EUGENIO MONTALE
CLIZIA NEL ‘34
Sempre allungata
sulla chaise longue
della veranda
che dava sul giardino,
un libro in mano forse già da allora
vite di santi semisconosciuti
e poeti barocchi di scarsa reputazione
non era amore quello
era come oggi e sempre
venerazione.
(da Altri versi e poesie disperse, Mondadori, 1981)
.
La ricerca di una musa femminile attraversò tutta la vita di Eugenio Montale. Il Premio Nobel genovese credette di individuarla in Gerti Frankel, in Maria Luisa Spaziani, nella “Mosca” Drusilla Tanzi, e in Irma Brandeis, giovane ebrea americana studiosa di Dante, che conobbe a Firenze nel 1933 e immortalò in alcune celebri poesie, travisandola nei panni ovidiani della donna angelo Clizia: Lo sai, debbo riperderti e non posso, Ti libero la fronte dai ghiaccioli, La primavera hitleriana. Il conflitto fu tra Irma e Drusilla, che il poeta frequentava contemporaneamente: la “Mosca” tentò in ogni modo di interrompere la storia, anche con due tentativi di suicidio e la ebbe vinta. Nell’ultima lettera Irma rimprovera Montale: “Purtroppo, io ti amo. Ogni cosa che fai per farti del male, la fai anche a me. Non posso sopportare questa nostra vita dolente e poco eroica, ridicola quasi, ma vedo che ormai è troppo tardi per porvi rimedio”. Qui, molti anni dopo – la poesia è del 1980 – l’ottantaquattrenne Montale ricorda Irma e sembra voler mettere i puntini sulle i a quella storia che non fu amore ma venerazione: “Tu / che il non mutato amor mutata serbi, / fino a che il cieco sole che in te porti / si abbàcini nell’Altro e si distrugga / in Lui, per tutti”.
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OTHON FRIESZ, "DONNA IN CHAISE LONGUE"
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LA FRASE DEL GIORNO
Cerco il segno / smarrito, il pegno solo ch'ebbi in grazia / da te.
EUGENIO MONTALE, Le occasioni