martedì 31 gennaio 2023

Amare il perduto


CARLOS DRUMMOND DE ANDRADE

MEMORIA

Amare il perduto
lascia confuso
il cuore.

L'oblio nulla può
contro l'appello
insensato del No.

Le cose tangibili
diventano insensibili
al tocco della mano.

Ma le cose finite,
al di là della bellezza,
queste rimarranno.

(da Chiaro enigma, 1951)

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Amare ciò che si è perduto può essere sofferenza - anzi, lo è - e trasforma il sogno in illusione, in utopia, lo bolla con il timbro dell'irraggiungibilità. Ma, come dice il poeta brasiliano Carlos Drummond de Andrade, amare ciò che si è perduto ci porta in territori differenti, ci fa volare nella metafisica se grazie al rimpianto riusciamo a coglierne la bellezza, la nostalgica essenza.

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PETER SEMINCK, "VOLA COME UN GABBIANO"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Per molto tempo ho creduto che l'assenza fosse mancanza. / E mi dolevo, ignorante, della mancanza. / Oggi non la rimpiango. / Non vi è mancanza nell’assenza.
CARLOS DRUMMOND DE ANDRADE, Corpo: nuove poesie

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Carlos Drummond de Andrade (Itabira, 31 ottobre 1902 – Rio de Janeiro, 17 agosto 1987), poeta e scrittore brasiliano, considerato uno dei più influenti del suo tempo. Modernista, adottò il verso libero, proclamando la libertà idiomatica delle parole. Tra le tematiche fondamentali la famiglia, la terra natale, l'amicizia, la società, l'amore e l'esistenza.


lunedì 30 gennaio 2023

Amare è essere distanti


JOAN MARGARIT

FINE DELLA RECITA

Abbagliato dai riflettori
guardo l'oscurità dove sei tu.
I fari sono questa illusione che crea
l'ombra dove si sente la chiarezza
della mia cecità: tutti portiamo
un'oscura platea dentro di noi
e ascoltiamo in silenzio questa storia
di seduzione senza speranza.
Amare è essere distanti.
L'amore è essere un estraneo, ma
tu ospiti questo silenzio
che mi ha ascoltato sapendo che dentro di te
ho cessato di esistere, che non sarò stato altro
che l'amata ombra di qualcun altro.

(da Le ragioni del lupo, 1993)

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Un poeta che legge le sue poesie in una sala in penombra: è Joan Margarit. La donna amata è in quella sala, ma in quel momento distante, oscurata dai riflettori puntati sul palco. Ne nasce una riflessione sull'amore e sulla lontananza, sul silenzio e sulle parole, sul rapporto tra l'autore di una poesia e il lettore.

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EDWARD HOPPER,  "DUE IN PLATEA"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Come la poesia: / per quanto bella sia, una buona poesia / deve sempre essere crudele.
JOAN MARGARIT, L'ombra di un altro mare




Joan Margarit i Consarnau  (Sanaüja, 11 maggio 1938 – Sant Just Desvern, 16 febbraio 2021), poeta e architetto catalano. Si definiva poeta bilingue catalano/castigliano, disdegnava le correnti poetiche e considerava il poeta  "l’essere più realista e più pragmatico perché beve dalla realtà”.


domenica 29 gennaio 2023

Il canto isolato dei pini


ŌTAGAKI RENGETSU

RIFUGIO IN MONTAGNA

Vivendo nel cuore delle montagne
sono cresciuta ascoltando
il canto isolato dei pini
Nei giorni in cui il vento non soffia
come tutto è solitario!

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Mauro Corona, ai tempi appena successivi al primo lockdown, nel maggio del 2020, raccontava al Gazzettino un’uscita notturna nelle selve della sua Val Zemola: “È stato come un vento leggero, ma in realtà nell’aria non c’era vento, le foglie e gli aghi vibravano. Sono stato fuori due orette circa, è stato bello. Credo che in un clima di tecnologia esasperata sentire ancora gli alberi cantare sia un’esperienza piena di poesia”. Chi va per monti e boschi conosce bene questa sensazione, questa sospensione del tempo che ci pone soli davanti alla natura. Ancora meglio chi tra le montagne vive o ha vissuto, come la poetessa e monaca buddhista giapponese del XIX secolo Ōtagaki Rengetsu.

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TAKASHI, "BOSCODI PINI AI PIEDI DEL MONTE FUJI"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Per me, «preghiera», è stare in silenzio in un bosco.
MARIO RIGONI STERN, Storia di Mario




Ōtagaki Rengetsu (Kyoto, 10 febbraio 1791 – Nishigamo, 10 dicembre 1875),  monaca buddhista, poetessa e ceramista giapponese, ricordata come una delle poetesse giapponesi più importanti del diciannovesimo secolo.


sabato 28 gennaio 2023

La veste che sfiorai


ODYSSEAS ELYTĪS

MONOGRAMMA, II

Piango il sole e piango gli anni che verranno
senza di noi e canto gli altri passati
se veramente sono

Confidenti i corpi e le barche che sbattono dolcemente
le chitarre che accendono e spengono sotto le acque
i «credimi» e i «non»
ora nel vento ora nella musica

E le nostre mani, due piccole bestie
che furtive cercavano di salire l’una sull’altra
il vaso di brezza negli aperti cortili
e i frammenti di mare che ci seguivano
fin dietro le siepi e sopra i muri a secco.
L’anemone che si depose nella tua mano
e tremò tre volte il viola tre giorni sopra le cascate

Se tutto questo è vero io canto
la trave di legno e l’arazzo quadrato
alla parete, la Gorgone con i capelli sciolti
il gatto che ci guardò nel buio
bambino con la croce vermiglia e l’incenso
nell’ora che sull’impervia scogliera scende la sera
piango la veste che sfiorai e fu mio il mondo.

(da Monogramma, 1972, in È presto ancora, Donzelli, 2011 – Traduzione di Paola Maria Minucci)

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Come già detto in altre parti del Monogramma già pubblicate (III e VII), l’amore per la donna, nei versi del poeta greco Odysseas Elytīs è sovente memoria: l’azione di ricostruire il ricordo perduto riporta in vita quell’amore che egli sa assegnato ormai a una specie di Paradiso dantesco.

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DIPINTO DI NIKOS HADJIKYRAKIS GHIKA

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Così parlo di te e di me / Perché ti amo e nell’amore so / Entrare come Plenilunio / Da ogni parte.
ODYSSEAS ELYTĪS, Monogramma




Odysseas Elytīs, pseudonimo di Odysseas Alepoudellīs (Candia, 2 novembre 1911 – Atene, 18 marzo 1996), poeta greco, tra i maggiori Surrealisti, è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1979 per “il desiderio di libertà intellettuale e sviluppo della creatività, che traspare dalla sua poesia”.


venerdì 27 gennaio 2023

Sei milioni di anime


EHUD LOEB

KADDISH

Non ho mai pianto la perdita dei miei genitori
Non potrei mai dire Kaddish
Non potrei mai capire la loro inconcepibile morte
Non potrei mai cogliere la disumanità dei loro carnefici
I miei genitori sono sepolti in cielo
Condividono la tomba di sei milioni di anime
Persone semplici mi hanno salvato dalla morte
Le persone generose mi hanno fatto loro figlio
Ho fondato una famiglia che amo e che mi vuole bene
Morirò e dirò Kaddish circondato da angeli
Herbert Odenheimer. Hubert Odenheimer. Hubert Odet. Herbert Löb.
Ehud Loeb. אהוד לב
Nato. Deportato. Internato. Orfano. Nascosto. Sicuro. Adottato
Sposato. Padre. Nonno. Morirà. I suoi figli diranno Kaddish.

Gerusalemme, 19 dicembre 1999

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«Mi hanno portato via tutto: mia madre, mio ​​padre, mia zia Erna, mia nonna Sophie. La nonna è morta tre settimane dopo il nostro arrivo al campo di Gurs. Zia Erna, che si era sposata poche settimane prima della deportazione e si era trasferita in un altro paese, ha perso la vita da qualche parte in Oriente, insieme al marito e al bambino che portava in grembo. I miei genitori sono stati assassinati ad Auschwitz. Ricordo vividamente quella mattina di ottobre del 1940»

“Dire Kaddish" è una locuzione che nella religione ebraica si riferisce in modo inequivocabile ai rituali del lutto. Nonostante la perdita, si continua a lodare Dio. È la poesia che ho scelto per celebrare quest’anno la Giornata della Memoria. L’autore, Ehud Loeb, nato Herbert Odenheimer da famiglia ebrea tedesca, scampò all’Olocausto grazie all’Œuvre de secours aux enfants, che lo ebbe in affido dai genitori, che sarebbero poi morti ad Auschwitz: tenuto nascosto dall’organizzazione francese, fu affidato a Louise Roger, nominata nel 2009 tra i Giusti tra le Nazioni. Herbert vide il suo nome cambiato in Hubert Odet. Nel 1946, finita la guerra e affidato a parenti in Svizzera, assunse il cognome di questi, Löb. Emigrato infine in Israele, dove divenne storico, archivista del Museo di Israele a Gerusalemme e volontario allo Yad Vasheem, assunse il suo nome definitivo.

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RASTRELLAMENTI NEL GHETTO DI VARSAVIA, 1943 - PUBBLICO DOMINIO

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Il dovere del sopravvissuto è quello di testimoniare ciò che è accaduto… Devi avvertire le persone che queste cose possono accadere, che il male può essere scatenato. L'odio razziale, la violenza, le idolatrie: fioriscono ancora.
ELIE WIESEL




Ehud Loeb, nato Herbert Josef Odenheimer (Bühl, Germania, 26 marzo 1934 – Gerusalemme, 25 gennaio 2018), storico israeliano. Sfuggito all’Olocausto grazie all’Œuvre de secours aux enfants, che lo nascose in Francia, divenne in seguito archivista del Museo di Israele a Gerusalemme e volontario allo Yad Vasheem.


giovedì 26 gennaio 2023

Sentire la terra


JOSÉ ANTONIO MUÑOZ ROJAS

SOLTANTO QUESTO

Soltanto questo: sentire la terra
al mattino con il fresco; la stoppia
scricchiola sotto i piedi quando vai;
il tuo cane che cerca la carezza,
le labbra del puledro il verde tenero.
Nella penombra della stanza poi,
restare senza pensare, sentire
il tempo che passa senza sentirlo.
E la sera, adempiuta la promessa
del gelsomino, non perdere un attimo
nemmeno della sua felicità.

(da Canti per Rosa, 1954)

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Il canto del quotidiano è la cifra poetica di José Antonio Muñoz Rojas: lo scrittore spagnolo trova la pace nel trovarsi in armonia con la natura, come testimonia questa passeggiata invernale con la terra gelata che scricchiola sotto i piedi. L’immersione nel paesaggio realizza un’intima comunione che prelude alla tranquilla riflessione.

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KENT ROCKWELL, "IL CACCIATORE"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Non è la vita / a portarci, ma siamo noi la vita, / vivere è questo, semplicemente questo.
JOSÉ ANTONIO MUÑOZ ROJAS, Canti per Rosa

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José Antonio Muñoz Rojas (Antequera, 9 ottobre 1909 – Mollina, 29 settembre 2009), scrittore e poeta spagnolo appartenente alla Generazione del '36. Dalla corrente machadiana si è spostato verso uno sperimentalismo d’avanguardia cantando l’amore, la malinconia e l’armonia dell’anima nella natura, con uno stile diretto e colloquiale.


mercoledì 25 gennaio 2023

Uovo nostalgico


OMAR LARA

L’UOVO NOSTALGICO

Tra gli alberi alla periferia della città
nidifica il mio cuore
L'ho visto lì un attimo fa.
Il mio cuore stava
covando il suo uovo nostalgico.

(da Isole galleggianti, 1980)

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Il poeta, secondo Omar Lara, è un “avvoltoio di ricordi”, che cerca il suo nutrimento spirituale nei resti che cadono dalle mense dove banchetta l’oblio: si spiega così quella presenza su un albero della periferia mentre cova la sua nostalgia in quel “viaggio verso il proprio cuore” che è la vita.

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TANK, "L'ESISTENZA È FUTILE"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

La poesia è uno sguardo, è un'emozione, con la mia storia, con il mio paese, con la mia cultura.
OMAR LARA, Orizont Literar Contemporan, Settembre-Ottobre 2012

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Luis Omar Lara Mendoza (Nohualhue, Teodoro Schmidt, 9 giugno 1941 - Concepción, 2 luglio 2021), poeta, traduttore ed editore cileno. Fondatore della rivista Trilce, vi accorpò la generazione poetica che sarà dispersa dal golpe militare del 1973. Fu esule in Perù e poi a Bucarest e Madrid. La sua poesia tratta la nostalgia del passato, l’amore e la fugacità del tempo.


martedì 24 gennaio 2023

Un giovane delfino


OSIP MANDEL’ŠTAM

NON C’È NULLA DI CUI SERVA PARLARE

Non c’è nulla di cui serva parlare
non c’è nulla che occorra insegnare;
bella e ricolma di malinconia
è questa buia anima ferina:
non c’è nulla che lei voglia insegnare,
in nessun modo lei riesce a parlare,
e come un giovane delfino guizza
per l’universo e i suoi canuti abissi.

(da Ottanta poesie, Einaudi, 2009 - Traduzione di Remo Faccani)

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Non c’è bisogno di parole, di discorsi: la poesia si impone da sé, ci dice il poeta russo Osip Mandel'štam: è insita nell’anima e con la forza di un giovane delfino vaga curiosa per l’universo alla ricerca di quella chiarezza capace di illuminare “il sedimento dell’istante” e di “imparare da una stella / ciò che significa luce”.

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IMMAGINE © ELG21/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

La poesia è un aratro che scava il tempo, di modo che i suoi strati profondi, la sua terra più fertile, finiscono in superficie. Ma ci sono epoche in cui l'umanità, insoddisfatta del presente, presa dalla nostalgia di questi strati profondi, agogna al suolo vergine del tempo come un contadino che ara il terreno.
OSIP MANDEL’ŠTAM




Osip Ėmil'evič Mandel'štam (Varsavia, 15 gennaio 1891 – Vladivostok, 27 dicembre 1938), poeta, letterato e saggista russo. Prosatore e saggista, esponente di spicco dell'acmeismo e vittima delle Grandi purghe staliniane: arrestato per una critica a Stalin e condannato ai lavori forzati in Siberia, morì nel campo di transito di Vladivostok.


lunedì 23 gennaio 2023

Le betulle


LUCIE SPÈDE

RITRATTO

Le betulle
hanno  occhi
bracciali
rughe
brividi per l'acqua gelida
che scorre sotto la loro pelle
bianca e grigia

(da Parole di mele, 2010)

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Ritratto di betulla in un esterno: la poetessa belga Lucie Spède, sempre parca di parole e misurata, dipinge un acquarello invernale con poche pennellate antropizzando gli alberi e attribuendovi caratteristiche, ornamenti e sensazioni umane.

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KEN CRAWFORD, "BETULLE IN INVERNO"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

E vede, biondo, con un volto sorridente, / una betulla bianca davanti al suo portico, / e si rallegra di essa, come una ragazza amata / con la sua bellezza inesprimibile.
YURI VERKHOVSKY




Lucie Spède (Etterbeek, 27 settembre 1936 – 10 gennaio 2010), scrittrice e poetessa belga di lingua francese. Ha pubblicato una decina di raccolte di poesia, racconti e prosa. È stata definita “poesia fatta donna” e i suoi versi, se economizzano le parole, rivelano altresì un’ardente vita interiore.


domenica 22 gennaio 2023

Un’ombra fuggitiva di piacere


KONSTANTINOS KAVAFIS

MEZZ’ORA

Mio non sei stato, né mai sarai,
credo. Fu l’altro ieri:
uno sfiorarsi al bar, dirsi qualcosa,
niente di più; e già la pena provo
del rimpianto, confesso. Ma c’è talvolta
in noi dell’Arte, di mente tale eccesso
che un’ombra fuggitiva di piacere
trasformiamo in sostanza, ne facciamo
realtà palpabile. Così fu al bar,
l’altro ieri: complice in me una
ubriacatura misericordiosa,
in rapimento erotico ho vissuto
per mezz’ora, assoluto…

(devi averlo capito: sei rimasto
apposta un po’ di più). Ma quanto,
oh quanto necessario fu il guardarti
nelle labbra, e il corpo tuo accanto
avere al mio… Concesso
non m’avrebbero un tale incanto
vertigine d’alcool, sogno,
pur tanto forti, mai…

(da Un’ombra fuggitiva di piacere, Adelphi, 2004 – Traduzione di Guido Ceronetti)

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“Un rapimento erotico” e “un’ombra fuggitiva di piacere”: la presenza fisica della bellezza prorompe e si manifesta in questi versi di Konstantinos Kavafis, impone l’ammirazione e la fantasticheria erotica. Ma in quel bar non succede nulla in realtà: tutto è circoscritto nella mente e si trasforma in breve in un sogno artistico, in una manifestazione della poesia.

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FABIAN PEREZ, "ABITO NERO, VINO ROSSO"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Sentendo parlare di un amore potente, rispondi, commuoviti / come un esteta. Solo, fortunato come sei stato, / ricorda quanto la tua immaginazione ha creato per te.
KONSTANTINOS KAVAFIS




Konstantinos Petrou Kavafis, (Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1863 – 29 aprile 1933), poeta e giornalista greco. Pubblicò 154 poesie, spesso ispirate all'antichità ellenistica, romana e bizantina, percorre, mirando al sublime, i vari gradi di un'esperienza estetica congiunta alla pratica dell'amore omosessuale.


sabato 21 gennaio 2023

Finestra nella notte


MARINA CVETAEVA

ECCO ANCORA UNA FINESTRA

Ecco ancora una finestra, 
dove ancora non dormono. 
Forse – bevono vino, 
forse – siedono così. 
O semplicemente – le due 
mani non staccano. 
In ogni casa, amico, 
c’è una finestra così. 
Non candele o lampade hanno acceso il buio: 
ma gli occhi insonni! 
Grido di distacchi e d’incontri: 
tu, finestra nella notte! 
Forse, centinaia di candele, 
forse, tre candele... 
Non c’è, non c’è per la mia 
mente quiete. 
Anche nella mia casa 
è entrata una cosa come questa. 
Prega, amico, per la casa insonne, 
per la finestra con la luce.
 

23 dicembre 1916

(da Psiche, 1923)

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Mi capita in questi giorni d'inverno, quando attraverso a piedi il paese ed è ormai scesa la sera: resto colpito da qualche finestra illuminata tra le case e mi immagino la vita che scorre lì dietro, una cucina dove si prepara il tè, uno studente chino sui libri, una persona anziana che risolve cruciverba o guarda la televisione. Sono quelle finestre nella notte che intrigano anche la poetessa russa Marina Cvetaeva: che succede lì dietro alla luce gialla delle candele? Ci si ama? Si discute? E alla nostra finestra?

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EVGENIJ LUSHPIN, "SOGNI NOTTURNI"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Ma di questo non san nulla / le finestre: guarda fuori ognuna e brilla, / come un’anima fanciulla / che s’affida al sogno, timida e tranquilla.
DIEGO VALERI, Poesie vecchie e nuove

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Marina Ivanovna Cvetaeva (Mosca, 8 ottobre 1892 – Elabuga, 31 agosto 1941), poetessa e scrittrice russa. Divenuta una delle migliori voci del simbolismo russo, fu invisa al regime stalinista. Esule a Berlino e Parigi, tornò in patria nel 1939 alla ricerca del marito, fucilato dall’NKVD e della figlia, in campo di lavoro. Disperata e isolata, si uccise nel 1941.


venerdì 20 gennaio 2023

Un amore oltre l’amore


ROBERTO JUARROZ

QUINTA POESIA VERTICALE, 55

Un amore oltre l'amore
sopra il rito del legame,
oltre il sinistro gioco
della solitudine e della compagnia.
Un amore che non ha bisogno del ritorno
ma nemmeno della partenza.
Un amore non sottomesso
ai lampi dell'andare e del tornare,
dell’essere svegli o addormentati,
del parlare o del tacere.
Un amore per stare insieme
o per non esserlo,
ma anche per tutte le posizioni intermedie.
Un amore come aprire gli occhi.
E forse anche come chiuderli.

(da Quinta poesia verticale, 1974)

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Un amore che esiste al di là di tutto e nonostante tutto, che comprende tutte le cose al suo interno ma anche quelle al suo esterno. Un amore totale, quello sognato dal poeta argentino Roberto Juarroz, un amore superiore che si lega alla vita stessa: “Anche vivere è dimenticare che si vive. / E amare dimenticare che si ama”.

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JACK VETTRIANO, "LUCE INVERNALE"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Bisogna far arrivare l’amore al pensiero.
ROBERTO JUARROZ, Frammenti verticali




Roberto Juarroz (Coronel Dorrego, 5 ottobre 1925 – Buenos Aires, 31 marzo 1995), poeta, saggista e bibliotecario argentino. La sua opera, salvo le prime Sei poesie scelte del 1960 è riunita con il titolo unico di Poesia verticale. Varia solo il numero d'ordine, da raccolta a raccolta, fino alla quattordicesima, uscita postuma nel 1997.


giovedì 19 gennaio 2023

Centenario di Eugénio de Andrade


“Sii paziente; aspetta / che la parola sia matura / e si stacchi come un frutto / quando passa il vento e la cattura”: questo fu il leit-motiv della poesia di Eugénio de Andrade, poeta portoghese che nasceva il 19 gennaio di cento anni fa nella provincia centro-orientale di Castelo Branco. Pur essendo contemporaneo dei movimenti neorealista e surrealista, non ne subì l'influenza, proponendo una poesia elementare, la cui musicalità attinge dalla lirica medievale galiziano-portoghese e dal poeta Camilo Pessanha, che elesse a maestro. La sua opera poetica è caratterizzata da un continuo rimaneggiamento, da una politura con il “labor limae”, che ne fa, secondo José Saramago, “poesia del corpo cui si arriva attraverso una purificazione continua”. Quella purezza del verso è, come scrisse egli stesso "semplicemente passione per le cose della terra, nella loro forma più ardente e non ancora consumata".

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FOTOGRAFIA © JORNAL DE LETRAS

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PORTARTI ALLA BOCCA

Portarti alla bocca
bere l'acqua
più profonda del tuo essere -

se la luce è tanta,
come si può morire?

(da Oscuro dominio, 1972)

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CERCA LA MERAVIGLIA

Cerca la meraviglia.

Dove un bacio sa
di barche e nebbia.

Nel bagliore rotondo
e giovanile delle ginocchia.

Nella notte incline
alla malinconia.

Cerca.

Cerca la meraviglia.

(da Oscuro dominio, 1972)

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MORE

Il mio paese sa di more
in estate.
Nessuno ignora che non è grande,
né intelligente né elegante il mio paese,
ma ha questa voce dolce
di chi si sveglia presto per cantare tra i rovi.
Raramente ho parlato del mio paese, forse
non mi piace nemmeno, ma quando un amico
mi porta delle more
i suoi muri mi sembrano bianchi,
e scopro che anche nel mio paese il cielo è azzurro.

(da L’altro nome della terra, 1988)

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Altre poesie di Eugénio de Andrade sul Canto delle Sirene:



  LA FRASE DEL GIORNO  

Scrivo per portare alla bocca / il sapore della prima / bocca che baciai tremante. / Scrivo per arrivare / alle origini. / E tornare a nascere.
EUGÉNIO DE ANDRADE




Eugénio de Andrade, pseudonimo di José Fontinhas Rato (Póvoa do Atalaia, 19 gennaio 1923 – Porto, 13 giugno 2005), poeta e scrittore portoghese, tradusse García Lorca, Borges, Saffo e Ritsos. Della sua opera José Saramago disse che è una "poesia del corpo cui si arriva attraverso una depurazione continua”.


mercoledì 18 gennaio 2023

Un fiore così


ROBERT CREELEY

IL FIORE

Penso di coltivare le tensioni
come fiori
in un bosco dove
nessuno va mai.

Ogni ferita è perfetta
racchiude sé stessa in un minuscolo
bozzolo impercettibile
che provoca dolore.

Il dolore è un fiore così,
come questo
come quello,
come questo.

(da Per amore, 1962)

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Della poesia di Robert Creeley, John Ashbery disse che “è essenziale e necessaria come l’aria che respiriamo”. Questa concisione che è “illimitata come i bagliori di un diamante” e che deriva a dalla pratica costante con le filosofie orientali, consente al poeta statunitense di guardarsi dentro, di analizzare i propri sentimenti con la metodica chiarezza di un esploratore.


FOTOGRAFIA © KOLLSD/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Che cosa fantastica essere uno scrittore! Le parole sono qualcosa che puoi portare nella tua testa. Puoi davvero "viaggiare leggero".
ROBERT CREELEY, Un senso della misura

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Robert Creeley (Arlington, Massachusetts, 21 maggio 1926 – Odessa, Texas, 2 aprile 2005), poeta statunitense, tra i maggiori esponenti della lirica postmoderna. Viaggiò in Europa e Asia vivendo per quarant’anni in Giappone, dove apprese la filosofia buddhista e lo zen. È spesso accostato ai poeti della Black Mountain, pur essendone lontano stilisticamente.


martedì 17 gennaio 2023

Il giacinto


VILBORG DAGBJARTSDÓTTIR

CANZONI D’INVERNO, II

Come un raggio di sole
come il ricordo di un piacevole giorno d'estate
è il giacinto che mi hai mandato.
Il viola è il colore della Quaresima
ho pensato quando l'ho messo sul comodino
e quando ho spento la luce
il suo profumo riempiva l'oscurità
dominando la tempesta fuori
come se fosse un tema delicato
in una potente sinfonia.

(da Candelora, 1971)

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Il profumo intenso di un giacinto avuto in dono riempie la stanza della poetessa islandese Vilborg Dagbjartsdóttir: è una presenza che coinvolge tutti i sensi, sa parlare alla vista con il suo colore acceso e all'olfatto con la sua intensa fragranza, sa evocare la figura del donatore e diventare addirittura quasi suono nella tempesta  che infuria.

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FOTOGRAFIA © JILL WELLINGTON/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Freddo e buio / oscurità fredda e bufera di neve / la sonnolenza invernale prende il sopravvento / pesante come la neve sul tetto.
VILBORG DAGBJARTSDÓTTIR, Candelora




Vilborg Dagbjartsdóttir (Vestdalseyri, 18 luglio 1930 - Reykjavík, 16 settembre 2021), poetessa modernista islandese. La sua poesia, che coniuga realismo e immaginario romantico, si occupa principalmente della ricerca di se stessi e della lotta per sopraffare la propria solitudine.


lunedì 16 gennaio 2023

Quando il carbone finì


WELDON KEES

LA FINE DELLA BIBLIOTECA

Quando il carbone
finì, iniziammo
a bruciare i libri, uno ad uno;
Prima la serie
di Bulwer-Lytton
e poi  Walter Scott.
Diedero molto calore.
Verso la fine,  a
febbraio, le fiamme
consumarono i Tragici
Greci e Baudelaire,
Proust, Robert Burton
e Po Chü-i. Il ghiaccio
sui davanzali era spesso.
Più per il bene del gatto,
dicemmo, che per noi stessi,
che stava rannicchiato, tremante,
davanti alla stufa
tutto l'inverno.

(da Le poesie di Weldon Kees, 2003)

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Una poesia che mi ha attratto per le affinità con la crisi energetica in atto questo inverno: il tormentato poeta statunitense Weldon Kees, sempre alla ricerca della fama e in perenne crisi esistenziale - scomparve nel luglio del 1955 nel deserto californiano lasciando la propria auto senza che fosse più ritrovato - immagina di dare fuoco un po' alla volta all'intera biblioteca di casa per scaldarsi.

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FOTOGRAFIA © BEREND DE KORT/PEXELS

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Brucia, bagliore, vecchio sole, così a lungo invisibile, / che il tempo possa ritrovare il suo suono, e purificare / qualunque cosa una ferita ricordi / al termine della guarigione."!
WELDON KEES, Le poesie di Weldon Kees

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Harry Weldon Kees (Beatrice, Nebraska, 24 febbraio 1914 - Marin County, California, 18 luglio 1955), poeta, pittore, critico letterario, romanziere, drammaturgo, pianista jazz e regista statunitense. americano. Secondo Brodskij, "la sua poesia è quella del qui e ora senza nessuna via di scampo, fatta eccezione per la poesia stessa".


domenica 15 gennaio 2023

Quando penso a te


AMY LOWELL

UN RAMETTO DI ROSMARINO

Non mi figuro il tuo viso.
Quando penso a te,
sono le tue mani che vedo.
le tue mani
che cuciono
reggono un libro,
si riposano un attimo sul davanzale di una finestra.
I miei occhi guardano sempre le tue mani,
ma il mio cuore serba il suono della tua voce,
e la morbida luminosità che è la tua anima.

(da Immagini del mondo fluttuante, 1919)

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Cosa c’entra un rametto di rosmarino con la poesia che Amy Lowell dedica alla sua amata Ada Dwyer Russell? Nulla, sembra. In realtà è la chiave che permette di accedervi e di comprendere: Ofelia, nell’omonima tragedia di Shakespeare, afferma  “Ecco laggiù il rosmarino, la pianta del ricordo”; e poi ancora “C’è il rosmarino, per la rimembranza. Ti prego, amore, ricorda”. E quello è il ricordo consolatorio dell’assenza di Ada, partita per andare a visitare la figlia.

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HENRI MATISSE, "DONNA SEDUTA IN POLTRONA"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Come possono ticchettare gli orologi quando una stanza è vuota e si è soli!
AMY LOWELL, Lame di spade e semi di papavero




Amy Lawrence Lowell (Brookline, Massachusetts, 9 febbraio 1874 – 12 maggio 1925), poetessa statunitense della scuola imagista, che promosse il ritorno ai valori classici e alla precisa immediatezza delle immagini. Vinse il premio Pulitzer, postumo, nel 1926. Suo riferimento poetico fu Ezra Pound, sua musa la compagna di vita Ada Dwyer Russell.


sabato 14 gennaio 2023

Gli anni passano e vanno


JAVIER SOLOGUREN

SOLILOQUIO

Un fiore rallegra la casa
           anche l’acqua corrente
indossa il bagliore intenso
           del sole

gli anni passano e vanno
           lasciando case
           silenziose

(gli amati fantasmi ritornano)
il sole si riversa nel patio

dopo essere stata quella che fu
           la nuova vita si dedica
a riprendere la pulizia ancora una volta
           secondo routine e riti

ma pur sempre un fiore
           rallegra la casa
e il sole canta nel vuoto
           degli anni

(da L’amore e i corpi, 1985)

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Ogni fiore mi porta oltre / le stagioni si muovono nelle mie vene / accarezzo senza tregua il volto della natura” scrisse il poeta peruviano Javier Sologuren, sempre sensibile ai cambi di stagione e agli eventi naturali. E questa è una riflessione adatta all’inizio di un anno, quando si fanno bilanci e propositi e si ricomincia con rinnovato entusiasmo per ricadere ancora una volta nel solito trantran.

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HENRI MATISSE, "VASO DI FIORI", 1924

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Tra le quattro / mura della routine / gira intorno alla grazia / un eden sempre / uguale alla sua assenza.
JAVIER SOLOGUREN, L’amore e i corpi




Javier Sologuren Moreno (Lima, 19 gennaio 1921 – 21 maggio 2004), poeta, scrittore, traduttore ed editore peruviano. Appartenente alla Generazione del’50, fu un purista, caratterizzando la sua poesia con una combinazione di classicismo, simbolismo e un particolare surrealismo.


venerdì 13 gennaio 2023

Versi non miei


BLANCA VARELA

A MEZZA VOCE

La lentezza è bellezza
copio questi versi non miei
respiro
accetto la luce
nella sottile aria di novembre
tra l'erba
incolore
sotto il cielo screpolato
e grigio
accetto il dolore
e la festa

non l'ho imparato
non lo imparerò mai
al centro di tutto
c'è la poesia
sole intatto
notte inevitabile

senza voltare la testa,
mi aggiro per la sua luce,
la sua ombra
animale di parole
fiuto il suo splendore
la sua traccia
            i suoi residui

Tutto per dire
che talvolta sono stata
attenta
disarmata
sola

quasi nella morte
quasi in fiamme

(da Vuelta, n. 14, 178)

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Quante volte sarà capitato di leggere dei versi e di ricopiarli? Moltissime.  Da ragazzo avevo un'agenda apposita per questa operazione. È quello che fa la poetessa peruviana Blanca Varela: "la lentezza è bellezza". Come teorizzò il Premio Nobel messicano Octavio Paz, "aperto o chiuso, il testo esige l’abolizione del poeta che lo scrive e la nascita del poeta che lo legge". Ed ecco che Blanca Varela fa suoi quei versi ricopiati, li adatta alla sua vita, ai suoi sentimenti al suo hic et nunc del giorno di novembre con l'erba secca e il cielo grigio, fiutando nella poesia la verità.

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LYNN SANGUEDOLCE, "IL DIARIO"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Tutti siamo la stessa persona; le nostre nullità differiscono così poco, e così tanto influiscono le circostanze sulle anime, che è quasi una casualità che tu sia il leggente e io lo scrivente – il sospettoso e appassionato scrivente dei miei versi.
JORGE LUIS BORGES, Fervore di Buenos Aires

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Blanca Leonor Varela Gonzales (Lima, 10 agosto 1926 - 12 marzo 2009), poetessa peruviana, considerata una delle voci più importanti del Sudamerica. Nel 1949 si trasferì a Parigi per vivere il clima letterario dell’epoca, con Octavio Paz e i grandi poeti e scrittori francesi e spagnoli. Nel 1962 ritornò in patria. Della sua poesia Paz scrisse che “è un segno, un incantesimo contro e verso il mondo”.


giovedì 12 gennaio 2023

15 anni di blog


MAURIZIO CUCCHI

OLTRE LA PAGINA

La poesia ha parole pesanti
che in queste strane pagine
sembrano mobili e leggere.
Viaggiano quasi imprendibili,
cangianti, e disorientano
la nostra vecchia mente di carta.
Chissà se in questa luccicante
casa in affitto
troveranno dimora stabile,
amica, e dunque vita
che si rinnova autentica.
Credo di sì, perché la poesia
chiede di spargersi e andare
lieve e piana nel mondo,
che forse non lo sa
però la sta aspettando.

(da Come una nave, L'Arca Felice, 2008)

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Quindici anni di blog: quindici anni da quando Il canto delle Sirene esordì, anche se in forma diversa, non ancora dedito esclusivamente alla poesia. Allora si presentava così: “Comincia l'avventura di questo blog, seguendo Odisseo, che va alla deriva nel mare magno del web e si lascia tentare dal canto delle Sirene («Ferma la tua nave e il nostro canto ascolta») mentre i suoi compagni, con le orecchie piene di cera, manovrano il timone e governano la nave. Raccoglierò quello che mi attira navigando in Rete, prediligendo la poesia, gli aforismi, i racconti, la storia, i luoghi da visitare. Come un racconto che si inizia a scrivere senza avere idea di come proseguirà, lascerò che il blog si plasmi da sé, che trovi da solo la sua via definita”. Il blog si è davvero plasmato da sé arrivando dopo un paio d’anni a questo “format”, che ha proposto ben 5.876 poesie e 5.479 frasi del giorno.

Ringrazio quanti lo leggono, quanti lo hanno seguito lungo il cammino, quanti mi hanno scritto i loro apprezzamenti e anche quanti hanno voluto muovere qualche critica.

Per celebrare l’anniversario, ho scelto questi versi di Maurizio Cucchi. "La poesia / chiede di spargersi e andare / lieve e piana nel mondo" potrebbe essere lo slogan del blog, che va cercando la poesia nel mondo e la soffia via come i semi di un soffione di tarassaco. È quello che fa in effetti anche Cucchi, poeta che per anni ha avuto rubriche su vari quotidiani e riviste - ricordo che ritagliavo dallo Specchio della Stampa i testi che proponeva. La poesia dunque è un viaggio dentro se stessi ma anche al di fuori di se stessi ed essa stessa viaggia per il mondo, libera come un'idea che ognuno può fare sua.

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BRETT GULLBORG, "FOGLI VOLANTI"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Oggi i parlanti non sono più creatori del linguaggio, ma fruitori mimetici di una lingua orribile promossa dai media più di massa. Proprio per questo il poeta ha il compito, anche, di fornire un servizio alla nostra bella lingua recuperandone la nobiltà perduta.
MAURIZIO CUCCHI, Insula europea, 16 aprile 2020




Maurizio Cucchi (Milano, 20 settembre 1945), poeta, critico letterario, traduttore e pubblicista italiano. Laureatosi all'Università Cattolica di Milano con una tesi su Nelo Risi e Andrea Zanzotto, la sua poesia è una faticosa ricerca che sfoglia il passato strato a strato e ridispone gli elementi, sovrapponendoli a visioni oniriche, ricostruendo la figura paterna.


mercoledì 11 gennaio 2023

Charles Simić


E il 9 gennaio se ne è andato anche Charles Simić, poeta naturalizzato statunitense ma serbo di origine – il suo vero nome era Dušan. Più volte candidato al Nobel, nel 1990 ricevette il Premio Pulitzer per Il mondo non finisce. Nato a Belgrado nel 1938, nella sua infanzia sperimentò gli effetti della guerra sulla Jugoslavia. Nel 1954 i suoi genitori si trasferirono negli Stati Uniti, a Chicago. Simić si laureò alla New York University ed è stato per anni professore di letteratura e scrittura creativa all’Università del New Hampshire, a Durham.

La fama di poeta gli arrise a metà degli Anni ‘70, quando i suoi testi minimalisti e la sua scrittura chiara riuscirono a fare breccia in un mondo che virava già verso l’edonismo e il disimpegno degli Anni ‘80. Le sue poesie, che spesso parlano di jazz, arte e filosofia, esplorano la realtà e l’universo partendo dall’osservazione degli oggetti. Sono come dei puzzle che vanno componendosi, tessera dopo tessera, o delle scatole cinesi.

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FOTOGRAFIA © ITERANT

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RAGAZZO PRODIGIO

Sono cresciuto chino
su una scacchiera.

Amavo la parola scaccomatto.

Il che sembrava impensierire i miei cugini.

Era piccola la casa,
accanto a un cimitero romano.
I suoi vetri tremavano
per via di carri armati e caccia.

Fu un professore di astronomia in pensione
che m'insegnò a giocare.

L'anno, probabilmente, il '44.

Lo smalto dei pezzi che usavamo,
quelli neri,
era quasi del tutto scrostato.

Il re bianco andò perduto,
dovemmo sostituirlo.

Mi hanno detto, ma non credo che sia vero,
che quell'estate vidi
gente impiccata ai pali del telefono.

Ricordo che mia madre
spesso mi bendava gli occhi.
Con quel suo modo spiccio d'infilarmi
la testa sotto la falda del soprabito.

Anche negli scacchi, mi disse il professore,
i maestri giocano bendati,
i campioni, poi, su diverse scacchiere
contemporaneamente.

(Prodigy, da Somewhere among us a stone is taking notes, 1969 – in Hotel Insonnia, Adelphi, 2002, Traduzione di Andrea Molesini)

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GLI AMICI DI ERACLITO

Il tuo amico è morto, quello con cui
giravi per le strade
a tutte le ore, parlando di filosofia.
Perciò, oggi sei andato solo,
fermandoti spesso per scambiarti di posto
con il tuo compagno immaginario,
e ribattere a te stesso
sul tema delle apparenze:
il mondo che vediamo nella testa
e il mondo che vediamo ogni giorno,
così difficili da distinguere
quando dolore e sofferenza ci piegano.

Voi due spesso vi siete fatti trascinare
tanto da trovarvi in quartieri strani
persi tra gente ostile,
costretti a chiedere indicazioni
proprio sul ciglio di una suprema rivelazione,
a ripetere la domanda
a una vecchia o a un bambino
che potrebbero essere entrambi sordi e muti.

Qual era quel frammento di Eraclito
che stavi cercando di ricordare
quando sei inciampato nel gatto del macellaio?
Nel frattempo, tu stesso ti eri perso
fra la scarpa nera nuova di qualcuno
abbandonata sul marciapiedi
e il terrore improvviso e l'ilarità
alla vista di una ragazza
abbigliata per una notte di ballo
che sfreccia sui pattini.

(The friends of Heraclitus, da Walking a black cat, 1996 – in Il mondo non finisce, Donzelli, 2001 - Traduzione di Damiano Abeni)

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Altre poesie di Charles Simić sul Canto delle Sirene:

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Di tutte le cose mai dette sulla poesia, l'assioma che meno è meglio ha fatto su di me l'impressione più grande e duratura.
CHARLES SIMIĆ, Granta, n. 124, Estate 2013

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Charles Simić, vero nome Dušan Simić (Belgrado, 9 maggio 1938 – Dover, New Hampshire, 9 gennaio 2023), poeta statunitense di origine serba. Iniziò la propria carriera nella prima metà degli anni settanta con uno stile letterario minimalista, nel tempo divenuto sempre più riconoscibile. Nel 1990 è stato insignito del Premio Pulitzer per la poesia.


martedì 10 gennaio 2023

Rehman Rahi


Il poeta indiano Rehman Rahi è morto ieri nella sua città natale, Srinagar, all’età di 97 anni. Autore premiato con la più alta onorificenza letteraria dell’India, il Jnanpith Award, ha portato nei suoi versi i pensieri di Sartre e Camus e del poeta del Kashmir più importante del XX secolo, Dinananth Nadim, traducendo anche dal punjabi al kashmiri la poesia sufi di Baba Farid. I suoi versi sono spesso introspettivi e omaggiano il territorio e l’appartenenza alla sua terra, esaltando la bellezza e la tradizione della lingua kashmiri: “Ho sempre e solo tentato qualcosa di debole e piccolo. È un dono di Dio per me, la poesia. Per tutta la vita ho fatto una campagna per la lingua del Kashmir. Quindi, quando le persone riconoscono il mio lavoro, ovviamente mi rende felice”.

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FOTOGRAFIA © WANDE

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SOSPETTI NEL BUIO

Ieri notte, il sonno se ne è andato tagliando il filo delle mie fantasie,
Ho scorto un'aquila nelle ombre selvagge della mia mente:
Sul suo becco, allo stesso modo antico, bruciava il sangue della colomba
Le cui piume sono state disperse dalle cime delle colline nell'atmosfera.
Girando la testa sul cuscino, ho avvistato un baratro profondo e buio
E mi sono alzato e ho appoggiato la schiena contro il muro, con il fresco dell'inverno
al centro del mio petto
Le mie labbra si sono seccate mentre i sussurri mi raggiungevano dalla finestra.
I fiocchi di neve navigavano al riparo degli anfratti .
Neanche un topo è strisciato dalla scatola all'armadio.
Al posto della mia giacca, un gatto appeso alla gruccia.
Strofinandomi gli occhi, ho cercato di tirare la trapunta fino alla mia schiena fredda
Ma oh, il Kangri ha tremato e le ceneri fredde e sventurate mi hanno baciato i piedi
Mentre il gufo fuori fischiava: "Oh guai a te, oh guai!"
Volentieri avrei levato un grido di lamento, se il mio cuore fosse stato accanto a me.
Improvvisamente ho richiamato alla mente il mio caro figlio
Con quale rapimento ha ascoltato la mia favola della buonanotte ieri sera:
Quando gli ho raccontato della sofferenza dell'ostrica nei suoi travagli!
Ma ha sentito solo una parte del racconto poi è stato sopraffatto dal sonno
Mi sono alzato come un lunatico e ho acceso la luce
E l’ho trovato disteso accanto al muro come un fungo sul monte,
In un sonno profondo con fiori profumati che sbocciavano sulle labbra,
E una goccia di sudore, appena spuntata, giocava sulla sua fronte.
Forse stava sognando il resto della storia!
Forse l'ostrica aveva prodotto una perla!

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UN SENTIMENTO

Fuori c’era la nebbia,
E silenzio,
E freddo:
Gli alberi spogli non avevano uno straccio per coprirsi.
I muri di fango circostanti stavano implorando.
Avevo visto cenere grigia nella stufa,
E stavo in piedi
Davanti alla finestra senza il monte Kangri,
Ogni volta che un'ombra si muoveva, giù nella strada
Mi veniva da chiedere:
“Hatay, dove stai andando?
Non mi porti con te?”
C'era nebbia,
E silenzio,
E freddo;
E di nuovo, mi sono seduto nell'angolo del granaio.

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Sia che il poeta scriva nel vecchio modo tradizionale o moderno - o che il poeta rappresenti la sua gente e la società nella sua poesia, questo può essere conosciuto e compreso solo quando qualcuno lo legge.
REHMAN RAHI, Wande, 15 maggio 2017

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Abdur Rehman Rahi (Srinagar, 6 maggio 1925 - 9 gennaio 2023), poeta, traduttore e critico del Kashmir. Ha ricevuto il più alto premio letterario indiano, il Jnanpith Award per l'anno 2004. La sua poesia ha subito l’influenza di Sartre e Camus e del poeta indiano Dinanath Nadim.


lunedì 9 gennaio 2023

Centenario di Katherine Mansfield


Katherine Mansfield, scrittrice neozelandese, moriva di inedia a soli 34 anni il 9 gennaio del 1923 nell’istituto di Gourdjeff a Fontainebleau mentre tentava di curare la tubercolosi. Si dedicò per tutta la vita anche alla poesia, che ritenne però sempre marginale rispetto ai suoi racconti, inserendo spesso le sue liriche nei diari o usandole per sviluppare le sue storie in prosa. La prima proposta, scritta a nemmeno vent’anni, vinse un premio ad una gara di improvvisazione.


FOTOGRAFIA © NATIONAL LIBRARY

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PERCHÉ L’AMORE È CIECO

Il bambino Cupido, stanco del giorno d'inverno,
singhiozzava e si lamentava per cieli limpidi e aperti,
finché, sciocco bambino! perse gli occhi per aver pianto così tanto -
e nacquero le viole.

1908

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L’ABISSO

Un abisso di silenzio ci separa
Io sono da una parte dell'abisso  -tu dall'altra -
Non riesco a vederti o a sentirti, ma so che ci sei
Di solito ti chiamo con il tuo nome da bambino
e fingo che l'eco del mio urlo sia la tua voce.
Come possiamo attraversare l'abisso - senza mai parlarci o toccarci
Un tempo pensavo che avremmo potuto riempirlo di lacrime
Ora voglio distruggerlo con le nostre risate.

1911

(da Poesie, 1923)

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Altre poesie di Katherine Mansfield sul Canto delle Sirene:

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Solo essendo fedele alla vita mi è possibile essere fedele all’arte. Ed essere fedeli alla vita significa essere buoni, sinceri, semplici, onesti.
KATHERINE MANSFIELD, Diario, 1921

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Katherine Mansfield, pseudonimo di Katherine Beauchamp (Wellington, 14 ottobre 1888 – Fontainebleau, Francia, 9 gennaio 1923),  scrittrice neozelandese nota soprattutto per i suoi racconti, in cui un'arte evocativa trasfigura con grande delicatezza un materiale essenzialmente autobiografico, influenzato dall’opera di Čechov.