Siamo in tempi in cui per farsi un’opinione bisogna consultare diverse fonti: dalla partigianeria dei giornali che mettono il paraocchi ai loro lettori si può fuggire solo confrontandoli. È dalla visione binoculare (ma ben più di due sono i punti di vista) che si riesce a intravedere la vera realtà. I giornalisti non sono storici, anche se il loro compito è quello di raccontare la storia in diretta, darci “il polso” della situazione, emergere come testimoni della cronaca. Ma viverci dentro non è facile: “La principale lezione della storia è che fatti chiarissimi per i posteri sono ignorati da chi si trova a vivere” teorizzava Carlo Cassola in uno dei suoi saggi. Più caustico, come al solito, e di parte, essendo giornalista, Karl Kraus: “Cos'è uno storico? Uno che scrive troppo male per poter collaborare a un quotidiano”.
Ma andiamo a indagare sulla funzione dello storico, importante testimone degli eventi sin dai tempi di Erodoto e Polibio, di Senofonte e Tucidide, di Tacito e Tito Livio. “Lo storico ha un solo compito: di dire come effettivamente sono andate le cose” scriveva già nell’antichità Luciano di Samosata. E ancora: “La storia non riesce a tollerare la menzogna neanche in piccolissime dosi”. Sembra facile, ma è lui stesso a precisare: “Non un esiguo istmo divide la storia dall'encomio, ma c'è di mezzo un'enorme muraglia”, segno che già allora c’erano i leccapiedi di regime. Chi scrive la storia possiede la verità, bisogna vedere se è la “vera verità”: vengono in mente gli addetti che riscrivono continuamente la storia in 1984 di George Orwell, ovvero la storia come vogliamo che sia e non come invece è.
Ernest Renan, nella Vita di Gesù, dà una grossa responsabilità a chi scrive di storia, perché deve interpretare i suoi dati: “Il talento sta nel fare un assieme vero con degli elementi che sono veri solo a metà”. E per fare questo, è necessario seguire il saggio consiglio del De oratore di Cicerone: “Il primo dovere dello storico è non tradire la verità, non essere sospettabile di partigianerie o di rancore”. Tucidide spiega sin dall’inizio della sua Guerra del Peloponneso: “Gli argomenti invece e gli indizi da me addotti assicurano la possibilità d’interpretare i fatti storici, quali io stesso ho passato in rassegna, con una certezza che non si discosta essenzialmente dal vero”. Cosa che non succede con le Storie di Erodoto, dove, nonostante le buone intenzioni, i sentito dire sono spesso eventi fantascientifici o mitologici. Ad Erodoto si attaglia bene l’abito che disegna Georges Duhamel: “Ritengo che il romanziere sia lo storico del presente, mentre lo storico è il romanziere del passato”.
Ma alla meditazione finale lascio questo passo di François René de Chateaubriand: “Quando, nel silenzio dell’abiezione, si sentono risuonare solo più la catena dello schiavo e la voce del delatore; quando tutto trema di fronte al tiranno ed è altrettanto pericoloso incontrare il suo favore che meritare la sua disgrazia, si presenta lo storico col peso della vendetta dei popoli. Nerone prospera invano: nell’impero è già nato Tacito”.
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Immagine © Socyberty
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LA FRASE DEL GIORNO
La storia, finché se ne sta tutta chiusa in volumi dorati, è poco più istruttiva delle pedine di legno di una partita a tric-trac.
THOMAS CARLYLE
2 commenti:
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...e che citazioni !!!!
ciao Vania
eh sì, stavolta sono citazioni di peso...
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