domenica 15 febbraio 2009

Cos'è la poesia? (IX)


GIORGIO VIGOLO

SCRIVERE UNA POESIA


Scrivere una poesia
sempre è un colpo di mano sull'ignoto,
un penetrare svegli
nel mistero del sogno,
un prendere possesso della notte.

Aggiramento, azione di sorpresa
sulla nostra città profonda:
forzare la sua porta,
entrare fra le case addormentate,
scoprire il loro segreto.

Perciò una poesia
si scrive di soppiatto,
all'insaputa quasi di noi stessi;
è un contrabbando fatto sui confini
sorprendendo le scolte, è un furto sacro
in cui si rischia la dannazione
o il bacio divino.

Perciò poetando non si deve quasi
vedere ciò che si scrive
nel tenebrore, nel dormiveglia,
nei frastagli del confine
che sono come i fiordi della mente
ove si penetra nei mari interni
molto addentro nei seni
di una soprannaturale calma.


(da Nuove poesie, 1966)


Proseguiamo la ricerca sull'essenza della poesia: diamo voce a Giorgio Vigolo, poeta romano nato nel 1894 che di Roma ha fatto il centro dei suoi versi con una tensione stilistica che esteriorizza l'esplorazione della memoria operandovi una trasfigurazione onirica. Vigolo ci spiega che cos'è la poesia partendo dal principio, ovvero dall'atto della scrittura, da quel momento in cui la poesia, quasi da sé, genera l'impulso di tradurre un'emozione - fili d'erba sul tetto di una chiesa, una luce che risalta tra gli alberi, un vicolo silenzioso nel pomeriggio di luglio - in versi.

Dunque la poesia è un fuoco sacro, un mistero da penetrare per vincere l'ignoto, è il rischio che il poeta corre per andare oltre la realtà, per comprendere che il mondo non si esaurisce solo nel visibile, nel finito. È la lama di luce che permette di scorgere per un breve istante il segreto che si cela nell'oscurità. Il poeta dunque è simile al profeta, che rivela al mondo la verità.



Immagine da Pinterest



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LA FRASE DEL GIORNO
Sulle mura d'incubo / dove hai passato il giorno della vita, / dove hai graffito come un carcerato, / lì è scritta la tua vera poesia / che hai dimenticato, / che non sapresti più decifrare. / 
GIORGIO VIGOLO, Canto del destino





Giorgio Vigolo (Roma, 3 dicembre 1894 – 9 gennaio 1983), poeta e scrittore italiano, esponente della “Scuola Romana”. Le sue poesie hanno un gusto barocco e classicheggiante del paesaggio, soprattutto di quello romano. Profondo conoscitore del Belli, tradusse Maestro Pulce di Hoffmann e le poesie di Hölderlin.

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