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Mario Rigoni Stern è morto lunedì sera nella sua casa di Asiago. Era nato nella città sull’Altipiano il 1° novembre 1921. La vita era difficile, la guerra aveva fatto evacuare i Sette Comuni, la gente stava ritornando dalle pianure e ricostruiva. «Per i lavori aiutavo in casa o nel negozio di generi alimentari che avevamo sulla piazza centrale del paese. Ma c’era anche da preparare la legna per l’inverno, tagliare il fieno…» raccontava.
Quella montagna gli rimase dentro, vi pensava anche quando era lontano, su altri monti, come quelli della Valle d’Aosta dove nel 1938, falsificando la data di nascita, frequentò la Scuola Militare di Alpinismo. O quelli dell’Albania e della Grecia, dove combatté nel 1940 e nel 1941. Vi pensava anche nel gelo della steppa russa, quando - sergente del Vestone - visse una delle più grandi ritirate della storia.
«La steppa era immensa, libera, senza fine né principio: erba, fiumi, girasoli, frumento, erba. Dov'era il nemico? Raffiche rabbiose di mitragliatrici tra le erbe secche, voragini di bombe nella terra nera e grassa, carri armati come fantasmi. Una notte mi persi tra erbe e stelle e inciampai all'alba nel corpo di un alpino con le scarpe al cielo. In settembre, con i resti della compagnia, rimasi isolato per giorni e giorni in un punto della terra con due inutili mitragliatrici. Si beveva l'acqua di una pozzanghera che poi, asciugata dal sole, mostrò i cadaveri dei nostri compagni».
Un ripiegamento in terra di Russia che sarebbe divenuto leggenda dopo lo sfondamento della sacca a Nikolajewka il 26 gennaio 1943. Raccontò di quella terribile esperienza:
«Il momento culminante della mia vita non è quando ho vinto premi letterari, o ho scritto libri, ma quando la notte dal 15 al 16 gennaio sono partito da qui sul Don con 70 alpini e ho camminato verso occidente per arrivare a casa, e sono riuscito a sganciarmi dal mio caposaldo senza perdere un uomo, e riuscire a partire dalla prima linea organizzando lo sganciamento, quello è stato il capolavoro della mia vita.... »
Vi pensava probabilmente anche nel Lager 1 B sui Laghi Masuri, dove fu internato dopo l’8 settembre 1943. Attraverso quei boschi che gli ricordavano casa ritornò a piedi ad Asiago nella primavera del 1945. Poteva capire perciò il viaggio raccontato da Primo Levi nella “Tregua”: ne divenne amico.
Dopo la guerra mise i suoi ricordi sulla pagina e nel 1953 pubblicò “Il sergente nella neve”, che divenne un caso letterario e rivelò uno scrittore che non ci si stanca di ascoltare, quasi che si fosse in una notte d’inverno in una baita di montagna davanti al camino, con tutto il calore e tutti gli aromi che sprigionano dalla legna.
Era legatissimo alle sue radici, Rigoni Stern, alla sua Asiago: ne conosceva ogni piccola storia, ogni casa, ogni persona e spesso ne raccontava nei suoi libri. Nei racconti del “Bosco degli urogalli” e di “Uomini, boschi e api”. Ma anche in “Storia di Tönle”, che vinse il Campiello nel 1978 o in “L’anno della vittoria”.
Ugualmente raccontava le sue memorie di guerra, da uomo che l’ha vissuta e che ha imparato a odiarla: memorabile “Ritorno sul Don”, quando sul principio degli Anni Settanta accettò l’invito di un’associazione sovietica e ripercorse i sentieri invisibili della mai dimenticata ritirata. Gli ex nemici ora erano amici che avevano condiviso la stessa esperienza.
Lo ricordo a maggio del 2006 nelle tribune dell’Adunata Nazionale degli alpini ad Asiago: non si era messo nella tribuna delle autorità, ma in quella riservata al pubblico. Ancora una volta aveva dimostrato quello che era: un sergente tra i suoi alpini.
Ciao, Mario!
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LA FRASE DEL GIORNO
I ricordi sono come il vino che decanta dentro la bottiglia: rimangono limpidi e il torbido resta sul fondo. Non bisogna agitarla, la bottiglia.
MARIO RIGONI STERN, Sentieri sotto la neve
Mario Rigoni Stern (Asiago, 1º novembre 1921 – 16 giugno 2008), scrittore italiano. I suoi testi, di cui il più noto è il romanzo Il sergente nella neve, piccola Anabasi di un gruppo di alpini italiani sul fronte del Don, nel secondo conflitto mondiale, hanno doti di freschezza e d'immediatezza lirica decantata in coscienza morale.