E sono dieci. Dieci anni. Il Canto delle Sirene nacque esattamente il 12 gennaio 2008 alle cinque del pomeriggio, anche se con una diversa intenzione. Poi, con lo scorrere degli anni, ha assunto la connotazione di contenitore di poesie, quella che ha adesso e che – spero – lo fa apprezzare. La scelta è stata quella di percorrere i sentieri meno battuti, quelli dei poeti meno noti – anche italiani – senza però abbandonare la via più larga e facile, quella dei “grandi”. E infatti ci sono in questi dieci anni Karmelo C. Iribarren e Gloria Fuertes, Diego Valeri e Gaetano Arcangeli, ma non mancano Montale e Ungaretti, il canto V della Divina Commedia e L’Infinito di Leopardi.
Che altro dire? Dieci anni sono un bel traguardo, un punto di osservazione, ma da questo belvedere la strada prosegue. Come festeggiare allora? Non ho trovato modo migliore che una bella carrellata di poesie, ben dieci, una per anno, di quelle già pubblicate, con il rimando al post originale, se vi verrà voglia di andare a leggerlo. Qui sotto alcune delle intestazioni usate per il blog.
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EUGENIO MONTALE
NON RECIDERE, FORBICE, QUEL VOLTO
Non recidere, forbice, quel volto
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
Un freddo cala... Duro il colpo svetta.
E l'acacia ferita da sé crolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di novembre.
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ROBERT FROST
LA STRADA NON PRESA
Divergevano due strade in un bosco
Ingiallito, e spiacente di non poterle fare
Entrambe essendo uno solo, a lungo mi fermai
Una di esse finché potevo scrutando
Là dove in mezzo agli arbusti svoltava.
Poi presi l'altra, che era buona ugualmente
E aveva forse i titoli migliori
Perché era erbosa e poco segnata sembrava;
Benché, in fondo, il passar della gente
Le avesse invero segnate più o meno lo stesso,
Perché nessuna in quella mattina mostrava
Sui fili d'erba l'impronta nera d'un passo.
Oh, quell'altra lasciavo a un altro giorno!
Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
Dubitavo se mai sarei tornato.
Questa storia racconterò con un sospiro
Chissà dove fra molto molto tempo:
Divergevano due strade in un bosco e io...
Io presi la meno battuta,
E di qui tutta la differenza è venuta.
(Traduzione di Giovanni Giudici)
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LUCÍA RIVADENEYRA
DICONO
Dicono che un buon bagno
cancella tutto.
Io è da anni che mi bagno
mi strofino
mi arrosso
e non ho potuto strapparmi
le tue mani.
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ANA ROSSETTI
COME SAREBBE ESSERE TE
Questo è l'enigma, l'ansia travolgente
di conoscere, il desiderio irresistibile di gettare l’ancora
in te, di possederti.
Come sarebbe la perplessità di essere te,
il mistero, la malattia di essere te e sapere
Come sarebbe lo stupore di essere te, davvero te e
con i tuoi occhi vedermi.
Come sarebbe percepire che ti amo
Come sarebbe, essendo te, sentirmelo dire
E come sarebbe, allora, sentire quello che senti tu.
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ANTONIA POZZI
L’ALLODOLA
Dopo il bacio – dall'ombra degli olmi
sulla strada uscivamo
per ritornare:
sorridevamo al domani
come bimbi tranquilli.
Le nostre mani
congiunte
componevano una tenace
conchiglia
che custodiva
la pace.
Ed io ero piana
quasi tu fossi un santo
che placa la vana
tempesta e cammina sul lago.
Io ero un immenso
cielo d'estate
all'alba
su sconfinate
distese di grano.
Ed il mio cuore
una trillante allodola
che misurava
la serenità.
25 agosto 1933
(da Parole, 1939)
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PAUL ÉLUARD
UNA LIBBRA DI CARNE
Sono un uomo nel vuoto
Un uomo sordo cieco muto
Sopra un immenso piedistallo di silenzio nero
Nulla questo oblio senza limiti
Questo zero assoluto di uno zero ripetuto
La solitudine compiuta
Il giorno è senza macchia e la notte è pura
Qualche volta prendo i tuoi sandali
E cammino verso te
Qualche volta indosso la tua veste
E ho i tuoi seni e ho il tuo ventre
Allora mi vedo con la tua maschera
E mi riconosco
(da Poesie - Traduzione di Vincenzo Accame)
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WISŁAWA SZYMBORSKA
IN EFFETTI, OGNI POESIA
In effetti ogni poesia
potrebbe intitolarsi «Attimo».
Basta una frase
al presente,
al passato o perfino al futuro:
basta che qualsiasi cosa
portata dalle parole
stormisca, risplenda,
voli nell’aria, guizzi nell’acqua,
o anche conservi
un’apparente immutabilità,
ma con una mutevole ombra;
basta che si parli
di qualcuno
o di qualcuno accanto a qualcosa,
di Pierino che ha il gatto
o che non ce l’ha più;
o di altri Pierini
di gatti e non gatti
di altri sillabari
sfogliati dal vento;
basta che a portata di sguardo
l’autore metta montagne provvisorie
e valli caduche;
che in tal caso
accenni al cielo
solo in apparenza eterno e stabile;
che appaia sotto la mano che scrive
almeno un’unica cosa
chiamata cosa altrui;
che nero su bianco,
o almeno per supposizione
per una ragione importante o futile,
vengano messi punti interrogativi,
e in risposta -
i due punti:
(da Due punti, 2005 - Traduzione di Piero Marchesani)
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KARMELO C. IRIBARREN
LA DONNA DEI MIEI SOGNI
In tutte le città dove sono stato
mi è sembrato di vederti:
un autobus che parte
e che non riesco a prendere,
o un ascensore che si chiude,
o voltando un angolo
al calar della notte,
o in fondo,
tra fumo e voci,
in un bar dell’alba…
In ogni luogo, sempre,
la tua immagine appare
e scompare.
(da Serie B, 1998)
DEREK WALCOTT
L’AMORE DOPO L’AMORE
Verrà il momento
in cui, con gioia,
saluterai te stesso mentre arrivi
alla tua porta, nel tuo specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro,
dicendo: siediti qui. Mangia.
Amerai di nuovo l’estraneo che era in te.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, all’estraneo che ti ha amato
per tutta la vita, che hai ignorato
per un altro, che ti conosce a memoria.
Togli le lettere d’amore dallo scaffale dei libri,
le foto, gli appunti disperati,
sbuccia la tua immagine dallo specchio.
Siediti. Banchetta con la tua vita.
(Love after love, da Uve di mare, 1976 – Traduzione di Matteo Campagnoli)
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NIKIFÒROS VRETTÀKOS
POESIE PER LA STESSA MONTAGNA, II
Ti salivo, ti scendevo, carico
di cielo per i miei domani.
Le mie parole, calici, dovevano
riempirsi di luce. I miei versi,
vasi alla finestra di Dio.
(da Corale, 1988 - Traduzione di Gilda Tentorio)
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LA FRASE DEL GIORNO
Anniversario. Eco del tempo che passa.
PIERRE VÉRON, Il carnevale del dizionario