GIORGIO VIGOLO
SCRIVERE UNA POESIA
Scrivere una poesia
sempre è un colpo di mano sull'ignoto,
un penetrare svegli
nel mistero del sogno,
un prendere possesso della notte.
Aggiramento, azione di sorpresa
sulla nostra città profonda:
forzare la sua porta,
entrare fra le case addormentate,
scoprire il loro segreto.
Perciò una poesia
si scrive di soppiatto,
all'insaputa quasi di noi stessi;
è un contrabbando fatto sui confini
sorprendendo le scolte, è un furto sacro
in cui si rischia la dannazione
o il bacio divino.
Perciò poetando non si deve quasi
vedere ciò che si scrive
nel tenebrore, nel dormiveglia,
nei frastagli del confine
che sono come i fiordi della mente
ove si penetra nei mari interni
molto addentro nei seni
di una soprannaturale calma.
(da Nuove poesie, 1966)
Dunque la poesia è un fuoco sacro, un mistero da penetrare per vincere l'ignoto, è il rischio che il poeta corre per andare oltre la realtà, per comprendere che il mondo non si esaurisce solo nel visibile, nel finito. È la lama di luce che permette di scorgere per un breve istante il segreto che si cela nell'oscurità. Il poeta dunque è simile al profeta, che rivela al mondo la verità.
Immagine da Pinterest
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LA FRASE DEL GIORNO
Sulle mura d'incubo / dove hai passato il giorno della vita, / dove hai graffito come un carcerato, / lì è scritta la tua vera poesia / che hai dimenticato, / che non sapresti più decifrare. /
GIORGIO VIGOLO, Canto del destino
Giorgio Vigolo (Roma, 3 dicembre 1894 – 9 gennaio 1983), poeta e scrittore italiano, esponente della “Scuola Romana”. Le sue poesie hanno un gusto barocco e classicheggiante del paesaggio, soprattutto di quello romano. Profondo conoscitore del Belli, tradusse Maestro Pulce di Hoffmann e le poesie di Hölderlin.
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