venerdì 17 maggio 2013

Un pianto d’iridate parole

 

FRANCESCO PASTONCHI

L’ARTE

«Perché piango? Non so.
Io sono in me a giràndola:
basta un soffio. Noi donne è come un estro
che ci prende di piangere:
piangere, giù, e poi salire altezze
di gioia ch’è vertigine.
Voi non piangete? E ve ne date vanto?
Ma che è poesia se non un pianto
d'iridate parole?
Canta cuore che duole.
Ah, un giorno imparerò
anch’io quest’arte, in cui siete maestro,
di celate tristezze:
piangerò dentro, e forse ne morrò».

(da Versetti, Mondadori, 1931)

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Francesco Pastonchi, poeta ligure, non fu molto apprezzato dai critici del suo tempo, anche per la varietà del suo stile, indeciso tra decadentismo e D'Annunzio, tra Parnasso e alessandrini. In questi versi apprezzabile è lo stratagemma di far parlare una donna - con qualche stereotipo - per esprimere la sua concezione di poesia. Pastonchi la pensa come William Wordsworth, e dunque la poesia è il traboccare di forti sentimenti: il dolore, la passione, l’emozione sono come un pianto che rende visibile al mondo l'intimo tormento.

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301399

CLAUDE MONET, “MÉDITATION, MADAME MONET AU CANAPÉ”

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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta è un fingitore. / Finge così completamente / che arriva a fingere che è dolore / il dolore che davvero sente
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FERNANDO PESSOA, Il poeta è un fingitore




Francesco Pastonchi (Riva Ligure, 31 dicembre 1874 – Torino, 29 dicembre 1953), poeta e critico letterario italiano. La sua poesia si svolse in origine secondo modi parnassiani e soprattutto dannunziani, lontana da ogni vera intimità e sensualmente intesa alla ricerca della bellezza formale, facendosi con il tempo più malinconica e meditativa.


2 commenti:

Vania ha detto...

..la sento molto calorosa...molto melodiosa.

ciaoo Vania :)

DR ha detto...

un uomo che interpreta il pensiero di una donna che interpreta il pensiero di un uomo...