BARTOLO CATTAFI
STRELITZIA
Becco crudele
testa cieca di gelido uccello
tinnante metallo
sventagliata cresta
lamine di croco e di violetto
dall'alto del tuo collo
dal piedistallo d'acqua
petalo per petalo
seccamente rimbecchi
il fioco marciume della rosa.
(da Marzo e le sue idi, Mondadori, 1977)
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La strelitzia è un fiore davvero particolare, tanto da essere chiamato anche “fiore uccello del paradiso”. È una Musacea originaria dell’Africa meridionale, ma è coltivata in serra anche da noi. Mi piace notare come il poeta siciliano Bartolo Cattafi coglie dall’osservazione di una strelitzia figurazioni visionarie, quelle che secondo Silvio Ramat servivano al poeta per “smascherare l’oggetto: metterlo, come si dice, a fuoco, resistendo alle lusinghe del simulacro, dell’oggetto puro, ideale”. Ne esce un ritratto costituito da annotazioni lineari che fanno di questi versi una specie di poesia visuale scritta però nel modo tradizionale.
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Fotografia © Daniele Riva
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LA FRASE DEL GIORNO
Fantasia è estrarre dal contesto / la figura più piatta / aspettare che pian piano alzi la cresta.
BARTOLO CATTAFI, Marzo e le sue idi
Bartolo Cattafi (Barcellona Pozzo di Gotto, 6 luglio 1922 – Milano, 13 marzo 1979), poeta italiano. La sua poesia spazia sui dilemmi esistenziali con sensibilità di diarista, spesso con uno sguardo metafisico dove sono protagonisti il vuoto e la solitudine. Nei suoi versi il tema del viaggio è una costante metafora del vivere.
2 commenti:
...mi era piaciuto con Arancia...ed anche questa...diretto...senza fronzoli.
ciaoo Vania
..Cattafi...mi sembra che era lui...??
Sì, era Cattafi.
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