ALBERTO ÁNGEL MONTOYA
SONETTO ALL’AMORE, I
Quante volte, amore, per trattenerti,
misi ai tuoi piedi la gioventù arresa.
E quante sebbene fosse ferita
io te la riconsegnai per non perderti.
Quante volte poi, orgoglioso e forte,
per ottenere la grazia promessa,
mi battei fronte a fronte con la vita,
o restai faccia a faccia con la morte.
E oggi che l’illusione torna accanto
a te e porta il mistero del tuo incanto,
la penna azzurra dell’uccello fatato,
ancora torna nei miei occhi il pianto
quando vedo dal ponte levatoio
che resta chiuso il tuo castello d’oro.
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L’amore come un inafferrabile fantasma, come un essere mitologico che sfugge ad ogni tentativo di contenerlo: questo è il protagonista del sonetto del poeta colombiano Alberto Ángel Montoya, definito il “maestro del sonetto galante” per l’eleganza dei suoi versi, rivestiti di atmosfere bohémien in cui sono l’amore, l’eros e le donne a farla da padroni. Dunque, tutta la vita è un inseguimento dell’amore, del suo eterno desiderio, dai primi innamoramenti della gioventù alle sue più mature espressioni: un assedio al suo castello dorato sperando possa un giorno spalancare le sue porte.
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FOTOGRAFIA © STOCK PHOTO
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LA FRASE DEL GIORNO
Che mistero d’amore sarà il vano / desiderare il frutto non caduto / quando si stringe il frutto nella mano?
ALBERTO ÁNGEL MONTOYA
2 commenti:
....dolore e speranza...ben bilanciati...quindi visto che era un poeta "elegante"...serviti in un piatto d'argento:)
ciaoo Vania
un piatto d'argento :-)
Che era un poeta elegante si nota anche dalla sua fotografia
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