Il 30 dicembre è morta nella sua casa di Lleida la poetessa catalana Rosa Fabregat. Farmacista, si appassionò alla letteratura pubblicando una dozzina di romanzi e una dozzina di libri di poesia, oltre a racconti, saggi e articoli su testate di Barcellona e di Lleida. Molte delle sue poesie celano sotto un’apparenza chiara significati esperienziali intensamente sentiti, conflitti emotivi, cambiamenti e processi vitali. La poesia è stata dunque per lei il mezzo per trascenderli e per liberarsi.
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FOTOGRAFIA © CATALUNYA M'AGRADA
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ACQUARELLI, VIII
Terzo filo d’erba
Sento il battito
delle parole
come si avvicina
Non voglio rompere
l'incantesimo di quest'acqua
e lascio che mi attraversi.
Divento trasparente.
Finisce lo
zampillo
e la poesia
non è stata scritta.
Non è niente.
Nemmeno un attimo di respiro.
Forse solo una lacrima.
(da Lettere aperte, 1998)
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FIGLIO
Figlio,
tu sei la vita che sale
su una sedia.
Io
sono la sedia
su cui sale
una vita che comincia.
(da Stelle, 1978)
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GIOCHI
Due lune d'argento,
- bicchieri dolci -
mi allungano gli occhi
con luce elastica.
Il disco bianco della notte
scivola a poco a poco
nell'oscurità
finché non si scioglie:
gioca con lo spazio.
Il disco bianco dell'orologio,
gemello dell'altro,
occhio luminoso del campanile,
incastonato nella pietra,
pieno di ingranaggi,
gioca con il tempo.
(da Tempo del corpo e tredici lune fragola, 1980)
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LA FRASE DEL GIORNO
Le persone hanno paura della poesia, ma amano ascoltarla.
ROSA FABREGAT, Lleida.com, 18 maggio 2017
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