martedì 30 aprile 2019

La lucciola in amore


MIGUEL HERNÁNDEZ

LA LUCCIOLA IN AMORE

La lucciola in amore
brilla di più.

La donna senza l’uomo
spenta se ne va.

Spento cammina l’uomo
senza luce di donna.

La lucciola in amore
si vede già.


(da Cancionero e romancero de ausencias, 1939 - Traduzione di Gabriele Morelli)

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Una poesia sulla forza dell’amore, scritta nella disperazione del carcere dal poeta spagnolo Miguel Hernández, condannato dal regime franchista prima a morte e poi a trent’anni, ma che in carcere tra topi e privazioni, morirà di tubercolosi dopo pochi anni. Eppure Hernández si aggrappa all’amore nel suo Cancionero y romancero de ausencias, e ricorda che la lucciola, insetto che fa della bioluminescenza un segnale di attrazione sessuale, brilla di più quando è innamorata.

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FOTOGRAFIA © HHMI

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LA FRASE DEL GIORNO
Amore, la tua volta sopra / ed io sempre sotto, amore, / la sola luce, quest’ansia, / la sola illuminazione.
MIGUEL HERNÁNDEZ, Cancionero y romancero de ausencias




Miguel Hernández Gilabert (Orihuela, 30 ottobre 1910 - Alicante, 28 marzo 1942), poeta e drammaturgo spagnolo. Pastore, lasciò il gregge per dedicarsi alle lettere. Partigiano repubblicano durante la guerra civile, fu arrestato nel 1937: in carcere morì di tisi. Sebbene tradizionalmente lo si inquadri nella generazione del ‘36, è più vicino alla generazione precedente, quella del ‘27.


lunedì 29 aprile 2019

Nel vaso della poesia


ÁNGEL CRESPO

COSÍ NON VORREI

Come si tagliano
le rose, e le si mette
a morire nel limpido
vaso; e due ne fa il sole,
gira in tondo il mondo
– così non vorrei
sapere delle parole
che pongo nel vaso
della poesia, pensando
che un giorno potremo
guardarci attraverso. E in loro.


(da Il bosco trasparente, 1983)

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Come le rose tagliate dal ramo e poste nel limpido vaso di vetro così sono anche le parole che il poeta scrive cogliendo qua e là – dice Ángel Crespo: e come le rose che muoiono nella luce, così le parole, l’io poetico, che è mediazione necessaria e linguistica per arrivare a dire qualcosa che sia quanto più prossimo all’indicibile.

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ALBERT WILLIAMS, “UN VASO D’ARGENTO”

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia non mette i puntini sulle i ma le i sotto i puntini.
ÁNGEL CRESPO, Aforismi




Ángel Crespo (Ciudad Real, 18 luglio 1926 – Barcellona, 12 dicembre 1995), poeta e critico letterario spagnolo. Intellettuale della Generazione del '50, tradusse in spagnolo Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Fernando Pessoa. Dall'iniziale realismo esistenziale passò al postsurrealismo e poi all'umanismo trascendente.


domenica 28 aprile 2019

Il mare è nero


PHILIPPE JACCOTTET

PORTOVENERE

Di nuovo cupo il mare. Tu capisci,
è l’ultima notte. Ma chi chiamo? A nessuno
parlo, all’infuori dell’eco, a nessuno.
Dove strapiomba la roccia il mare è nero, e rimbomba
in una campana di pioggia. Un pipistrello
urta come stupito sbarre d’aria,
e tutti questi giorni sono persi, lacerati
dalle sue ali nere, a questa gloria
d’acque fedeli resto indifferente,
se ancora non parlo né a te né a niente. Svaniscano
questi “bei giorni”! Parto, invecchio, che importa,
il mare dietro a chi va sbatte la porta.


(da Il gufo, 1953  -Traduzione di Fabio Pusterla)

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Un senso di angoscia affiora da questi versi del poeta svizzero Philippe Jaccottet, chiaramente riferiti allo Spleen IV di Charles Baudelaire: “Quando la terra è trasformata in umida prigione / dove la Speranza, come un pipistrello,  / va sbattendo contro i muri la sua timida ala  /e picchiando la testa sui soffitti marci”. Jaccottet è a Portovenere, come ad Agrigento e altrove in Italia, non fa altro che “allenare stupidamente la malinconia, senza vedere granché o per lo meno senza imparare a vederlo”.

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FOTOGRAFIA © DIEKURZE70/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Mi rifiuto di fare del viaggio una specie di pellegrinaggio, giudicando che le cose non sono date che quando le si cerca più che quando ci si distoglie da esse.
PHILIPPE JACCOTTET, Attraverso un frutteto




Philippe_Jaccottet_1991_by_Erling_Ma[2]Philippe Jaccottet (Moudon, 30 giugno 1925), scrittore, poeta, traduttore e critico letterario svizzero di lingua francese. La sua poesia si sforza di trovare una relazione con la natura e il mondo, cercando di preservare l’emozione di fronte alle cose viste, lavorando ora sul percepito ora sul sentito.


sabato 27 aprile 2019

Di vinco in vinco


PIERLUIGI CAPPELLO
LA LUCE TOCCATA

A Chiusaforte Silvio intrecciava canestri
con mezzo cuore e il cuore dei bambini intorno
io dico ti ho visto nella mia veglia
nel respiro acceso dell’alba
tra il fischio e il silenzio
e le dita andavano di vinco in vinco
come un’acqua nervosa, una spiegazione raccolta
nel tempo dietro questo tempo a mezza veglia
siamo venuti, io con le pupille di bimbo
e allora trattieniti adesso che torno
dentro il tuo odore di povero
nei boschi dove andiamo si dice con lo sguardo
le labbra un profilo chiuso, il passo un passo radicato
qui, dove sono ora, nel battito del giorno alla finestra
nel sonno lasciato, nel millesimo di me
dove ogni debolezza è stata offerta
la pietra aperta, la luce toccata.


(da Azzurro elementare, Rizzoli, 2013)

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“Silvio era un anziano che sbarcava il lunario intrecciando gerle e canestri. È mancato nel 1978, credo; due anni dopo il terremoto che ha colpito il Friuli. Le sue dita erano ritmo, un andare e tornare sul bianco del vinco che incantava i bambini”: lo stesso Pierluigi Cappello spiega i contorni di questo ritratto, quello di un artigiano che svolgeva con perizia il suo lavoro e che incarnava una società che è andata lentamente scomparendo. L’idea di Cappello attraverso questi versi era “di restituire una veglia, una possibilità d’incontro in quella terra solida e incerta che è il sogno” perché “ricordare significa fare ritorno in cuore”.

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FOTOGRAFIA © CAROPAT/PIXABAY


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LA FRASE DEL GIORNO
Noi dobbiamo, anzi, siamo tenuti, chi scrive soprattutto e chi scrive poesia in particolare, a dare delle risposte ai nostri morti, in un certo senso; dobbiamo darle, queste risposte, semplicemente per il fatto che le nostre azioni si inscrivono nelle loro.
PIERLUIGI CAPPELLO, Azzurro elementare




CappelloPierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1º ottobre 2017), poeta italiano. La sua vita è stata gravemente segnata da un incidente stradale occorsogli quando aveva sedici anni: dallo schianto della sua moto contro la roccia uscì con il midollo spinale reciso e una perenne immobilità. Ha scritto numerose opere, anche in lingua friulana.


venerdì 26 aprile 2019

Una vita più vera


GIOVANNI GIUDICI

DAL CUORE DEL MIRACOLO

Parlo di me, dal cuore del miracolo:
la mia colpa sociale è di non ridere,
di non commuovermi al momento giusto.
E intanto muoio, per aspettare a vivere.

Il rancore è di chi non ha speranza:
dunque è pietà di me che mi fa credere
essere altrove una vita più vera?
Già piegato, presumo di non cedere.


(da La vita in versi, Mondadori, 1965)

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Prigioniero di una società in cui appare come un pesce fuor d’acqua – la poesia è degli Anni ‘60 ma potete attualizzarla con i social e i troll, i leoni da tastiera e gli haters, con la televisione che langue nel marcio pantano dei Grandi Fratelli e dei programmi contenitori urlati e pieni di vuoto – il poeta Giovanni Giudici rivendica la sua posizione nell’attesa di un possibile o impossibile superamento del banale.

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DIPINTO DI OTTO DIX

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LA FRASE DEL GIORNO
Essere umani può anche significare rassegnarsi. / Ma essere più umani è persistere a darsi.
GIOVANNI GIUDICI, O beatrice




Giovanni Giudici (Porto Venere, 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011), poeta e giornalista italiano. Della sua formazione cattolica e del suo lavoro nell'industria ha fatto i poli di una tensione che lo trascende e caratterizza il suo impegno civile. Numerose le sue traduzioni: Frost, Sylvia Plath, Orten, Pound, Ransom e Puškin.


giovedì 25 aprile 2019

La guerra non è mai finita


PRIMO LEVI

PARTIGIA

Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?

Molti dormono in tombe decorose,
quelli che restano hanno i capelli bianchi
e raccontano ai figli dei figli
come, al tempo remoto delle certezze,
hanno rotto l’assedio dei tedeschi
là dove adesso sale la seggiovia.

Alcuni comprano e vendono terreni,
altri rosicchiano la pensione dell’Inps
o si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c’è congedo.

Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sarà duro,
ci sarà duro il giaciglio, duro il pane.

Ci guarderemo senza riconoscerci,
diffidenti l’uno dell’altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
perché nell’alba non ci sorprenda il nemico.

Quale nemico? Ognuno è nemico di ognuno,
spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
la mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non è mai finita.

23 luglio 1981

(da Ad ora incerta, 1984)

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Molti anni sono passati dalla Liberazione e sempre meno sono i reduci di quella guerra, ormai i testimoni diretti hanno superato i novant’anni. E proprio per questo bisogna testimoniare, ricordare – perché la memoria nei giovani d’oggi non vada perduta. Questo 25 aprile la testimonianza è affidata a una poesia di Primo Levi.

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LA FRASE DEL GIORNO
La libertà è come la poesia: non deve avere aggettivi, è libertà.

ENZO BIAGI




Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987), scrittore, partigiano e chimico italiano, autore di racconti, memorie, poesie e romanzi. Arrestato dalla milizia fascista il 13 dicembre 1943, fu rinchiuso nel campo di Fossoli e poi ad Auschwitz. Raccontò la terribile esperienza in Se questo è un uomo, La tregua e I sommersi e i salvati.


mercoledì 24 aprile 2019

Le colonne del Palladio


ADAM ZAGAJEWSKI

MATTINA A VICENZA

           In memoria di Iosif Brodskij e Krzysztof Kieslowski

Il sole era così fragile, così giovane,
che un po’ temevamo per lui; un gesto distratto
poteva scalfirlo, persino un grido – se qualcuno avesse
gridato – poteva minacciarlo; solo alle rondini in volo
dalle ali temprate, come fuse in uno stampo di ghisa,
era concesso stridere forte, poiché la loro infanzia
era stata breve, colma d’affanno, in nidi d’argilla,
insieme ai fratelli, minuscoli, folli pianeti,
neri come more silvestri.

Nel piccolo caffè un cameriere assonnato – sotto i suoi occhi
confluivano le ultime ombre della notte – cercava spiccioli
in una tasca fonda, e il caffè profumava solenne
d’inchiostro di stampa, di dolcezza, d’Arabia. Nel cielo turchino
la promessa di un lungo meriggio, di un giorno infinito.
Ti guardavo come se fosse la prima volta.
Persino le colonne del Palladio
parevano sorte in quell’istante, emerse dalle onde dell’alba
come Venere, la tua sorella maggiore.

Iniziare di nuovo, contare le perdite, contare i caduti,
iniziare un nuovo giorno, anche se non ci siete più, tu,
che due volte abbiamo seppellito e pianto
– hai vissuto due volte più degli altri, in due continenti,
in due lingue, nella realtà e nella fantasia –, e tu, dal viso affilato,
e dallo sguardo che ingrandiva oggetti e cuori (sempre troppo minuscoli).
Non ci siete e per questo noi ora condurremo una duplice vita,
nella luce come nell’ombra, nell’abbagliante sole del giorno
e nel freddo dei corridoi di pietra, nel lutto e nella gioia.


(da Dalla vita degli oggetti, Adelphi, 2012 – Traduzione di Bruno Fonzi)

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Il poeta polacco Adam Zagajewski dipinge un paesaggio con riferimenti precisi, persino la luce di primavera che discende fragile e poi promette lo splendore del pomeriggio: e in questa mattinata vicentina del 1996 inserisce con forza il ricordo di due amici scomparsi proprio in quell’inverno: il poeta russo Iosif Brodskij, morto a New York il 28 gennaio e il regista polacco Krisztof Kieslowski, morto il 13 marzo a Varsavia.

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VICENZA, BASILICA PALLADINA – FOTOGRAFIA © FEDERICA DI MARCO

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LA FRASE DEL GIORNO
Nelle città straniere c’è una gioia sconosciuta, / la fredda felicità di un nuovo sguardo.
ADAM ZAGAJEWSKI, Della vita degli oggetti




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945) è un poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.


martedì 23 aprile 2019

Di cielo e mare


ROBERT CREELEY

MARE


Sempre
per dormire,
l’acqua che ritorna.

*

Lo scoglio resta ritto,
pensando.

*

Bambino e cane
costeggiano
la spiaggia.

*

Torna, prima
onda che ho visto.


*

Un anziano
vicino all’acqua, pantaloni
marroni arrotolati,
gambe e capelli bianchi.

*

Leggere nuvole
velate cominciano
ad andare alla deriva
sopra il sole
impercettibilmente.


*

Bastone conficcato
nella spiaggia, scarpe,
maglione, sigarette.


*

Non c’è altra casa
dove andare.


*

Ma quella linea,
di cielo e mare,
è qualcos’altro.


*

Addio, acqua -
fino a un altro giorno.


(da Più tardi, 1979)

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Con quello che L.M. Rosenthal definisce “un ritmo personale, nel senso che la scoperta di un equivalente esterno dell’io narrativo è sentita come il vero oggetto della poesia” il poeta statunitense Robert Creeley descrive il mare attraverso una serie di sensazioni originate dall’osservazione.

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FOTOGRAFIA © CELICODE

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LA FRASE DEL GIORNO
Spero di scrivere quello che non so.
ROBERT CREELEY




Robert Creeley (Arlington, Massachusetts, 21 maggio 1926 – Odessa, Texas, 2 aprile 2005), poeta statunitense, tra i maggiori esponenti della lirica postmoderna. Viaggiò in Europa e Asia vivendo per quarant’anni in Giappone, dove apprese la filosofia buddhista e lo zen. È spesso accostato ai poeti della Black Mountain, pur essendone lontano stilisticamente.


lunedì 22 aprile 2019

L’ala o il coltello


JOSÉ ÁNGEL VALENTE

L’ANGELO


All’alba,
quando la durezza del giorno ci è ancora estranea
torno a incontrarti alla frontiera esatta
oltre la quale la notte si allontana.

Riconosco la tua oscura trasparenza,
il tuo volto invisibile,
l’ala o il coltello contro cui ho lottato.

Vai o ritorni o riappari
al confine estremo, signore
dell’indistinto.
                         Non separare
l’ombra dalla luce che ha generato.


(da Materiale memoria, 1979)

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Il territorio chiaro e assieme incomprensibile dell’alba, del risveglio, del passaggio dallo stato del sonno a quello della coscienza, è una frontiera in cui spesso galleggiamo tra sogno e reale, tra l’oscurità misteriosa della notte e la luce del giorno: così in quello spazio intermedio il poeta spagnolo José Ángel Valente si trova faccia a faccia con l’angelo, figura che resta confinata nell’inconscio.

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KATHY MORTON STANION, "DARK ANGEL"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il risveglio, l’alba: modo e luogo di ciò che appare, di ciò che è pura e assoluta intensità della manifestazione prima di entrare nell’ordine dei significati.
JOSÉ ANGEL VALENTE, La pietra e il centro




ValenteJosé Ángel Valente (Orense, 25 aprile 1929 - Ginevra, 18 luglio 2000) fu un poeta, saggista e traduttore spagnolo. Accostato al Gruppo poetico dei ‘50, dal 1966 evolve verso una poesia più esistenziale e influenzata dalla mistica.


domenica 21 aprile 2019

Nell’uovo di Pasqua


CARLA KRAUS

I BACI NELL’UOVO DI PASQUA

Dopo averti atteso
tanto tempo
alla fine sei arrivato
                         e con avidità
hai controllato uno dopo l’altro
i regali di Pasqua
poi hai detto addio
la delusione quasi mi spezza il cuore
così mi hai abbandonata
grossista dell’amore
un rappresentante
che ha i sentimenti nel portafogli
e le mie tre uova di Pasqua colorate.


(da Résumé, 1990)

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Un amante egoista e insensibile, un bambino viziato è quello che si ritrova per le mani la poetessa austriaca Carla Kraus: avido e insolente, incapace alla fine d’amore. Non siate così, voi che amate: condividete il vostro uovo e la vostra Pasqua con coloro ai quali volete bene.

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CARTOLINA VINTAGE © CELICODE

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LA FRASE DEL GIORNO
La gente è affamata d’amore perché siamo troppo indaffarati, aprite i vostri cuori oggi, nel giorno del Signore risorto, e amate come non avete mai fatto..
MADRE TERESA DI CALCUTTA




Carla Kraus (Vienna, 23 dicembre 1940). Poetessa austriaca. Laureata in Giurisprudenza, ha affiancato la poesia e la novellistica alla carriera di avvocato e di investigatrice. È redattrice del Foro Letterario Austriaco e di Zenit.


sabato 20 aprile 2019

Dove si ritrova il mare


UMBERTO SABA

PIÙ SOLI

Giungemmo dove si ritrova il mare,
con spiagge solitarie, onde turchine.
Dai due arsenali, da tante officine,
da Trieste che amiamo attraversare

tutta al ritorno, sempre più lontani,
e più nostri, in più deserta riviera.
Sopra uno scoglio nella rossa sera
seduti accanto, non l’abbandonavo
con lo sguardo, ma sempre l’affondavo,
sempre più invano nei suoi occhi strani
di luna che tra le nubi viaggia;
che mentre intorno a un’anima selvaggia
e ad una bella persona m’affanno,
i suoi pensieri chi sa dove vanno!

Da una nave tra molte altre ormeggiata
venne un suon di fanfara e si distese;
nei suoi occhi una lacrima s’accese,
rifulse sulla guancia imporporata.


(da Trieste e una donna 1910-1912, Mondadori, 1950)

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Due innamorati, Umberto Saba e la sua giovane moglie, Carolina Wölfler, che nelle sue poesie è semplicemente Lina. Ma la protagonista assoluta di questi versi è la città, Trieste, che emerge dal panorama per stagliarsi con le sue spiagge e le sue fabbriche marinare, con i suoi moli e le sue vie: “Né a te dispiaccia, amica mia, se amore / reco pur tanto al luogo ove son nato. / Sai che un più vario, un più  / movimentato / /porto di questo è solo il nostro cuore”.

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TRIESTE, MOLO AUDACE - FOTOGRAFIA © TRIESTE RACCONTA TRIESTE

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LA FRASE DEL GIORNO
La mia città che in ogni parte è viva, / ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita / pensosa e schiva.
UMBERTO SABA, Trieste e una donna




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.

venerdì 19 aprile 2019

Uomo tra gli uomini


MARIO LUZI

PADRE MIO, MI SONO AFFEZIONATO ALLA TERRA

Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.
Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi delirante,
accoglilo come un desiderio d’amore,
non guardare alla sua insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà
eppure talvolta l’ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.
Quando saremo in cielo ricongiunti
sarà stata una prova grande
ed essa non si perde nella memoria dell’eternità.
Ma da questo stato umano d’abiezione
vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina,
ahi, Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.
Qui termina veramente il cammino.
Il debito dell’iniquità è pagato all’iniquità.
Ma tu sai questo mistero. Tu solo.


(da La Passione. Via Crucis al Colosseo, Garzanti, 1999)

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Un Gesù umano è quello che muore sulla croce nel Venerdì santo nella Passione che Mario Luzi scrisse per la Via Crucis al Colosseo della Pasqua 1999: un monologo con il Padre in cui risalta tutta la sua umanità e l’amore per gli uomini, soprattutto per i piccoli, i poveri, gli emarginati, lontano dai palazzi del potere e vicino alla polvere.

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SIMON VOUET, "CRICIFISSIONE", 1632 - GENOVA, CHIESA DEL GESÙ

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LA FRASE DEL GIORNO
“Perché Padre mi hai abbandonato?”. È il suo ultimo grido umano. È di uomo infatti l'estremo pensiero del Figlio dell'uomo sulla terra.
MARIO LUZI, La Passione. Via Crucis al Colosseo




Mario Luzi (Castello di Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005), poeta italiano, fu uno dei grandi rappresentanti dell’Ermetismo. Più volte candidato al Nobel, fu insignito della Legion d’Onore. Fu Accademico della Crusca e senatore a vita.


giovedì 18 aprile 2019

Centenario di Juan Rodolfo Wilcock


Cento anni fa come ieri, il 17 aprile del 1919 nasceva a Buenos Aires Juan Rodolfo Wilcock: da giovane fu nella cerchia di Jorge Luis Borges e fu critico letterario e traduttore. Nel 1957 si stabilì in Italia, dove era stato per la prima volta nel 1951. Riuscì a cambiare immediatamente pelle e a scrivere in italiano, con eleganza e leggerezza, con quello che Elio Pecora definì “un timbro agrodolce”.
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JUAN RODOLFO WILCOCK INTERPRETA CAIFA NEL “VANGELO SECONDO MATTEO” DI PASOLINI

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A MIO FIGLIO

Abbi fiducia nella vita
e non nelle ideologie;
non ascoltare i missionari
di quest’illusione o quell’altra.

Ricorda che c’è una sola cosa
affermativa, l’invenzione;
il sistema invece è caratteristico
della mancanza d’immaginazione.

Ricorda che tutto accade
a caso e che niente dura,
il che non ti vieta di fare
un disegno sul vetro appannato,

né di cantare qualche nota
semplice quando sei contento;
può darsi che sia un bel disegno,
che la canzone sia bella:

ma questo non ha certo importanza,
basta che piacciano a te.
Un giorno morirai; non fa niente,
poiché saranno gli altri ad accorgersene.

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AMANTI

L’amore che fa dolce chi aspro era
non si concede ai gregari.
L’amore che ordina le varie percezioni
non resiste alle musiche volgari.
L’amore che fa azzurri l’acqua e l’aria
non può tutto transustanziare.
L’amore che dà senso al mondo esterno
ama il silenzio, la solitudine, il mare


Tu fuso di fuoco interno,
casta rosa radioattiva,
che il transitorio in eterno
muti nella fiamma viva,
effluvio della materia
per te spirito rifatta,
e della nostra miseria
singola ricchezza astratta,
tu brace di ghiaccio emani
la tua immortalità
solo a chi ha pure le mani
dalla comune viltà.

(da Poesie, Adelphi, 1980)

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore che dà senso al mondo esterno / ama il silenzio, la solitudine, il mare.
JUAN RODOLFO WILCOCK, Poesie




Juan Rodolfo Wilcock (Buenos Aires, 17 aprile 1919 – Lubriano, 16 marzo 1978), poeta, scrittore, critico letterario e traduttore argentino naturalizzato italiano. La sua vita può essere divisa in due parti: quella vissuta in Argentina fino al 1957, con sei raccolte, e quella successiva, a Roma e Lubriano. Scrisse in spagnolo e italiano.


mercoledì 17 aprile 2019

Notre-Dame


FRANCIS CARCO

SOTTO LE TORRI DI NOTRE-DAME

Sotto le torri di Notre-Dame
La Senna scivola tra i moli.
Ah! il lieto grazioso mughetto!
Chi non ne ha un piccolo mazzetto?

Su, fiorite, voi, mie Signore!
Ma eri tu che io evocavo
Sul piazzale di Notre-Dame;
Dunque non tornerai mai più?
Ecco il dolce mese di maggio…

Io ricordo la bella estate,
Dei bateaux-mouches lungo il fiume
E le nostre notti alla Cité.
Ahimè! Con vento, pioggia o grandine,
Il mio dolore è sempre nuovo:
Lei cammina al mio fianco

Nei Giardini del Lussemburgo,
Foglie cadono a centinaia
E sento battere il tamburo
Mentre vagabondo
Tra le ombre incerte
Che mi ricordano i nostri amori

Dalla mia stanza al Quai aux Fleurs,
Vedo andare, sotto i teloni,
Chiatte dai vivaci colori
Mentre un piccolo rimorchiatore
Ansima, tira, fatica e sputa,
Risalendo controcorrente,

L´acqua salmastra del mio dolore…


(da La bohéme e il mio cuore, 1929)

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Abbiamo tutti negli occhi le terribili immagini della devastazione che il fuoco ha portato a Notre-Dame, uno dei simboli di Parigi e della cristianità, elemento non solo della silhouette parigina ma anche di quella dei nostri cuori. Ho scelto per celebrare la cattedrale ferita questa poesia dello scrittore francese Francis Carco: versi forse pieni di luoghi comuni, dai bateaux-mouche ai Giardini del Lussemburgo, dalla Senna alla Cité, ma capace forse proprio per questo di emozionarci.

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NOTRE DAME DE PARIS – FOTOGRAFIA JOE DE SOUSA/FLICKR - PUBBLICO DOMINIO

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LA FRASE DEL GIORNO
Sul marmo opaco di Notre-Dame le nuvole stendono un baldacchino d'argento antico: e i festoni enormi di edere ricadenti verso l'acqua sbalzano fregi di bronzo verde alla cintura di pietra della Senna.
LEONE TRAVERSO




Francis Carco, pseudonimo di François Carcopino-Tusoli, noto anche come Jean d'Aiguières (Noumea, Nuova Caledonia, 3 luglio 1886 – Parigi, 26 maggio 1958),  scrittore francese che ambientò le sue opere tra bassifondi parigini e vita bohèmienne di inizio Novecento. Fu narratore e poeta di scuola definita fantaisiste.




martedì 16 aprile 2019

La misura e la linea


EDWIN ARLINGTON ROBINSON

TROPPO CAFFÈ

Insieme lungo le ombre infinite
Sfidano la caduta inesorabile:
La Misura che mai è stata segnata,
La Linea che non è stata tracciata.


(da Poesie e prose non raccolte, 1975)

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La Misura e la Linea, l’ansia umana di misurare ogni cosa e di rinchiuderla nei riquadri e nelle catalogazioni non avrà mai fine: il poeta statunitense Edwin Arlington Robinson, che negli Anni ‘20 del Novecento contese la grandezza di Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot e Robert Frost sa che ogni risposta a una domanda ne genera subito altre e che fortunatamente non saremo mai in grado di comprendere.

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DIPINTO DI VICTOR VASARELY

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LA FRASE DEL GIORNO
Oh, un poeta – oh, un faro luminoso!

EDWIN ARLINGTON ROBINSON, Figli della notte




Edwin Arlington Robinson (Head Tide, Maine, 22 dicembre 1869 – New York, 6 aprile 1935)  poeta statunitense. Vinse per ben tre volte il Premio Pulitzer per la poesia e godette dell'appoggio e della stima del presidente Theodore Roosevelt. La trilogia sul ciclo arturiano, composta da Merlino (1917), Lancillotto (1920) e Tristano (1927), attrasse un vasto pubblico e un ampio consenso della critica.


lunedì 15 aprile 2019

Questo istante assopito


ANA MONTOJO

IL PRESENTE

Tutto ciò che scrivo oggi sarà plagio
dell’anonimo verso endecasillabo
che il tuo respiro versa sulla spalla
per cancellarmi il nome e la coscienza,
tutte le età, le colpe e le paure,
l’evidenza del passato e il futuro
che non voglio sognare se si rompe.

Sono solo questo istante assopito
nel caloroso abbraccio del presente.

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Carpe diem. Si ritorna ancora lì all’oraziano attimo fuggente in cui si sta bene, nel quale si assapora la vita spensierata. Lo fa anche la poetessa spagnola Ana Montojo, perché "ci sono certi piccoli istanti minuti / silenziosi, discreti, / dei quali non si parla / e che non meritano nemmeno uno sguardo / ma che restano incisi come cicatrici".

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BERT HARDY, “SUNDAY IN PARIS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando è tempo di stringere la cinghia / è bene riciclare i sentimenti / e non uscire a dilapidarli.
ANA MONTOJO





Ana Montojo Micó (Madrid, 7 maggio 1949), poetessa spagnola. Ha pubblicato la sua prima raccolta “La nebbia del tempo” nel 2010, premiata con il Blas de Otero. cui è seguita “Piante da interno” (2012). Del 2014 è il primo romanzo, “Memorie di una ragazza-bene”.


domenica 14 aprile 2019

Amate la terra


WENDELL BERRY

MANIFESTO: IL FRONTE DI LIBERAZIONE DEL CONTADINO PAZZO

Amate il guadagno facile, l’aumento annuale di stipendio,
le ferie pagate. Desiderate sempre più
cose confezionate. Abbiate paura
di conoscere i vostri vicini, e di morire.
E avrete una finestra nel pensiero.
Nemmeno il vostro futuro sarà più un mistero,
la vostra mente sarà perforata in una scheda
e messa via in un cassetto.
Quando vi vorranno far comprare qualcosa
vi chiameranno. Quando vi vorranno
far morire per il profitto ve lo faranno sapere.

Ma voi amici, ogni giorno, fate qualcosa
che non possa entrare nei calcoli. Amate il Signore.
Amate la terra. Lavorate gratuitamente.
Prendete tutti i vostri averi e siate poveri,
amate qualcuno che non lo merita.
Denunciate il governo, e abbracciate
la bandiera. Sperate di vivere
in quella repubblica libera che essa rappresenta.
Approvate tutto ciò che non capite
e lodate quest’ignoranza, perché ciò che l’uomo
non ha incontrato non ha distrutto.

Fate domande che non hanno risposta.
Investite nel millennio. Piantate sequoie.
Dite che il vostro raccolto principale è la foresta
che non avete piantato
e che non vivrete per raccogliere.
Dite che le foglie si raccolgono
quando marciscono nella terra.
Chiamate questo profitto. Profetizzate questo di ricavo.

Ponete la vostra fiducia nei cinque centimetri di humus
che si formeranno sotto gli alberi
ogni mille anni.
Ascoltate le carogne: accostatevi l’orecchio
vicino per sentire il fievole chiacchiericcio
delle canzoni a venire.
Aspettatevi la fine del mondo. Ridete.
Il riso è incalcolabile, siate gioiosi
pur considerando ogni questione.
Finché le donne non si svenderanno per il potere,
sostenete le donne più che gli uomini.
Domandatevi: questo potrà dar gioia
alla donna che è contenta di aspettare un bambino?
Disturberà il sonno della donna
che sta per partorire?

Andate col vostro amore nei campi.
Stendetevi tranquilli all’ombra. Posate la testa
sul suo grembo. Giurate fedeltà
alle cose più prossime ai vostri pensieri.
Non appena i generali e i politicanti
sapranno prevedere i movimenti della vostra mente,
abbandonateli. Lasciateli come segnali
per indicare la falsa traccia, la via
che non avete preso. Siate come la volpe,
che lascia più tracce del necessario,
alcune nella direzione sbagliata.
Praticate la resurrezione.

(da The Country of Marriage, 1973 - Traduzione di Paolo Severini)

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Wendell Berry, poeta-contadino che coltiva cereali nel Kentucky, ha una visione ambientalista del mondo: una buona vita sarebbe quella che comprende un’agricoltura sostenibile e rinuncia al capitalismo sfrenato in nome della frugalità, del riguardo nei confronti della terra, favorendo il buon lavoro e il rispetto della vita, l’economia locale e la società rurale. Tutto ciò che minaccia questo modo di vivere dunque non può essere che male: l’industrializzazione estrema, la violenza, il globalismo, le politiche economiche, la distruzione della terra. Il modello da seguire è dunque quello suggerito da questo “manifesto”, che guida a vivere secondo natura.

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MARTIN DRISCOLL, “FATTORE E CANE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Che noi o i nostri politici lo sappiamo o no, la natura è parte di tutti i nostri affari e decisioni, e ha più voti, più memoria e un senso di giustizia più severo del nostro...
WENDELL BERRY




Wendell Erdman Berry (Henry County, Kentucky, 5 agosto 1934), poeta, narratore e ambientalista statunitense. Dal 1965 vive in una fattoria di 50 ettari,Lane’s Landing, dove coltiva grano e cereali. La sua poesia non poteva che essere elegiaca e pastorale.


sabato 13 aprile 2019

Lo distruggeranno


IDEA VILARIÑO

POVERO MONDO

Lo distruggeranno
lo faranno a pezzi
alla fine scoppierà come una bolla
o esploderà glorioso
come una santabarbara
o più semplicemente
sarà cancellato come
se una spugna bagnata
cancellasse il suo posto nello spazio.
Forse non ci riusciranno
forse lo ripuliranno
gli cascherà la vita come fossero capelli
e rimarrà a girare
come una sfera pura
sterile e mortale
o in modo meno splendido
andrà per i cieli
decomponendosi adagio
come un’unica piaga
come un morto.


(da Povero mondo
, 1966 – Traduzione di Martha Canfield)

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La salvaguardia ambientale è spesso all’ordine delle cronache – l’ultima manifestazione è stata quella assai strumentalizzata della piccola Greta Thunberg: eppure, dobbiamo renderci conto, soprattutto i paesi che inquinano impunemente a destra e a manca che non c’è alternativa alla distruzione di questa Terra, come dice anche la poetessa uruguaiana Idea Vilariño – addirittura nel 1966. Il nostro futuro o appartiene a un mondo ripulito e ecosostenibile o non sarà.

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FOTOGRAFIA © GALLERY NEED

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LA FRASE DEL GIORNO
Inquinamento, contaminazione, desolazione, sono parole che non sarebbero mai state create se l'uomo fosse vissuto secondo natura.
JOHN MUIR




Idea Vilariño (Montevideo, 18 agosto 1920 – 28 aprile 2009), poetessa, saggista e critica letteraria uruguaiana. Appartenne al gruppo della Generazione del ‘45 con Juan Carlos Onetti e Mario Benedetti. Le sue poesie sono spesso caratterizzate da una introspezione intima. Pur accettando i premi conferiti, rifiutò di rilasciare interviste, di fare promozione ai propri libri e di commentare la sua poetica.




venerdì 12 aprile 2019

La sua ombra tra le altre


GIUSEPPE UNGARETTI

NOTTE

Il ragazzo
che nelle vene ha i fiumi
di tante umanità diverse
è scappato
dalle cornici dove
adornava
il suo dolce tempo perduto
smarrisce
la sua ombra tra l’altre.


San Michele, il 14 agosto 1916


(da Altre poesie ritrovate, in Vita d’un uomo. Tutte le poesie, Mondadori, 1969)

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Il 10 gennaio del 1917 Giuseppe Ungaretti inviava per lettera dalla zona di guerra a Giuseppe Prezzolini due poesie non inserite nel Porto sepolto, pubblicato nel 1916: una è Soldato (Sono impoverito / la povertà dei sassi / sui quali mi butto / quando viene il momento /d’aspettare”), l’altra è questa Notte, in cui è possibile riconoscere il poeta stesso, quello nelle cui vene scorrono “i miei fiumi / contati nell’Isonzo”, quel crogiolo di genti e di esperienze, dall’infanzia e dall’adolescenza ad Alessandria d’Egitto alla vita poetica di Parigi, alla guerra sul Carso. Prezzolini pubblicherà le due poesie su Tempo della Voce solo nel 1960.

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SOLDATI SUL CARSO – FOTOGRAFIA DI PIBBLICO DOMINIO

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LA FRASE DEL GIORNO
Eccovi un uomo / uniforme // Eccovi un'anima / deserta / uno specchio impassibile.
GIUSEPPE UNGARETTI, L’Allegria




Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.


giovedì 11 aprile 2019

Continuerò a scrivere


ANISE KOLTZ

SÌ, SCRIVO

Sì, scrivo -
notte e giorno
finché mi seppelliranno
non mi fermerò.

In questa terra
dalle viscere tenebrose
continuerò a scrivere
con il midollo delle mie ossa.


(da Il muro del suono, 1997)

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Scrivere come affermazione, come ostinata significazione di sé: la poetessa lussemburghese Anise Koltz lascia le sue parole come testimonianza, parole che non cesseranno di essere quando non sarà più di questa terra, ma che continueranno a germogliare, a spargere i loro semi per il mondo.

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DIPINTO DI VLADIMIR KUSH

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LA FRASE DEL GIORNO
Io non invento la poesia / resiste in qualche parte / dell’universo.
ANISE KOLTZ, Sonnambula del giorno




Anise Koltz (Eich, 12 giugno 1928), poetessa lussemburghese. Di origini ceche, tedesche, inglesi e belghe, iniziò a pubblicare in tedesco per poi divenire una delle principali scrittrici in lingua francese. Al suo attivo ha anche dei racconti per bambini e numerose traduzioni.


mercoledì 10 aprile 2019

Fichi secchi


EUGÉNIO DE ANDRADE

PIATTO DI FICHI

Anche la poesia è figlia
della necessità –
questa che giunge ora,
un po’ fuori tempo,
non ha più la gioia sincera
del sole sulla bocca;
persa la fresca
perlacea pelle adolescente,
è più simile a quei fichi secchi
messi a seccare per  molti giorni
che d’inverno si trovano sempre
su un piatto
per mangiarli vicino al fuoco.

(da Rente ao dizer, 1992)

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La poesia non è solo espressione quasi immediata di un’emozione o di un sentimento, talvolta – come spiega il poeta portoghese Eugénio De Andrade -  è anche elaborazione, una analisi di ciò che è stato e di ciò che si è provato, come se alla lente del presente il passato possa presentare un differente punto di vista – del resto spesso è necessario allontanarsi per vedere meglio, per ritrovare le cose nella loro visione d’insieme.
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FOTOGRAFIA © MAX PIXEL

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LA FRASE DEL GIORNO
Le parole sono la nostra condanna. Con le parole si ama, con le parole si odia. E, irrisione suprema, si ama e si odia con le stesse parole.
EUGÉNIO DE ANDRADE




Eugénio de Andrade, pseudonimo di José Fontinhas Rato (Fundão, 19 gennaio 1923 – Porto, 13 giugno 2005), poeta e scrittore portoghese, tradusse García Lorca, Borges, Saffo e Ritsos. Della sua opera José Saramago disse che è una "poesia del corpo cui si arriva attraverso una depurazione continua”.


martedì 9 aprile 2019

Sorpresi d’esistere in due


GESUALDO BUFALINO

EINE KLEINE NACHTMUSIK

La musica ci giunge dalle terrazze
lontane, stesi così sulla sabbia,
coi capelli confusi e felici,
fra muraglie di bianco diluvio,
così sorpresi d’esistere in due
sotto la coltre benigna dell’aria,
disincarnati e carnali, perfetti
come due palme nude, unite.


(da L’amaro miele, Einaudi, 1982)

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Nell’ironico pessimismo cosmico di Gesualdo Bufalino appaiono qua e là degli squarci d’azzurro, degli sprazzi di cielo, dove la vita irrompe per qualche istante in tutto il suo vigore, con il suo eros e la sua forza di plasmare l’esistenza delle persona con i suoni e le luci, con le atmosfere, con quella sua musica che sa riempire l’aria e sorprenderci.
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DIPINTO DI JACK VETTRIANO

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LA FRASE DEL GIORNO
Una
carezza non lascia su un viso più impronte che una musica nell'aria.
GESUALDO BUFALINO, Il malpensante




Gesualdo Bufalino (Comiso, 15 novembre 1920 – Vittoria, 14 giugno 1996), scrittore, poeta e aforista italiano. Insegnante, si rivelò tardi alla letteratura pubblicando nel 1981 Diceria dell'untore, con cui vinse il Premio Campiello. Con il romanzo Le menzogne della notte vinse nel 1988 il Premio Strega. Il suo stile ricercato, ricco e  "anticheggiante" gli deriva dall’abilità linguistica e da una vasta cultura.


lunedì 8 aprile 2019

La favola e la trama


LEOPOLDO ALAS MÍNGUEZ

RAGIONE D’AMORE

Non è solo la passione degli abbracci,
la saliva, il profumo, la vertigine, i baci
o la tranquilla veglia dell’assenza.


Il mio amore è la favola e la trama,
il racconto interiore che segue ogni incontro,
l’analisi che accompagna gli addii,
il minuzioso esame delle frasi
e l'eco che la tua voce appone al mio silenzio.


Il mio amore è essere felice e non ingannarmi
anticipando il danno del nero disinganno,
quando il sesso sfuma nel ricordo
remoto e sofferto di un orgasmo.
Assecondare la calma nelle maree
e custodire le ore e i giorni
della festa luminosa che celebriamo,
del vorace banchetto dei sensi.


E abolire la frontiera dei corpi,
fermarci, salendo le scale,
a baciarci ad ogni gradino.


(da Il possesso della paura, 1996)

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L’amore è tutto – dice il poeta spagnolo Leopoldo Alas Mínguez: è la passione ma anche l’attesa e quindi il desiderio, è sesso ma anche ricordo, è tranquillità e anche turbamento e agitazione, è una serie di discorsi e di parole e il silenzio placido della nostalgia, dell’assenza. La cosa principale però è che abolisce le frontiere tra due esseri umani.

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FOTOGRAFIA © PATHEOS

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LA FRASE DEL GIORNO
I bei momenti del passato sono un regalo confortante per il presente
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LEOPOLDO ALAS MÍNGUEZ, citato in El País, 2 agosto 2008




Leopoldo Alas Mínguez, più conosciuto come Leopoldo Alas (Arnedo, La Rioja, 4  settembre 1962 - Madrid, 1° agosto 2008), scrittore, poeta e giornalista spagnolo della Generazione degli Anni ‘80 o postnovissimi. Laureato in filologia italiana, scrisse anche due libretti d’opera.

domenica 7 aprile 2019

Davanti alla tua porta


ÓSCAR HAHN

ALL’UNA LA MIA FORTUNA ALLE DUE IL TUO OROLOGIO

Sono stato tutta notte davanti alla tua porta
aspettando che uscissero i tuoi sogni

All’una uscì una galleria di specchi
Alle due uscì un letto pieno d’acqua
Ale tre uscì un hotel in fiamme
Alle quattro uscimmo io e te facendo l’amore
Alle cinque uscì un uomo con la pistola
Alle sei si udì uno sparò e ti svegliasti
Alle sette uscisti di corsa da casa tua

Alle otto ci incontrammo all’Hotel Valdivia
Alle nove ci moltiplicammo negli specchi
Alle dieci ci sdraiammo sul letto ad acqua
Alle undici facemmo l’amore fino allo sterminio

Adesso è mezzogiorno
e ho tra le mie braccia il corpo di tutti i miei crimini.


(da Mal d’amore, 1981)

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Mal d’amore è la raccolta in cui il poeta cileno Óscar Hahn lotta con “la bella nemica”, la protagonista di una storia finita, e intreccia Eros e Tanathos, amore e morte nelle trame delle poesie che la compongono. Gli amanti partecipano a questa forma straziante di violenza, ne sono protagonisti, carnefici e vittime nel susseguirsi degli eventi.

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DIPINTO DI RAFAL OLBINSKI

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LA FRASE DEL GIORNO
Non essere vanitosa, amore mio / perché ad essere sincero / la tua bellezza non è dell'altro mondo / Ma nemmeno di questo.
ÓSCAR HAHN, Mal d’amore




Santiago, 05 de Mayo 2011 (UPI). El Consejo Nacional de la Cultura anuncia el ganador del Premio Iberoamericano de Poesía Pablo Neruda 2011, que recayó en Oscar Hahn. (Fotografías Sergio Gajardo)



Óscar Hahn (Iquique, 5 luglio 1938), poeta, critico e saggista cileno appartenente alla Generazione dei Sessanta nota anche come Generazione dispersa. Dopo il golpe del 1973 e l’arresto, scelse l’esilio negli Stati Uniti, dove insegnò letteratura spagnola all’Università del Maryland e in quella dello Iowa.

sabato 6 aprile 2019

La lasciai passare



AMADO NERVO

CODARDIA


Passò con sua madre. Che rara bellezza!
Che biondi capelli di grano chiaro!
¡Che ritmo nel passo! Che innata sovranità
di portamento! Che forme sotto il fine tulle!

Passò con sua madre. Voltò la testa:
mi colpì nel profondo il suo sguardo azzurro!

Restai come in estasi… Con urgenza febbrile,
«Seguila!», gridarono all’unisono corpo e anima.

Ma ebbi timore di amare follemente,
di aprire le mie ferite, che sanguinano sempre,
e nonostante tutta la mia sete di dolcezza,
chiudendo gli occhi, la lasciai passare.


(da L’amata immobile, 1920)

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Un titolo più moderno e psicologico di questa poesia del messicano Amado Nervo potrebbe essere”Procedimento di formazione di un rimpianto”: tutti noi ne abbiamo avuto esperienza nella nostra età adolescenziale, tutti noi abbiamo un bagaglio di baci non dati, di occasioni perdute, di amori sognati, di illusioni esplose come bolle di sapone soltanto per la nostra mancanza di coraggio.

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JOAQUIN SOROLLA, “PASSEGGIATA SULLA SPIAGGIA DI MARZO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Sempre quando c'è un vuoto nella tua vita, / riempilo d'amore.
AMADO NERVO, Pienezza




Amado Nervo, pseudonimo di Juan Crisóstomo Ruiz de Nervo Ordaz (Tepic, 27  agosto 1870 - Montevideo, Uruguay; 24 maggio 1919), poeta e scrittore messicano, appartenente al movimento modernista. La sua poesia è caratterizzata da un sentimento mistico e dalla malinconia.