GIOVANNI RABONI
TRADIMENTO DI PIETRO
Quante volte, pellegrini
affranti da una notte di bufera,
mettendoci alla fine accanto al fuoco
d’una locanda, ci troviamo in mezzo
ai volti stanchi dei nostri nemici!
Certo, potremmo
alzarci urlando; e forse, addirittura
tirar fuori il coltello: e interrogati
sul nostro nome
rispondere coi motti più roventi
fracassando stoviglie. Ma a chi giova
tanta fatica? All’oste no, né al cuore
spossato dalla pioggia. Meglio fingerci amici,
stranieri, o troppo vili: distesi sulla panca
che scivola nell’ombra dai bagliori
rispondere coi cenni o a monosillabi
tirandoci il mantello fin sopra gli occhi.
(da Rappresentazione della Croce, Garzanti, 2000)
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Rappresentazione della Croce è un testo teatrale – l’unico – scritto per il Teatro Stabile di Palermo dal poeta Giovanni Raboni: per raccontare la Passione narra la vita di Cristo senza la presenza del Cristo, dando voce a vari testimoni: “Mi ha interessato nel farlo – all’inizio in modo un po’ inconscio - la tipologia umana dei personaggi che in parte conosciamo in parte sono solo intravisti, quelli più defilati, quelli che occupano un posto minore. (…) Ho cercato di rendere l’incredulità, l’incomprensione, l’ammirazione insomma tutta la gamma possibile delle risposte e dei sentimenti che si possono aver di fronte a un personaggio eccezionale, fuori dal comune, da parte dei testimoni. Naturalmente cercando di immedesimarmi in ciascuno di coloro che ha visto e ha riferito, magari travisando, le cose”. Ed ecco sfilare Giovanni Battista, la Maddalena, Giuda e naturalmente Pietro, l’apostolo che giura: “Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai” (Mt, 26,33) e che nel Getsemani taglia con la spada l’orecchio al servo del sommo sacerdote per difendere il Maestro (Gv, 18,10) ma che poi alla domanda “Non sei anche tu dei suoi discepoli?” nega e dice: “Non lo sono” (Gv, 18,25). È lui che umanamente “tradisce” per il proprio rendiconto salvo poi portare per tutta la vita il rimorso (è un altro brano da Rappresentazione della Croce):
Non finirà mai, non in questa vita
Ogni volta che a oriente
Ci sarà un po’ di sangue nella bruma
E cominceranno gli uccelli a fremere
D’inquietudine nei loro nidi io
Rivedrò assalirmi le aguzze lingue
Del fuoco che mi svela
Agli occhi senza malizia crudeli
Delle serve del grande sacerdote
E riascolterò lo sfrontato araldo
Del giorno assassinare la mia pace.
Due volte doveva cantare, o una?
E tre volte o due o quante io rinnegare
L’unica verità della mia storia
Prima che brillasse nel
Mezzosonno
La mannaia del rimorso? Io so solo
Che io ero Simone
Ora sono Pietro, e su questa pietra
Si abbarbicherà l’insonnia del mondo.
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CARAVAGGIO, “IL RINNEGAMENTO DI SAN PIETRO”
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LA FRASE DEL GIORNO
Il rimorso non è mai per azioni che abbiamo commesso o che non abbiamo commesso; non è per ciò che facciamo; bensì per ciò che fummo, siamo e fatalmente saremo: non riguarda soltanto il passato, ma anche il futuro.
MARIO SOLDATI, La messa dei villeggianti
Giovanni Raboni (Milano, 22 gennaio 1932 – Fontanellato, 16 settembre 2004), poeta, critico letterario, giornalista, traduttore e scrittore italiano appartenente alla "generazione degli anni Trenta. Nel solco della tradizione lombarda, elaborò sin dalla prima raccolta Le case della Vetra (1966) una poetica d'intonazione civile ma anche esistenziale con toni piani e sommessi.
2 commenti:
...Storie...Storia.
ciaooo Vania
sì: l'umanità che traspare in filigrana
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