ASCLEPIADE
LA COSA PIÙ DOLCE
È dolce nell'arsura dell'estate
portarsi al labbro un poco di neve;
e quando l'inverno declina
ai marinai è dolce rivedere
la Corona che annunzia primavera.
Ma la cosa più dolce, se un lenzuolo
copre due innamorati
e i loro cuori esaltano Afrodite.
Questo bel giro di stagioni è un epigramma del greco Asclepiade, vissuto nel III secolo a.C.
Nato a Samo, di lui ci restano quarantacinque poesie conservate nell’Antologia Palatina, alcune di autenticità alquanto dubbia. Qui esprime tutta quanta la sua filosofia di vita, una gioiosa ricerca dell’amore e del convito, quali unici beni capaci di squarciare la noia dell’esistenza.
Così la neve è un lusso nei caldi pomeriggi d’estate - era conservata nelle fresche caverne che erano i frigoriferi dell’antichità. Scorgere la costellazione della primavera è invece un piacere alla portata di tutti, in primis dei marinai che escono in mare e ritrovano il periodo propizio alla pesca e alla navigazione. Il massimo dei piaceri, lo stato da prediligere è, comunque e sempre, per Asclepiade l’amore, e non solo quello fisico che qui invoca.
Dioniso e Arianna in una replica di cottabo greco
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LA FRASE DEL GIORNO
Ad entrambi gli utenti l'amore pare una versione perfettamente soddisfacente dell'infinito.
JOSÉ DONOSO, La misteriosa scomparsa della marchesa di Loria
Asclepiade (Samo, tra la fine del V i primi decennî del III secolo a. C.), poeta greco antico. Temperamento essenzialmente lirico, portato a cantare il vino e l'amore, cercò di rinverdire la tradizione della poesia lirica eolica di Alceo e di Saffo. Due metri lirici, già usati dai poeti di Lesbo e da lui rimessi in voga, ebbero perciò il nome di Asclepiadei.
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