LUCIANO ERBA
L’IPPOPOTAMO
Forse la galleria che si apre
l’ippopotamo nel folto della giungla
per arrivare al fiume, ai curvi pascoli
di foglie nate a forma di cuore
forse il varco tra alberi e liane
gli ostacoli divelti, le improvvise
irruzioni d’azzurro nelle tenebre
su un umido scempio di orchidee
forse questo e qualsiasi tracciato
come a Parigi la Neuilly-Vincennes
o l’umile infiorata di Genzano
o un canale di Marte, altro non sono
che eventi privi d’ombra e di riflesso
soltanto un segno che segna se stesso
(da L’ippopotamo, Einaudi, 1989)
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Le tracce che registriamo nel mondo – il solco lasciato da un ippopotamo di tre tonnellate che corre ad abbeverarsi svellendo piante nella giungla, la linea metropolitana parigina, l’effimera e popolare “infiorata” di Genzano, addirittura i canali di Marte visti dai telescopi – non sono che segni di se stessi, non rivestono il significato metafisico o filosofico che magari siamo tentati di attribuire loro. Ma, attenzione, neppure questo è certo, ci dice il poeta milanese Luciano Erba: il dubbio, che è base della saggezza, affiora in quei ripetuti forse. Quello che conta è l’interrogarsi.
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FOTOGRAFIA © H. GRAHAM & CO
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LA FRASE DEL GIORNO
Tutta la moderna concezione del mondo si fonda sull’illusione che le cosiddette leggi naturali siano le spiegazioni dei fenomeni naturali.
LUDWIG WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus
Luciano Erba (Milano, 18 settembre 1922 – 3 agosto 2010), poeta, critico letterario, traduttore del secondo Novecento, appartenente alla Quarta generazione della Linea Lombarda. Insegnò Letteratura Francese e Letterature Comparate all’Università Cattolica di Milano.
2 commenti:
..avevo letto questa poesia e l'avevo trovata "scialba/banale"...con la tua spiegazione ha acquistato il giusto "suono".
...interessante...."forse"...non erano solo parole/segni.
ciaoo Vania
sì, è una poesia in cui leggere tra le righe
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