sabato 15 ottobre 2022

La mia voce


ANNA ACHMATOVA

UNA NOTA NEL LIBRO

Quello che hai dato è tuo
               Shota Rustaveli

Da che rovine parlo,
da che baratro grido?
Vivo nella calce non spenta,
sotto volte di fetide cantine.

Chiamino pure muto l'inverno,
sbattano in eterno le eterne porte:
udranno sempre la mia voce,
sempre ancora le daranno ascolto
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Leningrado, 1959

(da Poesie, 1962)

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Negli anni terribili della ežóvšcina [periodo in cui commissario del popolo agli Interni fu Nikolaj Ivanovic Ežov, 1936-1938] ho passato diciassette mesi in fila davanti alle carceri di Leningrado. Una volta qualcuno mi «riconobbe». Allora una donna dalle labbra livide che stava dietro di me e che, sicuramente non aveva mai sentito il mio nome, si riscosse dal torpore che era caratteristico di noi tutti e mi domandò in un orecchio (lì tutti parlavano sussurrando): - Ma questo lei può descriverlo? E io dissi: - Posso. Allora una sorta di sorriso scivolò lungo quello che un tempo era stato il suo volto”. La poetessa russa Anna Achmatova tenne fede a questa promessa e denunciò il regime sovietico e tutti i suoi orrori. Questo le costò molto, non solo l’ostracismo letterario ma addirittura la fame e il vile accanimento contro suo figlio, arrestato e torturato, condannato ai lavori forzati. La sua voce però continuò a levarsi pura, coscienza di un popolo.

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ILLUSTRAZIONE © NASTIA SMIYAN/BEHANCE

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   LA FRASE DEL GIORNO   

No, non sotto un estraneo cielo, / Non al riparo d’ali estranee: / Ero allora col mio popolo, / Là dove il mio popolo, per sventura, era.
ANNA ACHMATOVA, Poema senza eroe e altre poesie

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Anna Andreevna Achmatova, pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko (Bol'soj Fontan, 23 giugno 1889 – Mosca, 5 marzo 1966), poetessa russa. Fu osteggiata dal regime sovietico per il suo “estetismo” e per il “disimpegno" politico”. La sua poesia spesso scarna, libera dalle analogie simboliche, scolpita fino all'osso, si veste di un’ironia e di una malinconia che sconfinano nel disincanto.


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