone, 1968)
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Una rosa fiorita nel cuore dell’inverno, rimasta prigioniera dell’inclemenza della stagione: come ibernata, fatta vetro dal ghiaccio della notte, cristallizzata nella sua bellezza, nei suoi colori che contrastano con il monotono bianco-bruno del giardino. Al poeta reatino Sergio Solmi fa pensare a come finiscono i giorni – non il largo giro delle stagioni che si sfogliano a poco a poco – ma un improvviso frantumarsi di un caduco cristallo.
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FOTOGRAFIA © DESKTOP NEXUS
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LA FRASE DEL GIORNO
Non è più la morbidezza del fiore, ma vi è del grano disseccato, pieno, fecondo, che rende sicura la stagione invernale.
HONORÉ DE BALZAC, Un principe della Bohème
Sergio Solmi (Rieti, 16 dicembre 1899 – Milano, 7 ottobre 1981), scrittore, poeta, critico letterario e saggista italiano. È stato poeta tanto originale quanto radicato nella tradizione italiana nonché felice traduttore. Come critico, si occupò di letteratura francese (Alain, Montaigne, Rimbaud), di paraletteratura e di Giacomo Leopardi.
3 commenti:
Mmmmm....Poesia faticosa e arzigogolata, e che ricorda la feroce pratica di congelare rose con orrendi liquidi criogeni.
Sei scarso...
..l'accorgersi di quella rosa..darle STORIA...darle caldo/parola...in questo freddo/ghiacciato/silenzioso inverno.
ciaoo Vania
Paolo, sul barocchismo esagerato di Solmi ti do ragione, Eppure, quando calca un po' meno la mano è capace di scrivere cose come questa "Preghiera alla vita":
Perché più bruci, per meglio sentirti, / perché sempre il cuor mi divida / il tuo taglio assetato di lama, / perché la notte smanioso
/ invano a cercarti io mi dibatta /
e mi raggiunga l'alba / come una morte amica, / tregua non darmi, mia vita, / lasciami l'umiliata povertà, / le nere insonnie, le cure ed i mali. (...)
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