ALFONSO GATTO
C'ERA AI VETRI DI FREDDO DEL NATALE
C'era ai vetri di freddo del Natale
tra i graffi dei bambini anche il tuo nome.
Io bevevo il caffè, dicevo come
potrò vederla, càpita che il male
paziente all'improvviso m'allontani
nell'ansia dell'averti ove non sei.
Ma sei dovunque l'ora dei cortei
che passano, la festa del domani.
(da Poesie d’amore, Mondadori, 1973)
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Un bar di Roma, pochi giorni prima di Natale. Sui vetri ricoperti da uno strato di ghiaccio, i bambini si sono divertiti a scarabocchiare: tra quei ghirigori c’è anche un nome, un nome che è caro al poeta. E leggerlo mentre sorseggia un caffè lo conforta nella sua teoria: “Amare non è ragionare, non è credere, non è contrattare il possibile o azzardare l’ignoto. Amare è invocare fisicamente tutto l’essere per una goccia di vita, quale sia il sangue a irrompere o a tacere, come avviene nella morte. L’amore volta nell’impegno e nella riuscita del dono, nella volontà e nella grazia, e, in tal senso, deve toccarci” scrive infatti Alfonso Gatto nella prefazione apposta all’edizione del 1973 delle “Poesie d’amore”. Quell’assenza allora gli pesa, ma si trasforma nel desiderio dell’incontro.
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Willy Ronis, “Bar du vieux port”
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LA FRASE DEL GIORNO
Quello che si dice l'amore, quel ruvido scoprirsi e cercarsi, quell'aspro sapore uno dell'altro, tu sai, l'amore.
ITALO CALVINO, Prima che tu dica “Pronto”
Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.
1 commento:
..molto bella davvero.
ciao Vania
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