Paul Léautaud era uno spregiudicato scrittore parigino: visse per anni in solitudine in periferia partecipando alla vita dei salotti mondani e alle serate teatrali, recensendo con caustica onestà le rappresentazioni. Nel 1898, quando aveva 26 anni, iniziò un Diario letterario, che tenne fino alla morte, nel 1956. Detti, discorsi, aneddoti si susseguono dipingendo l’universo parigino di inizio Novecento tra usurai, finti nobili spiantati, scrittori da strapazzo, amanti, mariti e mogli tradite, bancarottieri. E Léautaud gira qua e là la sua lama affilata, il coltello della sua ironia, che diventa amaro sarcasmo quando si trova di fronte alla stupidità, strappando massime e sentenze che esprimono il disincanto e l’arguzia, che sanno molto spesso trasformarsi in una autoironia al contempo pungente e delicata, quando la riflessione diventa più intima. Insomma, un “moralista a rovescio” come egli stesso amava definirsi.
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da “PASSATEMPI”
Essere seri in gioventù, si paga, sovente, con una nuova giovinezza in età matura.
Mi alzo, come tutti, la mattina, ma è la sera che mi sveglio.
C’è una poesia nell’oblio come nel ricordo.
La povertà non è un vizio. Perbacco! Un vizio è piacevole.
Non avrei potuto essere un poeta lirico. Non sono abbastanza stupido.
Bisogna scrivere ciò che si è visto, ciò che si è inteso, ciò che si è provato, ciò che si è vissuto.
Succede in amore come in tutto il resto. Quel che abbiamo avuto è niente, è quello che non abbiamo che conta.
Ci sono certe cose che scrivo ma che non direi a voce.
Può darsi che il tradimento sia la caratteristica di un’intelligenza superiore, completamente affrancata da ideologie civili.
Non ho paura a dirlo: una società non è completamente civilizzata se non esiste la coscienza e la pratica dei doveri verso gli animali.
I bei libri tolgono il coraggio di scrivere, dicono. Che sciocchezza! Per me, almeno. Quando leggo un bel libro, il mio spirito si risveglia, le brutte fantasie scompaiono, scrivere mi appassiona più che mai. Quando leggo un libro insulso, prolisso, uno di quei libri che uno qualsiasi, oltre all’autore, avrebbe potuto scrivere, allora perdo l’illusione. Mi dico che quello che scrivo forse non vale di più. I bei libri tolgono il coraggio di scrivere? Come dire che una bella donna toglie il coraggio di fare all’amore.
È curioso: il tono dei libri di una volta mi piace di più che il tono dei libri di oggi. Con questi mi trovo spaesato, e ritrovo negli altri un paesaggio che mi è congeniale.
È curioso il meccanismo mentale di uno scrittore. Mi è capitato di avere dei grandi dispiaceri. Con la mia mania di scrivere tutto, li ho messi sulla carta. Mi sono subito consolato.
Mi trovano immorale, sovversivo, senza rispetto: non dico neppure un quarto, su ogni cosa, di quello che penso.
Mi sono fatto fare una giacca. Il sarto è così bene informato sul mio conto? Non mi ci ha fatto l’occhiello per la decorazione.
È curioso che sia sempre la donna a «concedere i suoi favori» all’uomo. Eppure si tratta di uno scambio di favori!
La vostra amante vi fa delle scenate spaventose. Vi salta al collo e vi graffia. Minaccia di strangolarvi. Vi copre d’ingiurie. Arriva al punto di augurarvi la morte. Vi spia e vi segue dappertutto. Non vi dà respiro. Che uomo fortunato: vi adora!
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Paul Léautaud ritratto da Henri Matisse
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LA FRASE DEL GIORNO
Singolare scrittore! Terminato il manoscritto, il piacere di avere scritto mi basta. Non ho alcuna fretta di darlo alle stampe. Poco ci manca che me lo tengo per me.
PAUL LÉAUTAUD, Passatempi
Paul Léautaud (Parigi, 18 gennaio 1872 – Le Plessis-Robinson, 22 febbraio 1956) è stato uno scrittore e critico teatrale francese. Il suo Journal presenta con forza epigrammatica un'acuta ed inclemente cronaca dei retroscena, non di rado miserevoli, della società letteraria ed artistica di Parigi.