venerdì 31 luglio 2015

Verde tatuaggio di stelle

 

OCTAVIO PAZ

SCRITTO CON INCHIOSTRO VERDE

L’inchiostro verde crea giardini, selve, prati,
fogliame dove cantano le lettere,
parole che son alberi,
frasi che sono costellazioni.

Tu bianca, lascia che le mie parole scendano e ti ricoprano
Come una pioggia di foglie su un campo di neve,
come l’edera su una statua,
come l’inchiostro su questo foglio.
Braccia, cintura, collo, seni,
la fronte pura come il mare,
la nuca di bosco d’autunno,
i denti che mordono un filo d’erba.

Il tuo corpo è costellato di segni verdi
Come il corpo dell’albero dalle gemme.
Non ti importi di tante piccole cicatrici luminose
Guarda il cielo e il suo verde tatuaggio di stelle.

(Escrito con tinta verde, da Libertà sulla parola, 1958 – Traduzione di Giuseppe Bellini)

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Inchiostro verde. Come la clorofilla che dà vita alle piante. E la vita è l’amore, è la parola che il poeta riversa sul corpo della donna: “Eri coperta di poesie / tutto il tuo corpo era scrittura / ricordati riacquista la parola / sei bella sai cantare sai ballare”. Verde come il sogno, come la dimensione onirica e surreale di cui questi versi del Premio Nobel messicano Octavio Paz (1914-1998) sono sensualmente imbevuti: un fiume verde che forse è in grado di apportare il mutamento, di vivificare, uno scorrere inesauribile di parole che può creare dal nulla foglie, alberi, giardini e costellazioni.

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Visual

IMMAGINE © THE VISUAL

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia / semina occhi nella pagina, / semina parole negli occhi
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OCTAVIO PAZ, Árbol adentro




Octavio Irineo Paz Lozano (Città del Messico, 31 marzo 1914 – 20 aprile 1998),  poeta, scrittore, saggista e diplomatico messicano, premio Nobel per la letteratura nel 1990. La sua poesia è fatta di sperimentazione e anticonformismo, un continuo mettersi in discussione del linguaggio, “lotta continua contro la significazione”.


giovedì 30 luglio 2015

Un altro cane

 

ÁNGEL GONZÁLEZ

IL GIORNO SE NE È ANDATO

Adesso se ne andrà per altre terre,
portando via le luci e le speranze,
lanciando stormi di uccelli remoti,
e rumori e voci e campane,
— chiassoso cane che agita la coda
e abbaia davanti a porte socchiuse.

(Nel frattempo, la notte, come un gatto
silenzioso, è entrata dalla finestra,
ha visto i resti della luce pallida
e fredda e ha bevuto l’ultima tazza

Sì;
      certamente il giorno se ne è andato.
Non ha preso molto (non portò nulla);
soltanto un po’ di tempo in mezzo ai denti,
un timido gregge di luci stanche.
Neanche l’ho rimpianto. Puntuale e inquieto,
senza dubbio, ritornerà domani.
Metterà in fuga questo gatto nero.
Abbaierà per farmi alzare dal letto.

Non sarà uguale. Sarà un altro giorno.

Sarà un altro cane della stessa razza.

(da Prosemi o meno, 1985)

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Il giorno come un cane festoso e chiassoso, anche un pochino molesto, e la notte come un silenzioso gatto nero. Il poeta spagnolo Ángel González, particolarmente affezionato ai crepuscoli, dipinge così l’alternarsi dei giorni, il momento in cui il sole abbandona l’orizzonte per consegnare all’oscurità la terra. Ma niente paura: domani tornerà un altro giorno, simile a quello che se n’è appena andato a occidente.

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Bosma

FOTOGRAFIA © DANIEL BOSMA

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LA FRASE DEL GIORNO
E domani sarà un altro giorno tranquillo / Un giorno come oggi, giovedì o martedì, / o qualunque altra cosa ma non quello / che continuiamo ad aspettare, ancora, sempre.
ÁNGEL GONZÁLEZ, Senza speranza con convinzione




Ángel González Muñiz (Oviedo, 6 settembre 1925 – Madrid, 12  gennaio 2008), poeta spagnolo della Generazione del ‘50. Premio Principe delle Asturie nel 1985 e Premio Regina Sofia nel 1996. La sua opera mescola intimismo e poesia sociale con un tocco ironico. Il passare del tempo, l’amore e la civilizzazione sono i suoi temi ricorrenti, giocati su toni di un’ottimistica malinconia.


mercoledì 29 luglio 2015

Come l’aria o l’acqua

 

MANUEL ALTOLAGUIRRE

VITA POETICA, 20

Così chiara che, invisibile,
si nasconde in se stessa,
come l’aria o l’acqua,
trasparente e occulta;
ma non deserta, attraversata
da uccelli e pesci,
ferita dagli alberi.

(da Poesía, 1931)

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Spirituale e intimista, il poeta spagnolo Manuel Altolaguirre considera la poesia insita nelle cose ma nascosta, non visibile a tutti: qualcosa che soltanto gli iniziati – per sensibilità o affinità – possono cogliere: “Invisibili sono i paradisi / dove invisibili uccelli / i canti melodiosi del silenzio / elevano nell’aria oscura”.

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Mare

FOTOGRAFIA © 1WALLPAPERHD

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LA FRASE DEL GIORNO
Scrivere è nascere, / lasciare la casa / di cristallo dell’innocenza / dove non sono più.
MANUEL ALTOLAGUIRRE, Poemas en América




Manuel Altolaguirre Bolín (Malaga, 29 giugno 1905 – Burgos, 26 luglio 1959), poeta surrealista spagnolo della Generazione del '27. Con i suoi toni intimisti e spirituali cantò l'amore e la solitudine Egli stesso indicò Juan Ramón Jiménez e Pedro Salinas come suoi ispiratori.


martedì 28 luglio 2015

In te vive il firmamento

 

JOHN CLARE

VENERE

Venere il giorno sta finendo
La rugiada cade silenziosa
Su ogni fiore una lacrima si posa
E in te vive il firmamento

Venere la sera mite
Ci avvolge dolce e leggera
Ricorda i respiri di un bambino
All’incontro del giorno con la sera

Venere l’ultimo fiore
Sulla terra umida sta dormendo
Mentre silente goccia la rugiada
e intorno respira il firmamento

Venere il tuo raggio luminoso
Che brilla nel blu del paradiso
Dice al viandante nel suo cammino
Che la terra otterrà il perdono

(Hesperus, Traduzione di Giuseppe Ciafrè e Simona Cola)

 

Venere è la stella più luminosa nel cielo notturno – esclusa la luna, naturalmente – ed è particolarmente brillante subito dopo il tramonto: affascina poeti e innamorati sin dall’antichità. “Stella della sera, riporti / quanto disperse l’alba lucente: / porti la pecora, la capra. / Alla madre riporti la figlia” osservava già Saffo nella seconda metà del VII secolo avanti Cristo. Il poeta inglese John Clare, sprofondato nella pazzia dopo le delusioni economiche, interprete della vita in campagna e del mondo contadino – era figlio di un fattore del Northamptonshire e di una madre proveniente da una famiglia di pastori – coglie con il suo animo rurale, abituato al contatto con la natura, il valore di quella apparizione quotidiana nel cielo.

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Malone

FOTOGRAFIA © BARRY MALONE

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LA FRASE DEL GIORNO
Come ardi, tremante e leggera! / Tutto il Creato è dunque speranza? / Ti guardo. Non v’è più distanza / fra ‘l cuor dell'uomo e l’immensa tua sfera. / Gli dici: “E tu spera!”.
PIETRO MASTRI, La via delle stelle




John Clare (Helpston, 13 luglio 1793 – Northampton, 20 maggio 1864),  poeta inglese. Definito il poeta contadino, per le sue occupazioni concernenti il mondo dell’agricoltura e per le umili origini dei propri genitori, ha espresso nelle proprie poesie una passione sincera per il mondo della natura e per la tradizione orale, permeandole di una spiccata sensibilità e dotandole di riflessioni circa la solitudine e la vita.


lunedì 27 luglio 2015

Colombaia dorata

 

ANNA ACHMATOVA

VENEZIA

Colombaia dorata sull’acqua,
tenera e verde struggente,
e una brezza marina che spazza
la scia sottile delle barche nere.

Che dolci, strani volti tra la folla,
nelle botteghe lucenti balocchi:
un leone col libro su un cuscino a ricami,
un leone col libro su una colonna di marmo.

Come su di un’antica tela scolorita,
il cielo azzurro fioco si rapprende…
ma non si è stretti in quest’angustia,
e non opprimono l’umido e l’afa.

1912

(da La canna, 1936)

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Il fascino sottile di Venezia ha sempre colpito artisti, pittori, musicisti, scrittori e poeti: la sua unicità che ne fa come una nave pronta ad affondare, i suoi sestieri, i ponti sui rii, le calli dove il vento si infila, le botteghe luccicanti di merci dove si mischiano spesso i riflessi delle acque della laguna donano fertile ispirazione anche ad Anna Achmatova, poetessa russa, capace di trovare nuove analogie.

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Djukaric

DUSAN DJUKARIC, “VENICE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Venezia è come mangiare tutta in una volta una scatola di cioccolatini al liquore.
TRUMAN CAPOTE, Observer, 1961




Anna Andreevna Achmatova, pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko (Bol'soj Fontan, 23 giugno 1889 – Mosca, 5 marzo 1966), poetessa russa. Fu osteggiata dal regime sovietico per il suo “estetismo” e per il “disimpegno" politico”. La sua poesia spesso scarna, libera dalle analogie simboliche, scolpita fino all'osso, si veste di un’ironia e di una malinconia che sconfinano nel disincanto.


domenica 26 luglio 2015

Sdraiato sull’erba

 

MARK STRAND

IL MIO NOME

Una sera che il prato era verde oro e gli alberi,
marmo venato alla luna, si ergevano come nuovi mausolei
di strida e brusii di insetti, io stavo sdraiato sull’erba,
ad ascoltare le immense distanze aprirsi su di me, e mi chiedevo
cosa sarei diventato e dove mi sarei trovato,
e quanto a malapena esistessi, per un attimo sentii
che il cielo vasto e affollato di stelle era mio, e udii
il mio nome come per la prima volta, lo udii
come si sente il vento o la pioggia, ma flebile e distante
come se appartenesse non a me ma al silenzio
dal quale era venuto e al quale sarebbe tornato.

(da L’uomo che cammina un passo avanti al buio, Mondadori, 2011 – Trad. Damiano Abeni)

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Poeta meditativo l’americano di origini canadesi Mark Strand, sempre in cerca di un appiglio cui aggrapparsi: “Sono rimasto nella lunga / notte piena di sussurri, aspettando qualcosa, un segno, l’avvicinarsi / di una luce lontana”. Davanti alla vastità dell’universo vede srotolarsi il proprio destino, il proprio domani, e si sente piccolissima parte di questo infinito.

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Statravel

IMMAGINE © STATRAVEL

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LA FRASE DEL GIORNO
Tutti abbiamo delle ragioni / per muoverci / io mi muovo /per tenere assieme le cose
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MARK STRAND, Sleeping with one eye open




Mark Strand (Summerside, Canada, 11 aprile 1934 – Brooklyn, 29 novembre 2014), poeta statunitense di origini canadesi, fu saggista e traduttore, professore di Letteratura inglese e comparata alla Columbia University. Nel 1990 fu insignito della carica di Poeta Laureato della Biblioteca del Congresso.


sabato 25 luglio 2015

Dal nulla che le conviene

 

ALFONSO GATTO

LA SCHIENA

Basta un giorno del cielo tra i canali
di Lombardia, basta il sole caldo.
La vita prende a vivere dal nulla
che le conviene, la memoria è altrove.
Il nome non ha senso, chi s’incontra
buono o cattivo - passa chiuso, teme
la sua parola e le notizie, attira
con l’evidenza il frusto della schiena.

(da La storia delle vittime, Mondadori, 1966)

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Si può essere tristi e desolati, si può avvertire la solitudine come un peso, si può lasciarsi alle spalle una guerra – la poesia di Alfonso Gatto si riferisce al 1944, alla situazione disperata della Milano occupata. Eppure, c’è un momento in cui la forza della vita prorompe improvvisa e rifiorisce dal “nulla che le conviene” come un rampicante che fa capolino dalle macerie.

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Canale

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
E fummo vivi, insorti con il taglio / ridente della bocca, pieni gli occhi / piena la mano nel suo pugno: il cuore / d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.
ALFONSO GATTO, La storia delle vittime




Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.


venerdì 24 luglio 2015

Eterna, luminosa poesia

 

JOSÉ EMILIO PACHECO

CRITICA DELLA POESIA

Qui c’è la stessa pioggia sulla sterpaglia incolta.
Il sale, il mare sfatto…
Si cancella il passato, si scrive dopo:
Il mare convesso, le sue migrazioni,
le abitudini radicate,
è servito già a scrivere mille poesie.

(La cagna infetta, la poesia rognosa,
risibile varietà della nevrosi,
prezzo che alcuni pagano
per non saper vivere.
La dolce, eterna, luminosa poesia).

Forse non è tempo ancora.
La nostra epoca
ci permette di parlare da soli.

(da Non domandare come passa il tempo, 1969)

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I poeti penetrano un po’ più in là nel sentire delle cose, vanno oltre l’immediata superficie: il poeta messicano José Emilio Pacheco è certo che la poesia non appartenga a questo tempo in cui alcuni la ignorano e non sanno neppure che farsene – la scacciano come una cagna infetta, la trattano come una nevrosi, come una specie di pazzia. In realtà è la sola cosa in grado di restituire pienamente il senso dell’intera esistenza.

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Lazzaro

WALTER LAZZARO, “INVITO ALLA SOLITUDINE”

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia che cerco / è come un diario / senza progetto e senza misura.
JOSÉ EMILIO PACHECO, prima o poi




José Emilio Pacheco Berny (Città del Messico, 30 giugno 1939 - 26 gennaio 2014), scrittore, poeta, saggista e traduttore messicano. Fu parte integrante della Generazione dei ‘50. La sua poesia concentra l’attenzione sulla storia, sulla ciclicità del tempo, sull’universo dell’infanzia e sulla vita nel mondo moderno.


giovedì 23 luglio 2015

Quest’albero

 

UMBERTO BELLINTANI

FERMIAMOCI UN MOMENTO

Fermiamoci un momento, amici.
Quest’albero era
quando ancora non erano
i nostri padri i nostri avi.
Ed ecco io sento che qualcosa gli devo,
ma non so cosa, amici, ma la mano
mia ecco lo accosta e lo carezza,
e tutta trema la mia mano, amici
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(da Forse un viso tra mille, 1953)

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È una sensazione che ho provato spesso, questa descritta dal poeta mantovano Umberto Bellintani: non solo davanti ad alberi imponenti, storici, monumentali – a un chilometro da casa c’è un enorme platano che sul finire del XVIII secolo vide combattere le truppe napoleoniche contro quelle austro-russe – ma anche anonimi tronchi secolari che costellano boschi e campagne. È una sorta di rispetto, è una venerazione per la forza della natura, è una testimonianza della piccolezza delle nostre vite.

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BigTree

FOTOGRAFIA ©BIG TREE STRATEGIES

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LA FRASE DEL GIORNO
Gli alberi sono liriche che la terra scrive sul cielo.
KAHLIL GIBRAN, Sabbia e spuma




Umberto Bellintani (Gorgo di San Benedetto Po, 10 maggio 1914 – San Benedetto Po, 7 ottobre 1999), poeta italiano. Diplomatosi in scultura, prese parte alla Seconda guerra mondiale in Grecia e Albania, finendo prigioniero dei tedeschi dal 1943 al 1945. Esordì nel 1953 con Forse un viso tra mille, cui seguì nel 1955 E tu che mi ascolti. Dopo un lungo periodo di silenzio pubblicò nel 1998 Nella grande pianura.

mercoledì 22 luglio 2015

Il terrapieno dei giorni familiari

 

RAFFAELA FAZIO

LO STESSO È LO SPAZIO DEL SALUTO

Lo stesso è lo spazio del saluto
il terrapieno dei giorni familiari
la ronda convenuta
il bene che rimane.
Ma la torre di vedetta
non è più abitata
dal vecchio nume tutelare.
Al gesto che ci teneva stretti
non si può tornare.
Perfino le parole
una ad una
sarebbero a ogni snodo da rifare
come incontro al soffio che decresce
accorre una duna
disuguale
che solo chi si è perso
riconosce.

(da L’arte di cadere, Biblioteca dei Leoni, 2015)

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“Un discorso d’amore della maturità più compiuta, che conserva in sé potenziandole la passione, la tenerezza, la devozione, la scommessa, la cura, l’abnegazione” scrive Paolo Ruffilli nella prefazione a L’arte di cadere, ultima raccolta della poetessa Raffaela Fazio. Libro che, come dice l’autrice in un’intervista, “ho esitato a pubblicare nella sua interezza, perché sapevo che avrei dovuto esporre anche quelle ferite che non sono tuttora sanate. Poi è prevalsa la volontà di mettermi a nudo”. In effetti, quello è fare poesia: sviscerare le emozioni, affrontare il proprio io e le sue pulsioni, riconoscere la portata dei sentimenti, compiere una sorta di autoanalisi dalla quale si riemerge consapevoli di riconoscersi nel ritratto che ne è scaturito, per quanto dolorosamente ottenuto. 

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Pelleas

RAFAL OLBINSKI, “PELLEAS”

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LA FRASE DEL GIORNO
La gioia non ha pretese. / Noi sì invece. / Ecco perché / non siamo felici.

RAFFAELA FAZIO, L’arte di cadere




FazioRaffaela Fazio (Arezzo, 1971), laureata in lingue e politiche europee e specializzata in interpretariato, ha pubblicato CorollePer ogni cosa incompiutaA un filo più lentoOgni onda è il mare. Rime da regalareA garante il mistero , La boîteL’arte di cadereTi slegherai le trecceL’ultimo quarto del giorno.


martedì 21 luglio 2015

Relitti di naufragi

 

MARIA LUISA SPAZIANI

GLI ANNI SI ACCAVALLANO A RICCIOLI DI SPUMA

Gli anni si accavallano a riccioli di spuma
e a intermittenti ondate nere.
Mi divide dal mare una spiaggia che cresce
nel cuore della notte e mi ributta
relitti di naufragi.

Bel museo in disordine. Gli oggetti
non sono compatibili. Fra i libri
della mia adolescenza vigoreggiano
i balocchi dei figli, ed a brandelli
sfilacciati il mio abito da sposa.

Non si riposa il mare. E mi pretende
vigile a contemplare quanto resta
sul campo di battaglia. In prospettiva
si inazzurra il passato. E benedico
i miei e altrui peccati.

(da Poesia, n. 296 – Settembre 2014)

 

Passa il tempo, irreparabile nell’accezione virgiliana del tempo, “vàssene” secondo il buon padre Dante, e tutto si trasforma in memoria – oggetti e ricordi somigliano davvero ai relitti di un naufragio, come nota la poetessa torinese Maria Luisa Spaziani, e quel naufragio è il vivere che ci sballotta tra le onde senza tregua.

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Kunstkammer

FRANS FRANCKEN IL GIOVANE, “KUNSTKAMMER”

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LA FRASE DEL GIORNO
Memoria, fiorita prigione, / dureremo vent'anni, quaranta, / a trastullarci in questi giochi d'ombre?
MARIA LUISA SPAZIANI, L’utilità della memoria




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922 – Roma, 30 giugno 2014), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.


lunedì 20 luglio 2015

Ma continuiamo a camminare

 

AMALIA BAUTISTA

ANDATA E RITORNO

Quando andiamo incontro all'amore
andiamo tutti bruciando.
Abbiamo papaveri sulle labbra
e una scintilla di fuoco negli occhi.
Sentiamo il sangue
pulsare nelle tempie, nell’inguine, nei polsi.
Doniamo e riceviamo rose rosse
e rosso è lo specchio della stanza in penombra.

Quando ce ne andiamo dall’amore, appassiti,
respinti, colpevoli
o soltanto assurdi,
ritorniamo più pallidi, più freddi.
Con gli occhi sbarrati, più capelli bianchi
e i globuli bianchi alle stelle,
siamo uno scheletro e la sua sconfitta.

Ma continuiamo a camminare.

(da Tre desideri, 2006)

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“Perdere l'amore quando si fa sera, quando sopra il viso c'è una ruga che non c'era” cantava Massimo Ranieri in un lontano Festival di Sanremo di fine Anni ‘80: la poetessa spagnola Amalia Bautista  fotografa questa condizione nella seconda strofa di questa poesia: una donna – o un uomo – che somatizza questa sconfitta amorosa. Il contrasto con la prima parte, con l’innamoramento, è evidente: i papaveri appassiscono, il battere del cuore si è rallentato, l’ardore si è trasformato in freddo. Ma si continua a vivere.

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Ortiz

OMAR ORTIZ, “EL MURO DE SANDORFI”, PART.

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LA FRASE DEL GIORNO
Non c’è sentimento più mercuriale d’un amore che nasce, nessuno più saturnino d’un amore che muore
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GESUALDO BUFALINO, Il malpensante




Amalia Bautista (Madrid, 1962) è una poetessa spagnola. Laureata in Scienze dell’Informazione. Con un linguaggio colloquiale esprime una profonda ansia di assoluto, intesa come amore, soprattutto su temi erotici, dove indaga la passione e l’emozione.


domenica 19 luglio 2015

Cercavi un fiore

 

EDITH SÖDERGRAN

IL GIORNO SI FA FREDDO

I

Il giorno si fa freddo verso sera…
Bevi il calore dalla mia mano,
la mia mano ha lo stesso sangue della primavera.
Prendimi la mano, prendimi il braccio bianco,
prendi il desiderio delle mie spalle strette…
Sarebbe strano sentire,
una notte sola, una notte come questa,
il tuo capo pesante contro il mio petto.

 

II

Hai gettato la rosa rossa del tuo amore
nel mio grembo bianco-
io stringo nelle mani calde
la rosa rossa del tuo amore che appassisce presto…
O sovrano dallo sguardo freddo,
ricevo la corona che mi porgi
e reclina il mio capo sul cuore…

 

III

Ho visto il mio signore per la prima volta, oggi,
tremando, l’ho subito riconosciuto.
Ora sento già la sua mano pesante sul mio braccio leggero…
Dov’è la mia sonora risata di vergine,
la mia libertà di donna a testa alta?
Ora sento già la sua stretta salda intorno al mio corpo fremente,
ora odo il duro suono della realtà
di contro ai miei fragili, fragili sogni.

 

IV

Cercavi un fiore
e hai trovato un frutto.
Cercavi una sorgente
e hai trovato un mare.
Cercavi una donna
e hai trovato un’anima -
tu sei deluso.

(da La luna e altre poesie, Via del Vento, 1995 - Traduzione di Daniela Marcheschi)

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Edith Södergran poetessa finlandese di lingua svedese, navigando tra Simbolismo ed Espressionismo con influssi nietzschiani, diede il via al Modernismo in salsa scandinava: e lo fece in anni bui, tormentati dalla tubercolos,i che la porterà alla prematura scomparsa, e dalla Rivoluzione d’Ottobre, che le portò via la casa paterna di Raivola facendo cadere la famiglia in povertà. La poesia proposta fa parte della sua prima raccolta, Dikter (Poesie), del 1916, ed è un’espressione sensuale ed emotiva del sentimento amoroso visto dal lato femminile.

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Vettriano

JACK VETTRIANO, “THE PARLOUR OF TEMPTATION”

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LA FRASE DEL GIORNO
Un dio dolce vi porge la mano: / senza bellezza l’uomo non vive un attimo.
EDITH SÖDERGRAN




Edith Södergran (San Pietroburgo, 4 aprile 1892 – Roščino, 24 giugno 1923) poetessa finlandese di lingua svedese. Navigando tra Simbolismo ed Espressionismo con influssi nietzschiani, diede il via al Modernismo in salsa scandinava. Morì di tisi a 31 anni.


sabato 18 luglio 2015

Nel respirare del mare

 

SOPHIA DE MELLO BREYNER ANDRESEN

ITACA

Quando le luci della notte si rifletteranno immobili
sulle acque verdi di Brindisi
Lascerai il molo confuso dove si agitano parole
passi remi e macchinari
L’allegria starà dentro di te accesa come un frutto
Andrai a prua fra i negrumi della notte
Senza alcun vento senza alcuna brezza solo un
sussurrare di conchiglia nel silenzio
Ma dall’improvviso rollio presentirai le cime
Quando la nave rotolerà nell’oscurità serrata
Ti troverai spersa all’interno della notte nel
respirare del mare
Perché questa è la vigilia di una seconda nascita

Il sole rasentando il mare ti sveglierà nell’intenso azzurro
Salirai lentamente come i resuscitati
Avrai recuperato il tuo sigillo la tua saggezza iniziale
Emergerai confermata e riunita
Attonita e giovane come le statue arcaiche
Con i gesti avvinti ancora nelle pieghe del tuo manto.

(Ítaca, da Geografía, 1967 – Traduzione di Federico Bertolazzi)

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“Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare” chiude così Konstantinos Kavafis la poesia che si intitola come questa della poetessa portoghese Sophia De Mello Breyner Andresen: anche qui Itaca non è solo il viaggio in traghetto da Brindisi verso la Grecia, è l’attraversamento dell’amato mare foriero di tanti simboli, è il senso della vita, del mistero, è il significato stesso della parola, del percorso poetico.

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Mare

IMMAGINE © ZASTAVKI

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LA FRASE DEL GIORNO
Ascolto ma non so / Se ciò che sento è silenzio / O dio.
SOPHIA DE MELLO BREYNER ANDRESEN, Storie di terra e di mare




Sophia de Mello Breyner Andresen (Porto, 6 novembre 1919 – Lisbona, 2 luglio 2004), poetessa portoghese, seconda donna a vincere il Premio Camões nel 1999. La sua opera consta di 15 libri di poesia, pubblicati tra il 1947 e il 1999, che riconoscono alla parola un valore intrinseco e per questo sono rigorosi, armonici ed equilibrati. Scrisse anche racconti, opere teatrali e libri per ragazzi


venerdì 17 luglio 2015

Ogni notte

  

IDEA VILARIÑO

CERCHIAMO

Cerchiamo
ogni notte
con fatica
per terre afose e asfissianti
questo lieve uccello di luce
che arde e ci sfugge
con un gemito.

 

“Concedimi questi cieli, questi mondi assopiti, / il peso del silenzio, questo arco, questo  abbandono, / accendimi le mani, / affondami la vita / con il dolce dono che ti chiedo”: cosa va cercando nella notte, nel sogno, nell’amore la poetessa uruguayana Idea Vilariño? Qualcosa che dia senso alla vita, la luce dell’essere, quello che ci sembra di riuscire quasi a comprendere ma che poi, improvvisamente, se ne va lasciandoci solo l’impressione di averlo quasi raggiunto.

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Felix Vallotton

FELIX VALLOTTON, “FEMME COUCHÉE, DORMANT”

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LA FRASE DEL GIORNO
Senza limiti la notte, / pura, aperta, sola / sollecita l’amore, angelo di ogni gesto
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IDEA VILARIÑO, Paraiso perdido




Idea Vilariño Romani (Montevideo, 18 agosto 1920 – 28 aprile 2009), poetessa, saggista e critica letteraria uruguaiana. Appartenne al gruppo della Generazione del ‘45 con Juan Carlos Onetti e Mario Benedetti. Le sue poesie sono spesso caratterizzate da una introspezione intima. Pur accettando i premi conferiti, rifiutò di rilasciare interviste, di fare promozione ai propri libri e di commentare la sua poetica.


giovedì 16 luglio 2015

La bella romana

 

VINCENZO CARDARELLI

INCONTRO IN CIRCOLARE

Alta, bruna, fiancuta,
sotto un soprabito disadorno,
la bella ragazza confusa
nella misera folla
d’una vettura circolare interna,
pareva sorda a ogni affanno.
Ferma sul corridoio, un po’ appartata,
le sue gambe di statua
sostenevano gli urti
come solido ponte un fiume in piena.
Non gloria in lei spirava,
non frenesia di vita o giovinezza,
ma una decisa e forte indifferenza
luceva nei suoi occhi assorti e aguzzi.
Era di quelle
romane bellezze
che son rare anche a Roma,
dove mai non s’incontrano
senza un muto stupore.
Era un grande segreto
della vita di Roma
che m’appariva in luogo men propizio,
nella forma più degna.
Donde veniva, ove andava
la bella romana chiomata
di lucidi e ricci capelli?
Quale mestiere o cura attribuirle?
Spostandosi verso l’uscio
trovò qualcuno con cui discorrere
famigliarmente.
E mi volgeva le spalle
alte com’ali tese.
Al Colosseo discese leggermente,
scomparendo ai miei occhi, oimè, per sempre.

(da Poesie, 1949)

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Ho già dedicato un post, anni fa, alle passanti (“Tra la gente, / al sole, apparsa e sparita se n'è andata” scriveva Riccardo Bacchelli, “Tu ignori dove vado, io dove sei sparita; / so che t'avrei amata, e so che tu lo sai!” il Baudelaire dei Fiori del male). Le stesse emozioni di Vincenzo Cardarelli per una bella romana vista di sfuggita su un autobus della linea circolare, svanita alla fermata del Colosseo come un etereo fantasma.

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Boersma

GERARD BOERSMA, “DONNA CHE SALE SU UN TRAM AD AMSTERDAM”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il destino del mondo è sempre nelle mani di un passante sconosciuto.
NICOLÁS GÓMEZ DÁVILA, Tra poche parole




Vincenzo Cardarelli, nato Nazareno Caldarelli (Corneto Tarquinia, 1º maggio 1887 – Roma, 18 giugno 1959), poeta, scrittore e giornalista italiano. Sorta dall’Avanguardia degli Anni Dieci, la sua poetica rivela influssi dell’espressionismo linguistico e del frammentismo, ad esprimere  temi come lo sradicamento, il viaggio, l'adolescenza, la perdita di identità.


mercoledì 15 luglio 2015

Lai in langue d’oc

 

BILLY COLLINS

L’ARDUO DESTINO DEL TROVATORE

Per un’ora intera ho cantato lai
in langue d’oc ad una donna che conosce
solo la langue d’oïl, un dialetto piccardo ben strano
peraltro.
La poesia europea d’amore sbocciava
ad ogni tremito della mia voce,
ma un amico ha dovuto battermi sulla spalla
per dirmi che lei non capiva una parola.
I miei sentimenti si ingarbugliano come aquiloni
fra i rami della sua incomprensione,
e in breve sarò perso in un’antologia
e i poeti non porteranno più cappelli come il mio.
La Provenza non sarà altro
che una macchia rosa su una carta o la risposta a un test.
Eppure la donna mi sorride ancora
fingendo uno sguardo di fraterna indulgenza.

(da A vela, in solitaria intorno alla stanza, Fazi, 2013 – Traduzione di Franco Nasi)

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L’ironia, il piano discorrere minimalista del poeta statunitense Billy Collins, si venano di una sottile malinconia, di una specie di solidarietà per questa figura di trovatore che si esprime in una delle due lingue poetiche del basso medioevo francese, l’oc, idioma provenzale alpino dell’Occitania, mentre la donna di cui è innamorato intende soltanto l’oïl, la lingua romanza del centro e del nord. Di questa incomprensione vive tutta quanta la poesia, in una sorta di babele d’amore.

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Trovatore

ILLUSTRAZIONE © MEDIEVAL HISTORIES

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LA FRASE DEL GIORNO
I poeti parlano una sola lingua, ma non si comprendono ugualmente fra di loro.
JEAN COCTEAU, Le Chiffre, settembre 1952




William Collins, detto Billy (New York, 22 marzo 1941), è un poeta statunitense. Dopo aver insegnato letteratura inglese al Lehman College nel Bronx per oltre 50 anni, ora è in pensione. Le sue poesie raccontano con ironia la vita dell’America borghese e suburbana.


martedì 14 luglio 2015

Coprirti di baci

 

ERICH FRIED

POESIA NOTTURNA

Coprirti
non di baci
ma semplicemente
con la coperta
(che
ti è scivolata giù
dalla spalla)
perché tu
non prenda freddo nel sonno

Più tardi
quando
sarai desta
chiudere la finestra
e abbracciarti
e coprirti
di baci
e
scoprirti

(da Poesie d’amore, 1977 - Traduzione di Gio Batta Bucciol)

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“Io bacio te / così come sei / e come sarai / domani e oltre / e quando il mio tempo sarà”: l’amore del poeta austriaco naturalizzato britannico Erich Fried (1921-1988) è completo e consapevole e si manifesta anche nella dolcezza della cura, in quel piccolo gesto di protezione del sonno dell’amata, che potrà tramutarsi in eros al suo risveglio.

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Asleep

CLARE ELSAESSER, “ASLEEP”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non è possibile rispettare una persona senza conoscerla: la cura e la responsabilità sarebbero cieche, se non fossero guidate dalla conoscenza.

ERICH FROMM, L’arte di amare




Erich Fried (Vienna, 6 maggio 1921 – Baden-Baden, 22 novembre 1988), poeta austriaco naturalizzato britannico. Ebreo, fu costretto ad abbandonare il suo paese nel 1938 dopo l'occupazione nazista. Emigrato a Londra, fu giornalista e commentatore del programma in lingua tedesca della BBC.


lunedì 13 luglio 2015

Fiammate d’amore

 

VICENTE ALEIXANDRE

NASCITA DELL’AMORE

Come nacque l'amore? Fu in autunno.
Maturo il mondo
non t’aspettavo ancora. Ed arrivasti
allegra, bionda, sfuggita dal tempo
indulgente. E ti guardai. Oh quanto mi sembrasti
ancora bella! E viva nel sorriso, a specchio
della giovane luna precoce
nella sera, e pallida, maliosa
in quell’aure dorate; come te
che dall’azzurro uscivi, senza un bacio
ma con la bocca accesa
già impaziente d'amore.

Ti guardai. La tristezza
scompariva lontana, di drappi lunghi colma,
come un pigro occidente che le onde ritira.

Quasi una pioggia leggera - il cielo, blu! - bagnava
la tua fronte ora nuova.
Amante, amante era quello il destino
della luce! Tu eri così dorata che il sole
non avrebbe potuto infiammarsi
di più per te, di te, per darti sempre
la sua passione luminosa, tenera
ronda del sole che gira
intorno a te, dolce astro, intorno a un corpo,
o un’anima soltanto?

Ah la tua carne
luminosa lambiva come due ali tiepide,
come l’aria che muove un petto che respira
sentii le tue parole, il tuo profumo,
e nella fonda anima veggente
toccasti il fondo. Imbevuto
di te fino al midollo della luce
io sentii la tristezza, la tristezza
d’amore: oh come è triste l’amore!

E già nasceva
nella mia anima il giorno. Splendendo
raggiava in te e in me l’anima tua raggiava.

Sentii nella mia bocca il gusto dell'aurora.
I miei occhi svelarono
la sua dorata verità. Sentii
nella mia mente uccelli che cantavano
e turbarono il cuore. Vi guardai dentro e vidi
le ramaglie, i lucenti viottoli, e un volo
di piume colorate
m’inebriò d’un acceso presente
mentre tutto il mio essere a un mezzogiorno
furioso, folle, sempre più bruciava
e il mio sangue chiassoso ruinava in fiammate
d’amore, di lucore, di pienezza, di spuma.

(da Sombra del Paraíso, 1944 – Traduzione di Luciano Luisi)

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La nascita di un amore – soprattutto negli anni della gioventù - è capace di trasfigurare il mondo: ne fa risaltare i colori, ne pone in rilievo la luce, rivela insospettati dettagli in quello che si era sempre visto normale. Il poeta spagnolo Vicente Aleixandre, Premio Nobel per la Letteratura, trasforma l’amata in luce crepuscolare, in stella, ne fa un universo in cui l’emozione galoppa e l’ebbrezza amorosa supera la tristezza che sorge dalla distruzione del sé per rinascere nell’estasi di un altro essere, arrivando a raggiungere finalmente la felicità.

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Afremov

LEONID AFREMOV, “PASSION EVENING”

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LA FRASE DEL GIORNO
Un sole folgorante / fa dell’amore argento, ed oro degli abbracci, / le pelli coniugate, / quell’unirsi dei petti come fortezze che si pacificano fondendosi
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VICENTE ALEIXANDRE




AleixandreVicente Aleixandre (Siviglia, 26 aprile 1898 – Madrid, 14 dicembre 1984), poeta  spagnolo della Generazione del’27, passò dall’iniziale Surrealismo a una visione antropocentrica. Fu insignito del Premio Nobel nel 1977. “per un'opera di creazione poetica innovativa che illustra la condizione dell'uomo nel cosmo e nella nostra società attuale”.


domenica 12 luglio 2015

Il silente abbandono

 

ATTILIO BERTOLUCCI

D’OGNI ISTANTE LA MENTE S’INNAMORA

D’ogni istante la mente s’innamora
come fa la farfalla che guardiamo
dimentichi, seduti sul mattone
consunto, ancora in ombra, della soglia,
svegliandoci dubitosi, le mani
calde allacciate alle ginocchia.
Quanto dura il silente abbandono,
la pace, il muovere lento del sole
nel volo sù sù per l’aria celeste
di fumo che si sfa?
Oh, infinitamente se perduto
che ha l’occhio il palpitare irragionevole
stanco ritorna a terra e d’improvviso
ci sorprende alle spalle una presenza,
la nostra fanciullezza troppo mite
scolora in volto, l’ora brucia.
Così eccoci, non lontani dal punto,
la soglia porosa, ove sedevamo, l’inverno
accettato da tutti qui. Il tempo
è un battito di minuti che si sente
a intervalli e si perde e ritrova
senza spavento, mentre l’ultima
luce del giorno s’apprende a un comignolo
solitario, al curvo viandante
che se ne va e non torna sino all’anno
nuovo. Allora si sarà aperta l’aria
un’altra volta, le strade tenere
nel disgelo porteranno qua e là
in una confusione di raffreddori e di auguri,
i piccioni nel prato, le lenzuola nel cielo
la posta del mattino azzurra fra le mani.

(da La capanna indiana, 1951 - Frammento escluso) 

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Questo lungo frammento non fa parte dell’edizione definitiva del poemetto di Attilio Bertolucci La capanna indiana, massima espressione della sua poetica dell’idillio campestre, del quotidiano degli affetti, della memoria dell’infanzia e del tempo che fu che ritorna ciclicamente con le stagioni. Naturalmente ne ha però lo stesso afflato, la stessa coscienza del tempo che scorre sui ritmi dell’anno: è addirittura quasi una summa, una specie di riassunto dell’intero poemetto – ed è forse questa la ragione per cui è finito escluso.

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Joy

BECKY JOY, “FARM AND TREES”

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LA FRASE DEL GIORNO
Un luogo è quale stilla nella mente / del fanciullo ai giorni che la rondine / va e torna… / Qui siamo giunti dove volevamo.
ATTILIO BERTOLUCCI, La capanna indiana




Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.


sabato 11 luglio 2015

Spazi differenti

 

HOMERO ARIDJIS

IERI E OGGI

Il tuo passo, come un’ombra,
era difficile da seguire,
e perdendoti a una svolta
in me restava solo, come nella via,
un vago senso di vuoto.

La tua andatura, i tuoi fianchi
mi colpivano
e il giardino sembrava avere più rose
e l’estate più caldo,
poiché sulle mie labbra di bimbo ancora non avevo
la parola che definisce l’amore.

L’età ci separava,
come due corpi,
non di forme diverse,
ma di spazi differenti.

E le mie mani che ti afferravano,
le mie braccia che ti cingevano,
non potevano afferrarti,
non potevano raggiungere il tuo corpo, il tuo sguardo.

(da Construir la muerte, 1982)

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Non è amore quello di un bambino per una donna fatta e il poeta Homero Aridjis lo sa: è un’ammirazione, è uno stupore davanti alla bellezza, è una specie di omaggio innato alla femminilità, alla maternità. È una poesia, questa, che ricorda il Gozzano di Cocotte: “Sempre ch'io viva rivedrò l'incanto / di quel suo volto tra le sbarre quadre! / La nuca mi serrò con mani ladre; / ed io stupivo di vedermi accanto / al viso, quella bocca tanto, tanto / diversa dalla bocca di mia Madre!”.

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Volegov

VLADIMIR VOLEGOV, “VITI FIORENTI”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non ci possono essere due corpi / nello stesso spazio nello stesso momento / ma due tempi e due spazi / nello stesso corpo
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HOMERO ARIDJIS




Homero Aridjis (Contepec, Michoacán, 6 aprile 1940), poeta, romanziere, saggista e diplomatico messicano. È anche un ambientalista molto attivo. La sua poesia  è spesso poesia d’amore, un amore universale e trascendente che sconfina nel territorio delle visioni, raccontato in modo limpido e originale.


venerdì 10 luglio 2015

Se non è il mare

 

PEDRO SALINAS

MARE LONTANO

Se non è il mare, è la sua immagine,
la sua figura, rovesciata, nel cielo.

Se non è il mare, è la sua voce
sottile,
attraverso il vasto mondo,
amplificata dal vento.

Se non è il mare, è il suo nome
in una lingua senza labbra,
senza luogo,
senza altra parola che questa:
mare.

Se non è il mare, è la sua idea
di fuoco, impenetrabile, pura;
e io,
ardente, affogo in lei.

(da Fabula y signo, 1931)

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Il desiderio amoroso torna a popolare i versi del poeta spagnolo Pedro Salinas, naufrago nella lontananza di un amore, aggrappato a una figura, a una voce nella quale continua ad affogare e a riemergere.

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Criste

DIPINTO DI MIHAI CRISTE

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LA FRASE DEL GIORNO
Quale esilio, che assenza / essere dove si è!
PEDRO SALINAS, La voce a te dovuta




Pedro Salinas y Serrano (Madrid, 27 novembre 1891 – Boston, 4 dicembre 1951), poeta spagnolo appartenente alla generazione del 1927. La voce a te dovutaRagione d’amore e Lungo lamento formano una trilogia poetica sull’amore per Katherine Prue Reading, docente americana, interrotto dopo il tentato suicidio della moglie Margarita.


giovedì 9 luglio 2015

La sera nel giardino

 

GIORGIO BASSANI

UN VENTO UMANO

Un vento umano, un alito, entra negli oleandri,
la sera nel giardino, il sonno nei tuoi pianti.

Di là da quali lacrime, luminosa e improvvisa,
ti apparirà una terra da dolci piogge intrisa?

(da Un’altra libertà, Mondadori, 1951)

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Giorgio Bassani è molto più noto come narratore - Il giardino dei Finzi-Contini naturalmente, e poi Gli occhiali d’oro e Cinque storie ferraresi - ma spicca anche questo suo lato poetico che lascia emergere l’inquietudine e la sofferenza del suo mondo interiore, in cui riluce però il riflesso dolce della speranza.

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Van Gogh

VINCENT VAN GOGH, “NATURA MORTA CON OLEANDRI”

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LA FRASE DEL GIORNO
Perché la poesia non è il fiore sul vulcano. Brama il contesto, esige le strutture. È il riflesso della vita, la prova della vita.
GIORGIO BASSANI, Italia da salvare




Giorgio Bassani (Bologna, 4 marzo 1916 – Roma, 13 aprile 2000), scrittore e poeta italiano. Conosciuto soprattutto per i suoi romanzi ferraresi, Il giardino dei Finzi Contini e Gli occhiali d’oro su tutti, si considerava poeta e riteneva che esistesse un rapporto ben preciso tra la poesia e la sua prosa. La sua poesia nasce da moduli classici per evolversi ad assecondare il crepuscolare mal de vivre.


mercoledì 8 luglio 2015

Le scogliere d’Inghilterra

 

MATTHEW ARNOLD

LA SPIAGGIA DI DOVER

Il mare è calmo, stanotte.
Alta marea. La luna bianca giace
sopra lo stretto; sulla costa francese il chiarore
brilla e svanisce; le scogliere d’Inghilterra si ergono
scintillanti e vaste nella baia tranquilla.
Vieni alla finestra, dolce è l’aria della notte!
Soltanto, dalla linea lunga di schiuma
Dove il mare incontra la terra sbiancata dalla luna,
Ascolta! senti il fragore stridente
Dei ciottoli, che le onde trascinano, e gettano,
Tornando, sulla riva alta del mare,
Inizia e cessa, e poi di nuovo inizia,
Con lenta cadenza tremula, e porta
Con sé l’eterna nota della tristezza.

Sofocle, nel tempo antico
la udì sull’Egeo, e gli riportò
in mente la torbida marea
dell’umana miseria; e noi troviamo
ugualmente in quel suono un pensiero,
udendola su questo remoto mare boreale.

Il Mare della Fede,
era pure, un tempo, in marea alta; e attorno
alle rive della Terra giaceva, racchiuso
come le pieghe di una cintura risplendente.
Ma adesso altro non sento
che la sua malinconia, un lungo ruggito
che si ritira al respiro del vento della notte,
giù per i vasti e spaventosi bordi
e per i nudi ciottoli del mondo.

Ah, amore mio, restiamo fedeli
l’uno all’altra! perché il mondo, che pare
stendersi dinanzi a noi come una terra di sogni,
così vario, così splendido, così nuovo,
non possiede in realtà né gioia, né amore, né luce,
né certezza, né pace, né sollievo nel dolore;
E siamo qui, come in una piana che s’oscura
sbattuti tra confusi allarmi di lotte e fughe,
dove eserciti ignoranti si scontrano di notte.

(da New Poems, 1867)

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Questa, attraversata da una moderna sensibilità, è la lirica più famosa del poeta e critico letterario inglese dell’epoca vittoriana Matthew Arnold: davanti al mare, ascoltandone il canto calmo di una notte di marea, il poeta – in viaggio di nozze con la giovane sposa, nel 1851 – medita sul significato del vivere e sulla fede, che come la marea sembra in questo momento ritrarsi. Quello che resta, nella labirintica confusione del mondo, alla fine è soltanto l’amore, ed è per quello che si lotta.

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Thompson

FOTOGRAFIA © FREDDIE LEE THOMPSON

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LA FRASE DEL GIORNO
Il libero pensiero di un’epoca è il senso comune della successiva.
MATTHEW ARNOLD, Dio e la Bibbia




Matthew Arnold (Laleham, 24 dicembre 1822 – Liverpool, 15 aprile 1888), poeta, critico letterario e educatore britannico. La sua produzione poetica, da qualcuno ritenuta tra le più importanti del periodo vittoriano inglese, fu caratterizzata da opere di ampio respiro, quali Tristano e Isotta (1852), le tragedie Empedocle sull'Etna (1852) e Merope (1858).