FRANCESCO CHIESA
FINE DI GIUGNO
Papaveri, ciani, nel grano ch'è già tutto d'oro!
color della fiamma che ondeggia, del cielo che sta.
E tu, oro immenso… Oro folto che i solchi e i sentieri
dissimuli: grande che arrivi ai pampini e agli olmi!
Agli olmi onde scroscia la tempesta dell'ebbre cicale…
E voi, miti azzurri dispersi nell'oro, acri fuochi.
Papaveri, avvii d'una porpora miracolosa
che tessono in qualche lor selva dorata le fate.
Papaveri sparsi, come macchie d'eroico sangue
nell'aurea leggenda dei popoli, nel carme dei vati!
Nel gran che si muove tutto biondo, e le spighe già fanno
un fremere d'elitre vive, un sibilo immenso;
nel mar che diventa più colore di sole ogni giorno,
o boccioli, screzi di cielo! famiglia di fiamme!
Miti occhi cerulei di bimbi, di vergini: o ciani!
Azzurri, che par la festiva tua veste, o Madonna.
(da Fuochi di primavera, Formiggini, 1919)
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Semplicità idillica e sentimentale: è quello che i critici rilevano nell’opera del poeta ticinese Francesco Chiesa, autore dotto e longevo. L’idillio sicuramente si manifesta in questi otto distici che descrivono un campo di grano come un mare biondo dove galleggiano le macchie dei papaveri.
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FOTOGRAFIA © PXHERE
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LA FRASE DEL GIORNO
Il papavero e la spiga nascono dallo stesso grano.
ANTONIO MACHADO, Canzoniere apocrifo
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Francesco Chiesa (Sagno, 5 luglio 1871 – Lugano, 10 giugno 1973), poeta e insegnante svizzero. Laureato in Giurisprudenza, dopo un breve periodo alla procura di Lugano, passò all’insegnamento di lettere e storia dell’arte al liceo cantonale. Fondò la Piccola rivista ticinese e fu uno strenuo sostenitore della lingua italiana.