giovedì 31 gennaio 2013

Memoria, fiorita prigione

 

MARIA LUISA SPAZIANI

LA PRIGIONE

Memoria, fiorita prigione,
dureremo vent'anni, quaranta,
a trastullarci in questi giochi d'ombre?
Come un cane ti annuso e ti raspo,
Come un guanto ti infilo e ti rovescio,
hai spigoli aguzzi, celesti barlumi,
sei la pioggia di rose che mi soffoca,
l’ancora e la grisella degli spazi
e museruola e zufolo e malaria.
Sei l'aria fresca su un deserto, sei
il deserto d'un cielo senz'aria.

(da Utilità della memoria, 1966)

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“Senza mai riposo / ricolmiamo le vasche del respiro” dice Maria Luisa Spaziani. Vivendo, allo stesso modo riempiamo le vasche della memoria: accatastiamo in quei magazzini i giorni delle nostre vite come in un racconto di Buzzati, impacchettiamo rimpianti e desideri che si impolverano con lo scorrere del tempo che erode pietre e scioglie amori. Alla fine il passato è il nostro tesoro, ma finisce anche con l’essere la nostra prigione.

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HENRYK SIMON, “PRISONER OF MY OWN”

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LA FRASE DEL GIORNO
Lo spirito ha bisogno del finito / per incarnare slanci d’infinito.
MARIA LUISA SPAZIANI, La traversata dell’oasi




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.


mercoledì 30 gennaio 2013

L’odore del calicanto

 

LUIGI FALLACARA

IL CALICANTO

Come potrò dimenticare l’odore
del calicanto nelle notti di febbraio,
la volatile gioia d’acuta verdezza
traboccante nel buio della strada deserta.

S’udiva l’amata respirare ansiosa
per sentire il fiore clemente di là dal giardino;
sì fonda tenerezza riempiva il fiato
che il petto aveva un affanno di felicità.

Guardavamo il cielo lontano,
i firmamenti ghiacciati di luce;
là era la culla dei venti forti,
nudo splendeva in seno a Sirio il raggio.

Ma in noi era solo un sentire
nei vivi desii l’aroma terreno
che aveva toccato, scendendo nel petto,
il fondo dei nostri amorosi sospiri.

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È tempo di calicanti: le loro fioriture profumano l’aria invernale lasciando presagire che la primavera non è più lontana. I piccoli fiori gialli, come di cera, emanano un aroma che inebria – basta coglierne un rametto e metterlo in casa per rendersene conto. Ed è quel profumo che diventa protagonista in queste quartine di Luigi Fallacara, poeta barese: innesca il vivido sentimento poetico, evoca la figura dell’amata, lega il ricordo a quell’«affanno di felicità» che la fragranza dei calicanti dona ancora alla memoria, il legame tra l’eterno e il sensibile.

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Calicantus con neve

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
Restava / solo lo spazio come dimensione / intatta dell’odore senza nome; / lo spazio che anche adesso è dentro il sole, / e corrisponde, e duole.
LUIGI FALLACARA, Il Frutto del Tempo




Luigi Fallacara (Bari, 13 aprile 1890 – Firenze, 15 ottobre 1963), poeta e scrittore italiano. Attivo nelle avanguardie letterarie del primo ‘900, scrisse su Lacerba. Dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale approda alla fede cattolica, vivendo per sei anni ad Assisi e maturando dalla meditazione su San Francesco la sua poesia metafisica confluita in un lirismo mistico che canta l’amore per tutte le creature.


martedì 29 gennaio 2013

Un azzurro calmo

 

JOSÉ MARÍA HINOJOSA

CALMA

                 A Luis Buñuel

Dove finisce il mare?
Dove comincia il cielo?
Le barche galleggiano.
o prendono il volo?

Si è perso l’orizzonte,
nel gioco mimetico
del cielo e dell’acqua.

Si è fuso il movimento,
in un solo colore
azzurro, un azzurro calmo.

Si fondono i colori;
si ferma il movimento.

Un solo colore resta;
non c’è sopravvento.

Dove finisce il mare?
Dove comincia il cielo?

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Un calmo surrealismo – tutto giocato sul colore che avvolge ogni cosa e diventa l’unica presenza in una marina – è alla base di questi versi di José María Hinojosa, poeta della Generazione del ‘27. A testimonianza di quanto ogni guerra – e in particolare ogni guerra civile - sia crudele, c’è da segnalare che la vita di questo poeta, finì come quella di Federico García Lorca: a strapparlo dal carcere dov’era rinchiuso e a fucilarlo, tre giorni dopo che García Lorca venne assassinato dai nazionalisti, furono però gli antifascisti repubblicani.

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SHAWN McNULTY, “SHIVER”

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LA FRASE DEL GIORNO
Voglio posare lo sguardo / solo nello spazio / che è semplice / e insieme complicato
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JOSÉ MARÍA HINOJOSA




José María Hinojosa (Campillos, 17 settembre 1904 – Malaga, 22 agosto 1936), poeta e scrittore spagnolo, esponente della Generazione del '27.  Nelle sue opere si avvertono i riflessi delle varie correnti poetiche, dalla "ultraista" alla "creazionista" e surrealista che culmineranno in La flor de California (1928). Fu assassinato dai repubblicani all'inizio della guerra civile.


lunedì 28 gennaio 2013

Pochi frammenti

 

ADAM ZAGAJEWSKI

ZONE DI SILENZIO

L’esuberanza del mondo
ci lascia spesso impotenti,
non siamo in grado di distinguere
che pochi frammenti,
piccoli brandelli.
Lo stesso capita
quando ci soffermiamo davanti a una tela,
a un quadro esposto in un museo:
dobbiamo allontanarci qualche passo
per abbracciarlo tutto.
La solitudine sono proprio
questi pochi passi di distanza.
Ci sono due ricchezze,
due forze molto simili,
per quanto completamente distinte.
Una è immanente al mondo
e all’uomo che agisce,
combatte e ama.
Il suo creatore è Dio.
L’altra si esprime attraverso dipinti,
libri, musica o film,
ed è un’eco della prima.
Il suo creatore è l’uomo.
La solitudine è la zona di silenzio
che c’è tra questi due frastuoni.

(da Solidarność i samotność, 1986)

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“La sua è una tessitura in cui fiori, alberi e uomini convivono in un'unica scena. Ma questo mondo ricreato dall'arte non è un luogo di fuga, al contrario è in relazione con la cruda realtà di questo secolo” scrisse il Premio Nobel polacco Ceslaw Milosz delle poesie del suo conterraneo Adam Zagajewski. L’arte è il modo umano di partecipare del divino, è l’elevazione dalla terra al cielo, dall’immanente al trascendente, dall’individuale all’universale: tra questi due poli c’è la solitudine, che poi è la normale condizione umana, l’incapacità di mettere a fuoco il mondo senza osservarlo da fuori.

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DOMINIQUE AMENDOLA, “AT THE MUSEUM. MAN IN THE RED CAP”

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LA FRASE DEL GIORNO
Uno scrittore che tiene un diario lo usa per registrare ciò che sa; nelle poesia e nei racconti mette quello che non sa.
ADAM ZAGAJEWSKI




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945), poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Esponente della New Wave polacca, nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.


domenica 27 gennaio 2013

Ad Auschwitz

 

KO UN

AD AUSCHWITZ

Ad Auschwitz
pile di occhiali
montagne di scarpe
sulla via del ritorno
ognuno fissava fuori dal finestrino in direzione diversa.

(da Fiori di un istante, 2001)

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Come sempre, e non mi preoccupo di ripetermi in occasione di questi anniversari, devo far riflettere sul fatto che ogni giorno dovrebbe essere la Giornata della Memoria. Comunque sia, prendiamo questa data come spunto di meditazione e condividiamo lo sgomento del poeta sudcoreano Ko Un di ritorno da una visita al campo di Auschwitz, proprio quello la cui liberazione ha dato origine alla data odierna – era il 27 gennaio del 1945 quando i russi si trovarono di fronte all’orrore. Sgomento, perché è impensabile la disumanità di quello che i nazisti sono arrivati a fare e la nostra umanità non può fare a meno di sentirsi male di fronte allo sterminio scientemente e scientificamente applicato.

 

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LA FRASE DEL GIORNO
Meditate che questo è stato: / Vi comando queste parole. / Scolpitele nel vostro cuore /
Stando in casa andando per via, / Coricandovi alzandovi; / Ripetetele ai vostri figli
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PRIMO LEVI, Se questo è un uomo




Ko UnKo Un (Kunsan, 1° agosto 1933), è il massimo poeta sudcoreano del XX secolo. Monaco buddista, tornò allo stato laicale disgustato dalla corruzione del clero. Prese parte alla lotta per i diritti umani nel suo paese negli anni del regime militare, finendo anche in carcere. Sposatosi nel 1983, la sua vita si fece più tranquilla. È stato più volte candidato al Premio Nobel.

sabato 26 gennaio 2013

Tridentina, avanti!

 

NELSON CENCI

A UN AMICO LASCIATO SUL DON

Non ti ritrovai oltre il fiume
di ghiaccio e di morte,
quella notte di luna,
senza voce di vento
ma con parlare sommesso
tra gli aridi cespugli
ad attendere ombre
per un cammino di speranza.

Non ti vidi sulle piste segnate da croci
nel fragore d'armi e di grida,
dove tempo non v'era
per la pietà e il dolore.
Di questi lontani giorni
perduta è in altri ogni memoria
e sepolte sono le remote ansie.
Ma in questo mutare di cieli
io ascolto il buio
con stelle d'inverno a segnare le notti
e nei sogni dell'alba,
in questi risvegli di sole,
dopo lunghi silenzi ora ti ritrovo nel nostro verde vivere.
Non con la pioggia che batte sui vetri
lacrime di addio
ma con l'azzurro di giovani vite
a salutare il giorno.
Non più mani gonfie di gelo,
volto scavato di fame,
occhi perduti nel vuoto.

Non più scarponi di ghiaccio
a trascinare per strade di neve
il grande desiderio di morte
con l'acuto ricordo di giovani vite
perdute a rattristare il cuore.
Anche se il tempo oscura i ricordi
e qualcosa ogni giorno muore,
sotto queste foglie d'autunno
che coprono nella scavata terra
profumo di nuova erba e di fiori,
sempre viva resta la memoria
di Voi che abitate le notti.

(da Il passato che torna, 2001)

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Il 26 gennaio 1943 si combatteva a Nikolajewka la sanguinosa battaglia con cui gli italiani – tecnicamente invasori a fianco dell’esercito tedesco – dopo un’epica marcia di due settimane con temperature intorno ai 30° sotto zero dal Don verso le retrovie di Rossosch -riuscirono a sfondare l’accerchiamento sovietico e a uscire dalla sacca per poter finalmente tornare in patria.

Così raccontava Giulio Bedeschi in Centomila gavette di ghiaccio, un libro che può essere considerato, come Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern, l’Anabasi di quella ritirata, di quella sconfitta miracolosamente trasformata in vittoria: “Un uomo, un solo uomo sommò nell'animo la disperata angoscia di tutti, vedendo i suoi alpini retrocedere combattendo sulla neve; i suoi alpini, poiché egli era il generale Reverberi comandante la Tridentina; e dalla somma di dolore gli scaturì dall'anima un gesto ed un grido. Fu una cosa semplice, ma condotta a cavalcioni della morte. Esisteva ancora un rugginoso carro blindato germanico in grado di rotolare i suoi cingoli sulla neve grazie a pochi litri di carburante residuo; su quello il generale si slanciò, salì ritto sul tetto, diede un secco ordine al guidatore, il carro si mosse avanzando verso i battaglioni in ripiegamento e verso il nemico. — Tridentina...! Tridentina avanti..! — gridò con forza selvaggia il generale Reverberi dall'alto del carro in movimento, indicando col braccio puntato Nikolajewka. Non fu lasciato avanzare solo: i suoi alpini, riserva disarmata, si gettarono avanti seguendo il carro; generale e soldati raggiunsero i battaglioni che, elettrizzati, fecero massa compatta: il carro sopravanzò trascinando seco il cuore e l'ansito dell'intera divisione; quell'uomo ritto sul tetto metallico non cadde, non fu trapassato, Iddio lo lasciò in piedi, gli consentì di guidare gli alpini fin sulle difese nemiche, di travolgerle in uno slancio furibondo, di rovesciare i cannoni fumanti, di porre in fuga i russi conquistando Nikolajewka e aprendo il varco entro cui dal costone, come richiamata dalle soglie della morte, irruppe la marea d'uomini dilagando nel paese”.

Settant’anni sono tanti, sono una vita compiuta. Molti dei testimoni dei fatti accaduti allora nella steppa russa – ucraina, per la precisione – sono passati nel paradiso di Cantore, come dicono gli Alpini: pochi mesi fa se n’è andato anche Nelson Cenci, il “tenente Cenci” del Sergente nella neve, medico, scrittore e poeta, autore dei versi proposti per questo anniversario. Gli anni trascorsi hanno trasformato i nemici in amici, i gesti di solidarietà verso quelle popolazioni “nemiche” ma mai considerate tali si sono succeduti negli anni. E ora, appurata infine l’inutilità di tutte le guerre, i caduti di ogni parte sono accomunati sotto un’unica bandiera, quella della memoria.

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LA FRASE DEL GIORNO
Il messaggio dei superstiti fu la condanna dell'assurda politica di guerra del fascismo. Questo spiega perché le popolazioni delle valli che avevano visto morire i loro figli in Russia si schierarono subito, d'istinto, con la Resistenza. I partigiani lottarono contro i nazi-fascisti anche per conto dei fratelli, dei figli, degli amici che erano morti in Russia.
NUTO REVELLI, La Stampa, 23 gennaio 1963




Nelson Cenci
(Rimini, 21 febbraio 1919 – Cologne, 3 settembre 2012), scrittore italiano. Nel 1942 partì per la campagna di Russia con la Tridentina - è il "tenente Cenci" del Sergente nella neve di Rigoni Stern. Dopo la guerra divenne medico e pubblicò memoriali, tra i quali Ritorno, poesie e racconti.


venerdì 25 gennaio 2013

Io ti circondo

 

GHIANNIS RITSOS

MIO BLU – DICEVI

Mio blu - dicevi -
mio blu.
Lo sono.
E anche più del cielo.
Ovunque tu sia
io ti circondo.

(da Erotica, Crocetti, 1981 – Traduzione Nicola Crocetti)

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Amore totalizzante, amore che  da metà di una cellula diventa universo. È quello che canta il poeta greco Ghiannis Ritsos nei brevi componimenti di Erotica, in cui il corpo diventa infinito e quindi indescrivibile. Corpo che diventa mare, che diventa cielo e ingloba dentro di sé e sotto di sé l’amata, che diventa “risposta definitiva al niente” e quindi significato del tutto.

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MARC CHAGALL, “PAESAGGIO BLU”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il tuo corpo / mi disloca, / mi contiene. / Coricato mi ergo /dentro di te
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GHIANNIS RITSOS, Erotica




Ghiannis Ritsos (Monemvasia, 1º maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990), poeta greco tra i maggiori del XX secolo. Fu candidato nove volte al Premio Nobel. La sua vita fu animata da un'incrollabile fede negli ideali marxisti e nelle virtù catartiche della poesia.


giovedì 24 gennaio 2013

L’impeto completo dell’amore

 

JUAN RAMÓN JIMÉNEZ

CHE PIACERE, CUORE, QUESTO LIBERARTI

Che piacere, cuore, questo liberarti
giorno dopo giorno, dal tuo guscio,
questo andare incontro alla tua forma vera,
tenera, nuda, palpitante,
con quel profondo incanto, eterna calamita
delle cose che generano!

                                    Cuore al vento,
resistente nella tua forte vita debole
all’impeto di tutto il sentimento,
all’impeto di tutto il pensiero
- ideale, istinto, sogno; queste
cento ansie centimane -,
come la giovane moglie
all’impeto completo dell’amore!

(da Pietra e cielo, 1919 – Traduzione di Claudio Rendina)

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Ogni corpus poetico è un percorso di ricerca: il poeta viaggia alla volta della parola, della scoperta, si addentra nei meandri del linguaggio per inseguire un filo, il suo filo, quello che lo condurrà fuori dal labirinto. Quanto detto vale ancor di più per Juan Ramón Jiménez: il poeta andaluso, Premio Nobel nel 1956, andò per tutta la vita alla ricerca di questa sua “ansia di eternità”. Qui lo troviamo, nei versi di Pietra e cielo, in un momento di soddisfazione: ha da poco sposato - superando notevoli difficoltà e raggiungendola addirittura negli Stati Uniti - l’amatissima Zenobia, comincia a intravedere grazie all’amore la luce che sta cercando da quasi vent’anni; è come se stesse sbozzando finalmente il suo cuore, liberandolo a poco a poco dallo stampo di pietra in cui è imprigionato.

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BIGLIETTO PER SAN VALENTINO, CIRCA 1790

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LA FRASE DEL GIORNO
L’infinito / sta dentro. Io sono / l’infinito raccolto. / Lei, Poesia, Amore, il centro / Indubitabile.
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, La stagione totale




JimenezJuan Ramón Jiménez (Palos de Moguer, 24 dicembre 1881 - San Juan, Portorico, 29 maggio 1958), poeta spagnolo premiato con il Nobel nel 1956, fu uno dei principali esponenti della Generazione del ’14 e del Modernismo. La sua ricerca poetica lo portò a privilegiare la poesia nuda ed essenziale, fatta solo di immagine e di parola al di là della musicalità esteriore.


mercoledì 23 gennaio 2013

Legarmi all’albero maestro

 

IDEA VILARIÑO

LA SIRENA

Dire no
dire no
legarmi all’albero maestro
ma
desiderando che il vento lo rovesci
che la sirena salga e con i denti
tagli le corde e mi trascini in fondo
dicendo no no no
ma inseguendola.

(da No, 1980 - Traduzione di Martha Canfield)

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Questo blog ha un debole per le Sirene, come si può arguire sin dal titolo. Retaggio della lettura ragionata dell’Odissea ai tempi del liceo classico. Le Sirene sono creature del mito e come tali allontanano e nel contempo attirano a sé. Questi versi della poetessa uruguaiana Idea Vilariño proprio a ciò si riferiscono: l’eroe legato all’albero maestro della nave dai suoi compagni alla fine rappresenta ognuno di noi; siamo noi Odisseo tutte le volte che ci poniamo davanti alle tentazioni e resistiamo, desiderando invece con tutto il corpo e con tutta l’anima di esaudire quel nostro desiderio.

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JOHN WILLIAM WATERHOUSE, “ULISSE E LE SIRENE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il vero metodo per resistere alla tentazione è girarsi dall'altra ed andarsene
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JEAN GUITTON, Il genio di Teresa di Lisieux




Idea Vilariño Romani (Montevideo, 18 agosto 1920 – 28 aprile 2009), poetessa, saggista e critica letteraria uruguaiana. Appartenne al gruppo della Generazione del ‘45 con Juan Carlos Onetti e Mario Benedetti. Le sue poesie sono spesso caratterizzate da una introspezione intima. Pur accettando i premi conferiti, rifiutò di rilasciare interviste, di fare promozione ai propri libri e di commentare la sua poetica.


martedì 22 gennaio 2013

Remotissimo presente

 

ANDONIS FOSTIERIS

NOSTALGIA DEL PRESENTE

Ho nostalgia del presente che vivrò.
(L’attesa si accorda bene con la memoria:
Entrambe alterano il più possibile
La sventurata realtà. Lo vedi.)

Quali eventi escogiteranno ancora
La mia partecipazione? Quale variopinto
Straccio di passione
Interpreterà di nuovo il ruolo della porpora?
Mi stupisco
Di quanto velocemente faccia effetto la noia.
>Se conoscessi
La matematica dei sentimenti correrei
Immobile come Achille (idea di Zenone)
Più lento della mia vita tartaruga.

Meglio non aver fretta.
Come puoi osare sorpassi con il clacson
Quando davanti a te stanno in coda gli inferi.
Come puoi presumere una qualunque cosa accaduta,

In questo remotissimo presente.

(Traduzione di Nicola Crocetti)

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È un ossimoro, la nostalgia del presente? Perché  si può avere nostalgia di una persona lontana, di un luogo, di un tempo trascorso. È il caso dell’omonima poesia di Jorge Luis Borges: in quel frangente la nostalgia è il tempo del desiderio. Ma si può avere nostalgia del tempo presente? Si può: è l’ancorarsi ad uno stato d’animo di perenne malinconica tristezza, di noia che si trasforma in un’abulica attesa, quella che testimonia il poeta greco Andonis Fostieris.

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JUAN GRIS, “CHITARRA SU UN TAVOLO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Ci sono persone che non vivono la vita presente, ma si preparano con grande zelo come se dovessero vivere una qualche altra vita e non quella che vivono: e intanto il tempo si consuma e fugge via.
ANTIFONTE




Andonis Fostieris (Atene, 16 maggio 1953), poeta greco, è considerato uno dei più importanti della Generazione dei Settanta. Le sue opere sono caratterizzate da un linguaggio chiaro e intimistico. Dal 1981 dirige il periodico letterario I Léxi.

lunedì 21 gennaio 2013

L’ombrosa veletta

 

ALEKSANDR BLOK

TUTTE, QUAND’ELLA È APPARSA

Tutte, quand'ella è apparsa,
le amiche eleganti ha offuscato
e l'anima mia è comparsa
nel cerchio voluto dal fato.

Della neve nel gemito pungente
sono sbocciati i tuoi lineamenti.
A briglia sciolta la troika sonante
vola in quel puro e bianco alienamento.

A lungo hai scosso la tua sonagliera
nella campagna m'hai trascinato,
m'hai soffocato con la seta nera,
lo zibellino m'hai spalancato...

Forse per quella tua disinvoltura
sfrontata, piange il vento lungo il fiume,
squilla e si spegne nella pianura
ogni sonaglio, ogni fievole lume?

Chiusa è la tua cintura fino in fondo,
fingi modesto lo sguardo saettante!
Tutte le cose i minuti confondano,
vadano in fumo in un rogo fiammante!

Lascia che il vento si metta a cantare
le menzogne, la tua seta, a cantare!
Gli uomini non dovranno mai sapere
come le mani tue sono leggere!

Per un istante dietro la veletta
mi si è dischiusa la lontananza...
Come sopra la bianca lontananza
è caduta l'ombrosa veletta.

(da Neznakomka, 1906 - Traduzione di Luciano Luisi)

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Lasciamoci affascinare oggi da quest’atmosfera da Tolstoj o Dostoevskij, dalle nevose strade di una Russia zarista, dal correre di una slitta nella bianca immensa campagna dove svettano boschi di betulle. Il poeta Aleksandr Blok resta affascinato dall’apparizione della bellezza – una bellezza ideale, platonica – che si inserisce perfettamente nella bellezza della natura e anzi ne viene esaltata. Ma, ahimè, la perfezione – si noti l’eco catulliana nell’incipit: “Lesbia, bellissima tutta fra tutte / a ognuna ha rapito ogni possibile grazia” -  pone anche distanza tra sé e il mondo imperfetto.

 

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DIPINTO DI JAN WOLFSKI

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LA FRASE DEL GIORNO
La bellezza ci può trafiggere come un dolore.
THOMAS MANN, I Buddenbrook




Aleksandr Aleksandrovič Blok (San Pietroburgo, 28 novembre 1880 – 7 agosto 1921), poeta e drammaturgo russo, forse il più grande poeta della cosiddetta “epoca d'argento”. Caratteristica principale della sua poesia, eminentemente lirica, è una profonda e talvolta esasperante sincerità che lo porta da un iniziale simbolismo mistico a un allucinante realismo.


domenica 20 gennaio 2013

Strategia d’amore

 

EDUARDO LIZALDE

AMORE

La regola è questa:
dare solo l’essenziale,
ottenere il massimo,
non abbassare la guardia,
mettere i colpi a tempo,
non arrendersi,
e non combattere corpo a corpo,
non scoprirsi in alcuna circostanza
né scambiare colpi con il sopracciglio ferito;
non dire mai “ti amo”, sul serio,
all’avversario.
È la migliore strategia
per essere eternamente infelice
e vincitore
senza rischi apparenti.

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“Nella guerra d’amor vince chi fugge”, dice un noto proverbio. E questo innamorato descritto dal poeta messicano Eduardo Lizalde ci va molto vicino: ritratto come un pugilatore – l’amore è lotta, si sa – fa di tutto per schivare i colpi, per non ferirsi, per uscire indenne dal combattimento; sempre sulla difensiva, porta solo colpi sicuri, a distanza. Ma, dice il poeta, proprio questo è il modo per uscire sconfitti vincendo da una storia d’amore: l’infelicità è il prezzo da pagare per il timore di rischiare.

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JULIE SNYDER, “HANGING IT UP!”

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LA FRASE DEL GIORNO
Temere l'amore è temere la vita, e chi teme la vita è già morto per tre quarti
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BERTRAND RUSSELL, Matrimonio e morale




Eduardo Lizalde Chávez (Città del Messico, 14 luglio 1929), scrittore, poeta e accademico messicano. Considerato tra i maggiori poeti ispano-americani, unisce la capacità di alternare alta cultura e semplicità colloquiale, ironia e disincanto, dolore e sensualità. Tradusse Shakespeare e Blake, che ebbe grande importanza nella sua poetica.


sabato 19 gennaio 2013

Tu, che non sei il mio amore

 

PEDRO SALINAS

IV. SE MI CHIAMASSI, SÌ

Se mi chiamassi, sì,
se mi chiamassi!
Io lascerei tutto,
tutto io getterei:
i prezzi, i cataloghi,
l'azzurro dell'oceano sulle carte,
i giorni e le loro notti,
i telegrammi vecchi
e un amore.
Tu, che non sei il mio amore,
se mi chiamassi!

E ancora attendo la tua voce:
giù per i telescopi, da una stella
attraverso specchi e gallerie di anni bisestili
può venire. Non so da dove.
Dal prodigio, sempre.
Perché se tu mi chiami
sarà da un miracolo,
ignoto, senza vederlo.

(da La voce a te dovuta, 1933)

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Addentriamoci ancora nell’intricato amore del poeta spagnolo Pedro Salinas, declinato nelle 70 poesie di La voce a te dovuta, processo di analisi del sentimento e delle proprie emozioni contrastate nel ménage a trois – gli altri lati del triangolo amoroso sono l’amante americana Katherine R. Whitmore e la moglie Margarita. La poesia proposta oggi, ancora nella primissima fase dell’innamoramento, trova un’eco nelle parole di una delle lettere di Salinas a Katherine, pubblicate solo nel 2002 e in grado di dare nuova luce e chiarezza a tutta la raccolta: “La mia anima, la mia vita hanno bisogno di sapere che il tuo amore è possibile, lontano o vicino, tra le tue braccia o con la tua ombra”.

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DIPINTO DI PEREGRINE HEATHCOTE

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LA FRASE DEL GIORNO
Non ho bisogno di tempo  / per sapere come sei: / conoscersi è luce improvvisa
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PEDRO SALINAS, La voce a te dovuta




Pedro Salinas y Serrano (Madrid, 27 novembre 1891 – Boston, 4 dicembre 1951), poeta spagnolo appartenente alla generazione del 1927. La voce a te dovutaRagione d’amore e Lungo lamento formano una trilogia poetica sull’amore per Katherine Prue Reading, docente americana, interrotto dopo il tentato suicidio della moglie Margarita.


venerdì 18 gennaio 2013

Ogni volta che ti ricordo


MARVIN GARCÍA

RITRATTO 5

Il cielo rabbrividisce quando lo guardi.
Camminare è innalzare una preghiera,
perdersi tra la gente,
aspettare che il semaforo sia verde.
Ogni volta che ti ricordo
penso nel cielo arancione del Guatemala a mezzanotte
all’oscuro universo,
al passare del tempo, alla tua schiena,
all’albero che mi piantasti nel petto.
Il problema della vita è che nulla si ripete.

(da Solamente il cielo, 2011)

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I ricordi innescano reazioni a catena: arrivano improvvisi e ci portano lontano nel tempo, ci ricongiungono con persone assenti, ci costringono a pensare ad altre cose, come allo scorrere del tempo, al dolore che il loro vuoto lascia in noi. Ha ragione il giovane poeta guatemalteco Marvin García, che dedica questi versi al padre scomparso: il problema della vita è che nulla si ripete, e i ricordi altro non sono che la cenere del tempo nelle nostre mani.

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LUCINDA LUVAAS, “WALKING UPTOWN”

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LA FRASE DEL GIORNO
È dimenticando i ricordi che le persone riescono a vivere. Ma vi sono cose che non si devono assolutamente dimenticare.
HIDEAKI ANNO, Evangelion 2.0 You can (not) advance




Marvin Samuel García Citalán (Xelajú, 1982), poeta e gestore culturale guatemalteco.  Ha lavorato per vent'anni a diversi progetti artistici e culturali in Guatemala e America Centrale ed è direttore del Festival Internazionale di Poesia di Quetzaltenango e di Metáfora Editores. 


giovedì 17 gennaio 2013

Ma ti rinnovi tu?

 

FRANCO FORTINI

GUARDA QUESTA RENA…

Guarda questa rena senza vento questo mare
nelle nebbie le montagne dense e torbidi gli stagni
poche aurore e brillerà il granito e l’onda allegra
l’erba, il sale, il pino ardente, la pupilla, il vento, il vino.
Piomba ogni cosa al suo fine. Umida l’ala che ora s’allenta
elitra nel mezzodì sarà come stocco di spiga secante.
Ma ti rinnovi tu? Alla luce viva invecchi,
un’ora che ti specchi cerchi e non trovi più.

1950

(da Poesia ed errore, Feltrinelli, 1959)

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Una scena d’inverno, una spiaggia deserta sospesa nella ragnatela della nebbia che avvolge i monti e incupisce gli stagni. Eppure primavera non è lontana, c’è già nell’aria un’eco della sua voce, si può cogliere qua e là il presagio del suo giungere. Perché è nel ciclo delle stagioni il rinnovamento, la rinascita. Franco Fortini, poeta fiorentino, riveste questa scena con un ragionamento sulla propria esistenza e la spietata luce della ragione pone la domanda: «Ma ti rinnovi tu?».

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foggy-beach

FOTOGRAFIA © A BRUNETTE

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LA FRASE DEL GIORNO
Non abbiamo saputo che cosa fare per noi / della verde vita e dei fiori amorosi. / Per questo la cure è alla radice dei cuori // e come stecchi che si divincolano saremo arsi
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FRANCO FORTINI, Poesia ed errore




Franco Fortini, nato Franco Lattes (Firenze, 10 settembre 1917 – Milano, 28 novembre 1994), poeta, critico letterario, saggista e intellettuale italiano. La sua poesia è testimonianza anche ideologica delle lotte di classe del primo dopoguerra, voce progressista e coscienza critica del fallimento degli ideali.



mercoledì 16 gennaio 2013

L’ora di sera


UMBERTO BELLINTANI

DOLCE CHIUDE L’ORA DI SERA

Forse non esiste Dio. Forse
solo il rapporto
fra noi esiste e gli alberi
annosi o appena d'anni
uno e le erbe
e i coccodrilli e il buon tepore
della sera. Non v'è
che poi la morte ed altro ancora
innanzi ad essa da soffrire. Ma poi tutto
per lei si placa; e in noi s'alterna
timore d'essa e quieta attesa
del suo riposo:
                                                             così
oggi è da porre questo giorno fra non quelli
di sofferenza e sgomento: dolce chiude
l'ora di sera col risorgere di una
ampia stellata. Dunque
forse soltanto un dolcissimo rapporto
fra noi e il tutto fa ponte e il tempo passa
lento e veloce.

(da E tu che m’ascolti, Mondadori, 1963)

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La sera scende e quando il buio improvvisamente cade a sciogliere l’ultimo residuo del crepuscolo ci sorprendiamo spesso immersi in riflessioni sul giorno trascorso, sulle nostre vite. È l’ora delle meditazioni esistenziali, del ripiegamento su di sé. Così, al termine di un giorno normale, senza avvenimenti di rilievo, il poeta mantovano Umberto Bellintani resta a indagare i “massimi sistemi”.

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THOMAS MORAN, “EASTHAMPTON”

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LA FRASE DEL GIORNO
Oh ma questa vita ha bisogno di spazi ampi come  / l'universo,  / e di tremende notti, e di burrasche dove / il grandioso mare s'esprima per tornare  / indi in bonaccia per dirci come immenso / è il suo respiro
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UMBERTO BELLINTANI, Nella grande pianura




Umberto Bellintani (Gorgo di San Benedetto Po, 10 maggio 1914 – San Benedetto Po, 7 ottobre 1999), poeta italiano. Diplomatosi in scultura, prese parte alla Seconda guerra mondiale in Grecia e Albania, finendo prigioniero dei tedeschi dal 1943 al 1945. Esordì nel 1953 con Forse un viso tra mille, cui seguì nel 1955 E tu che mi ascolti. Dopo un lungo periodo di silenzio pubblicò nel 1998 Nella grande pianura.

martedì 15 gennaio 2013

Nell’arte e nella vita

 

JOSÉ ANGEL BUESA

ARTE POETICA

Ama il tuo verso, e ama saggiamente la tua vita,
la strofa che più vive è sempre la più vivida.

Un brutto verso supera la più perfetta prosa,
sebbene in prosa e in verso tu dica la stessa cosa.

Così come l’eccesso di virtù diventa vizio,
l’eccesso d’arte si trasforma in artificio.

Scrivi in modo tale che ti comprenda la gente,
che sia ignorante oppure indifferente.

Osserva la legge suprema di sdegnare tutto,
sul corpo nudo non invecchiano le mode.

E soprattutto, nell’arte e nella vita, sii diverso,
perché solo così la tua mente rivivrà nel tuo verso.

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Devo dire che apprezzo questi consigli dati dal poeta cubano José Angel Buesa: innanzitutto mi confermano l’impressione – la certezza, oramai – che la poesia è comunque e sempre superiore alla prosa, che sia per la sua sintesi o per la sua forma elegante di dire le cose, come se fossero discese dal cielo. Ma mi conforta anche e soprattutto nella necessità di non doversi omologare: è verissimo che soltanto essendo se stessi, senza seguire le mode, senza sottostare al giudizio degli altri, si può esprimere davvero la propria poetica.

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PAUL CÉZANNE, “IL SOGNO DEL POETA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mio cuore, un giorno, provò un desiderio supremo, / che ancora oggi lo inebria come lo inebriava ieri; / volevo imprigionare un’anima in una poesia, / e farla vivere per sempre… ma non si può
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JOSÉ ANGEL BUESA




José Ángel Buesa (Cruces, 2 settembre 1910 – Santo Domingo , Repubblica Dominicana, 14 agosto 1982), poeta e scrittore cubano. Nel 1932 pubblicò la sua prima raccolta di poesie. Emigrò da Cuba nel 1961 e, dopo aver vissuto alle Isole Canarie e in El Salvador , si stabilì definitivamente a Santo Domingo , dove si dedicò all'insegnamento.

lunedì 14 gennaio 2013

Dozzine di stelle di mare


GALWAY KINNELL

ALLO SPUNTAR DEL GIORNO

Sul fango della riva, poco prima del tramonto,
dozzine di stelle di mare
strisciavano. Era come
se il fango fosse un cielo
ed enormi stelle imperfette
l’attraversassero così lentamente
come le vere stelle il firmamento.
All’improvviso si fermarono,
e, quasi che avessero soltanto
accresciuto la loro disposizione
alla gravità, affondarono
nel fango, svanirono giù
nel fango e giacquero immobili, e nel momento
che il rosa del tramonto le colpiva
erano così invisibili
come le stelle allo spuntar del giorno.

(da Mortal Acts, Mortal Words, 1980 – Traduzione di Stefano Bernardinelli)

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Poeta attento alla natura e ai suoi eventi – non a caso è un affermato studioso di Walt Whitman – l’americano Galway Kinnell, Premio Pulitzer nel 1982, è anche affascinato dai contrasti, dagli opposti che vengono a contatto: come in questa poesia, in cui cielo e terra sembrano interscambiarsi nel tramonto quando le stelle marine migrano sul fango della bassa marea.

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FOTOGRAFIA © FREE WP

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LA FRASE DEL GIORNO
Forse la poesia è come il canarino che giace sul fondo della sua gabbia nella miniera: ci avverte di ciò che sta per accadere.
GALWAY KINNELL, Intervista a “The Cortland Review”, n. 17, agosto 2001




Galway Mills Kinnell (Providence, Rhode Island, 1 febbraio 1927), poeta statunitense. Premio Pulitzer 1982, seguace di Walt Whitman, rifiuta l'idea di cercare la realizzazione fuggendo nel mondo immaginario. 


domenica 13 gennaio 2013

La regina e il buffone

 

WISŁAWA SZYMBORSKA

OMBRA

La mia ombra è come un buffone
dietro la regina. Quando lei si alza,
il buffone sulla parete balza
e sbatte nel soffitto col testone.

Il che forse a suo modo duole
nel mondo bidimensionale.
Forse al buffone non va la mia corte
e preferirebbe un diverso ruolo.

La regina si sporge dal balcone
e dal balcone lui si butta giù.
Così hanno diviso ogni azione,
però a uno ne tocca assai di più.

Si è preso il merlo i gesti liberali,
il pathos con la sua impudenza
e tutto ciò per cui non ho la forza
- corona, scettro, mantello regale.

Lieve sarò, ah, nell’agitare il braccio,
ah, lieve nel voltare indietro il capo,
sire, nell’ora del nostro commiato,
sire, alla stazione ferroviaria.

Sire, in quel momento sarà il buffone
a sdraiarsi sui binari alla stazione.

(da Sale, 1962 – Traduzione di Pietro Marchesani)

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Ah, quanta ironia in questa poesia di Wisława Szymborska: il Premio Nobel polacco si prende in giro da sola, si affida al soffio leggero del disincanto, lontana anni luce dall’archetipo del poeta pedante e serioso. Senza dubbio, è il suo tratto distintivo: celare sotto l’apparentemente semplice, sotto il distaccato sorriso la domanda esistenziale, la riflessione profonda.

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FOTOGRAFIA © MATTHEW BOWDEN

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LA FRASE DEL GIORNO
Una persona spesso finisce con l'assomigliare alla sua ombra.
RUDYARD KIPLING




Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.


sabato 12 gennaio 2013

Altro amore perduto

 

JOSÉ ALBI

SONETTO DELL’ASSENZA

Mi senti, amore? C’è un rombo di treni,
o di follatrici o di trebbiatrici
che ti allontana da me. No, non dirmi
che te ne andrai per sempre. Le banchine

si sono svuotate. Io torno. Soffri
perché soffri, cuore. Non continuare,
non continuare ad andare. Altri affanni,
altro amore perduto se non vieni.

Ah, dolore, so cosa mi succede.
Senza te non è più mia la mia casa,
l’aria non si respira e non si scalda.

So che sei dentro di me, ma non basta
benché penetri nelle ossa, finché
continua la pena che provi tu.

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“C'è, scavata nell'aria, la tua dolce / forma di donna: un vuoto / che palpita di te come l'immoto / silenzio dopo una perduta voce”. È una poesia di Diego Valeri, che ben si presta a commentare il sonetto del poeta spagnolo José Albi: l’assenza dell’essere amato è un dolore che permane, che genera un’improvvisa e continua solitudine nella quale si riflette come in un labirinto di specchi la memoria.

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Peregrine-Heathcote-Paintings-01

DIPINTO DI PEREGRINE HEATHCOTE

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LA FRASE DEL GIORNO
Non andartene / amore / incontrami nel sogno / difendi la tua memoria / la mia memoria di te / che non voglio smarrire
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CLARIBEL ALEGRÍA, Saudade




José Albi Fita (Valencia, 1922 – Denia, 7 giugno 2010), poeta, critico letterario e traduttore spagnolo. A partire dagli anni Cinquanta apparve il suo vasto lavoro, così come il suo interesse per la critica letteraria, che iniziò a catturare nella rivista Cuadernos Literarios, che fondò nel 1954 .


venerdì 11 gennaio 2013

Dell’eterno puzzle

 

EDWIN ESTLIN CUMMINGS

TU SEI STANCA

Tu sei stanca,
(Credo)
Dell'eterno puzzle di vivere e agire;
Anch'io.

Vieni con me, allora,
E andiamocene molto lontano —
(Io e te soli, capito!)

Hai giocato,
(Credo)
E hai rotto i tuoi giocattoli più cari,
E ora sei un po' stanca;
Stanca di cose che si rompono —
Solo stanca.
Anch'io.

Ma vengo con un sogno negli occhi stasera,
E busso con una rosa alla porta del tuo cuore disperato —
Aprimi!
Ti mostrerò luoghi che Nessuno conosce
E, se vuoi,
I posti perfetti per dormire.

Ah, vieni con me!
Soffierò quella bolla meravigliosa, la luna,
Che galleggia sempre e un giorno
Ti canterò la canzone giacinto
Delle stelle probabili;
Mi avventurerò per le tranquille steppe del sogno,
Fino a trovare l'Unico Fiore,
che serba (credo) il tuo piccolo fiore
Quando la luna sorge dal mare.

(da Etcetera: the unpublished poems of E. E. Cummings, 1983)

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Di Edwin Estlin Cummings, poeta americano che era vezzosamente solito firmarsi e.e. cummings, scrivendo i suoi versi senza maiuscole e senza punteggiatura, abbiamo visto prove più mature e piene di eros, come Mi piace il mio corpo quand’è col tuo e di passione come Il tuo cuore lo porto con me. Ma in questa, che è chiaramente una poesia giovanile, possiamo intravedere come in filigrana lo stile futuro di Cummings, l’ardito uso delle immagini: la stoffa del poeta che resta in equilibrio tra il modernismo delle avanguardie e lo stile classico.

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ALISON MCDONAGH, “LOVERS AT SUNSET”

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore è la voce dietro tutti i silenzi, la speranza che non ha il contrario in un timore.
EDWIN ESTLIN CUMMINGS




Edward Estlin Cummings,  noto anche come e.e. cummings (Cambridge, 14 ottobre 1894 – North Conway, 3 settembre 1962),  poeta, drammaturgo, scrittore e saggista statunitense. È celebre per il suo uso poco ortodosso delle maiuscole e delle regole della punteggiatura, e per il fatto di servirsi delle convenzioni sintattiche in modo avanguardista e innovativo.


giovedì 10 gennaio 2013

Nel nostro specchio opaco

 

EUGENIO MONTEJO

RISVEGLIO

La luce distrugge i castelli
dove galleggiavamo in sogno;
lascia il suo odore di balena
nel nostro specchio opaco...
Vagabondavamo vicino a Saturno,
ora la terra gira più lentamente.
Tremiamo soli al centro del mondo
e apriamo la finestra
perché il giorno passi con la sua barca.
Stanotte abbiamo dormito in un paese lontano.

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Il sogno  - la “seconda vita” di Gérard de Nerval – è un territorio sconosciuto dalle leggi bizzarre ed elastiche: nel sonno siamo personaggi che recitano sul suo palcoscenico, diretti dall’inconscio, dalle memorie, dall’analisi degli avvenimenti accaduti durante il giorno. È come se il cervello elaborasse i dati quasi che fosse un computer ma li disponesse poi non in ordinati diagrammi ma in curiosi rebus. Ecco che il risveglio allora ci trova – come nota il poeta venezuelano Eugenio Montejo – rincasare da un viaggio, da un mondo lontano, dal quale ritorniamo sulla terra con tutto il peso dei nostri giorni..



SALVADOR DALÍ, “LA TENTAZIONE DI SANT’ANTONIO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il sogno è l’infinita ombra del Vero.
GIOVANNI PASCOLI, Poemi conviviali




Eugenio Montejo (Caracas, 1938 – Valencia, 5 giugno 2008), poeta e saggista venezuelano. Professore, universitario, fu diplomatico a Lisbona. La sua poesia si caratterizza per una forma ricca e testuale e per la padronanza delle forme. Nel 2004 ottenne il Premio Octavio Paz.



mercoledì 9 gennaio 2013

Un istante infinito

 

VICENTE GERBASI

GLI INNAMORATI

I visi degli innamorati, sul prato,
si voltano indifferenti, verso il tuono,
brillano nella pioggia
che fa tremare i fiori.

Tra peschi e mandorli,
che nel giro delle stagioni
si coprono di api,
gli innamorati
sono un istante infinito,
il sogno del tempo
sconvolto dalla sua stessa burrasca.

Il fulmine fugge via
tra le rose e i galli.

Il tempo sprofonda con rami e nuvole
nelle pozzanghere formate dalla pioggia
vicino agli innamorati
che eternamente dimenticano
la loro storia,
abbandonati al lampo
e a un sapore di miele silvestre.

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Gli innamorati vivono del presente: la loro vita è nello stare insieme in quell’eterno istante, che diventa infinito nell’amore. Sono quel lampo continuo in cui vivono la loro dolcezza, la loro realizzazione consiste in quella pienezza amorosa. Così li osserva, così li vede il poeta venezuelano Vicente Gerbasi: nel loro duale, nel loro essere unità formata da due entità, si isolano dal mondo fino a cancellare il tempo.

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PIERRE-AUGUSTE COT, “LE PRINTEMPS”

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LA FRASE DEL GIORNO
E tutto scorre in me e tutto cade, e tutto è un rumore, / un avvicinarsi e amare, e soffrire per l’amata / ricondurre tutto al sogno / e fare della terra un sogno
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VICENTE GERBASI




Vicente Gerbasi (Canoabo, 2 giugno 1913 - Caracas, 28 dicembre 1992), scrittore, poeta, politico e diplomatico venezuelano. Membro del Gruppo poetico Viernes, tentò un'indagine sistematica del linguaggio per indagare le peculiarità del paese, evidenziandone i connotati magici e la sua poetica cosmogonia.