BARTOLO CATTAFI
È QUESTO
Ecco è questo
che butto nella mischia
un cuore ferito
un polso mal collegato con il resto
vorrei riposare in un basso
in un alto rilievo
l’occhio una quieta mandorla di marmo
non muovere un dito.
(da “La discesa al trono”, Mondadori, 1975)
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Dopo otto anni di silenzio, Bartolo Cattafi aveva molto da dire: poesie su poesie raccolte prima nell’«Aria secca del fuoco» e poi nella «Discesa al trono». Ma questa seconda opera risulta molto diversa dalla prima: come se le promesse del mondo che il poeta siciliano andava seguendo si fossero infrante. Il suo dire adesso è permeato dalla coscienza di quel grande vuoto, tanto da definirsi “un me stesso da dimenticare, / non più da rinverdire”.
Dario Bellezza sul “Mondo” del 27 febbraio 1975 parla di una “ossessione metafisica che non trova sfogo in nessuna certezza che non sia lo stile”. Ecco spiegato questo desiderio di pietrificarsi, di divenire bassorilievo scolpito per non sentire più quel “cuore ferito”.
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Bassorilievo greco, Berlino, Pergamon Museum
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LA FRASE DEL GIORNO
La vita non risparmia i figli suoi più belli e spesso gli esseri più stupendi sono costretti ad amare proprio quello che li manda in rovina.
HERMANN HESSE, Gertrud
Bartolo Cattafi (Barcellona Pozzo di Gotto, 6 luglio 1922 – Milano, 13 marzo 1979), poeta italiano. La sua poesia spazia sui dilemmi esistenziali con sensibilità di diarista, spesso con uno sguardo metafisico dove sono protagonisti il vuoto e la solitudine. Nei suoi versi il tema del viaggio è una costante metafora del vivere.
2 commenti:
...è molto "brutto" dimenticare/pietrificare se stessi, dimenticare/pietrificare....credo sia una sconfitta.
Un Uomo saggio credo dovrebbe raccogliere..i frutti...maturi o acerbi...e anche malati...per trovarne una collocazione e/o cura.
Ciao Vania
Sono d'accordo... bisognerebbe aggiungere che probabilmente Cattafi presagiva il suo destino: morì quattro anni dopo, 57enne, per una grave malattia
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