ANTONIA POZZI
L’ORA DI GRAZIA
Tetraggine lenta, sfinita
di un cortile umidiccio
in maschera di giardino;
ostentata verdezza
di un fico sterile
che non sa né il vento né il sole;
malinconia di una piccola finestra a ogiva,
di un ballatoio ingombro di foglie morte,
di un povero tralcio nero inchiodato al muro
che sopra al ballatoio si sfa
in quattro pampini vizzi.
Qui l'ora di grazia non può essere
se non l'ora delle campane:
quando la sera, cantando,
si getta dalle torri incombenti
e come acqua ricolma
ogni fossa terrena;
quando su ogni stento terreno
che duole in maschera di ricchezza
la sera, come acqua, riflette,
dal cielo al fondo, qualche raggio di stella.
Milano, 7 novembre 1931
(da Parole, 1939)
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Uno squallido angolo di periferia, un cortile triste e spoglio, desolato, dove anche l’autunno aggiunge del suo spogliando un fico che non dà frutti e una povera vite, spargendo foglie secche sui balconi di ringhiera. Eppure Antonia Pozzi con lo sguardo della poesia riesce a cogliervi un’inattesa grazia: basta che il tramonto infiammi la sera, che le campane rovescino il cielo, per versare dell’oro in quell’angolo tetro.
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CESARE BERGONZI, “VECCHIO CORTILE - CORSO LODI, 6 MILANO”
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LA FRASE DEL GIORNO
Come una grazia cade / dal cielo il silenzio. / Ed io ti sento l'anima battere, / dietro il silenzio, / come un filo vivo di acque / dietro un velo di ghiaccio.
ANTONIA POZZI, Parole
Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.
2 commenti:
Mi è piaciuta. Acerbetta come poetessa, con qualche sbandata, ma la visione c'è, le emozioni passano. Viva la poesia!
Certo, si nota che è la poesia di una diciannovenne. E tormentata.
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