sabato 22 maggio 2010

Glicini e sambuchi


ANTONIA POZZI

ALTURA

La glicine sfiorì
lentamente
su noi.

E l'ultimo battello
attraversava il lago in fondo ai monti.

Petali viola
mi raccoglievi in grembo
a sera:
quando batté il cancello
e fu oscura
la via al ritorno.

11 maggio 1935

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Fotografia © Dapa19 (Licenza Gnu)

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ANTONIA POZZI

LA RAMPA

Vidi un'altissima luna
per dune di nebbia versarsi
in limpidi laghi
d'aria.

E il tuo sorriso mi cadeva in volto,
dall'alto,
da fresche fontane
dentro urne di pietra
grondanti:

mentre ai ginocchi ci serrava l'alito
giovane
dei sambuchi

e profondavano nell'ombra
lunghe scale
di terra.

14 maggio 1935

(da “Parole”, 1941)

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“Se le mie parole potessero essere offerte a qualcuno questa pagina porterebbe il tuo nome” è l’epigrafe posta da Antonia Pozzi prima della sua raccolta di poesie. A quell’amore divenuto impossibile, osteggiato dalla famiglia e troncato improvvisamente dall’amato, alla fine Antonia darà la sua vita, divenuta insopportabile, avvelenandosi.

Quando, a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, scrive queste due poesie, ha 23 anni: risalta una delicatezza che si intreccia al dolce clima di maggio, al sentore dei fiori profumatissimi delle glicini e dei sambuchi ma anche a una malinconia latente, alla tentazione per l’oscurità, all’abisso che si spalanca oltre una stradina di montagna.


Fotografia © Jeff Delonge (Licenza Gnu)

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LA FRASE DEL GIORNO
Fo
rse la vita è davvero / quale la scopri nei giorni giovani: / un soffio eterno che cerca / di cielo in cielo / chissà che altezza.
ANTONIA POZZI, Parole




Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.


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