venerdì 30 aprile 2021

Cuore, non ti tormentare


ELÍAS NANDINO

DECIME AL CUORE, I

Cuore, non ti tormentare
se tradiscono il tuo amore,
aspetta un tempo migliore
e mai non ti scoraggiare.
Il male devi accettare
finché la vita diviene
la rivolta che ti tiene
dall’anelare il passato,
e meditare isolato
che il male talvolta è bene.

(da Parola notturna, 1960)

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Nelle sue decime – componimento di dieci versi in ottonari rimati, diffuso nella letteratura spagnola - il poeta messicano Elías Nandino teorizza uno dei suoi temi principali: il dolore accompagna il piacere e questa sofferenza è la ragione della vita, nella quale riveste notevole importanza l’amore.

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JACK VETTRIANO, "IL PESO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Non mi interessa come giudicano la mia vita, ho cercato di viverla rigorosamente facendo quello che voleva lei.
ELÍAS NANDINO




Elías Nandino Vallarta (Cocula, 19 aprile de 1900 - Guadalajara, 2 ottobre 1993) , poeta messicano. Chirurgo, iniziò a pubblicare poesie a 22 anni. Le sue opere trattano temi oscuri, come la notte, il sogno e la morte, aprendo con la maturità al sentimento e al rapporto del corpo con la natura.


giovedì 29 aprile 2021

Non la superbia


BELLA ACHMADULINA

NON DEDICARMI TROPPO TEMPO

Non dedicarmi troppo tempo,
non pormi tante domande.
Non sfiorare la mia mano
con i tuoi occhi buoni, fedeli.

Non seguirmi in primavera
lungo le pozzanghere.
Lo so: una volta ancora, nulla
verrà fuori da questo incontro.

Forse pensi: è per superbia
che non mi vuole amico.
Non la superbia… l'amarezza
tiene così alta la mia testa.

(da Poesie scelte, Fondazione Piazzolla, 1993 – Traduzione di Donata De Bartolomeo)

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Le poesie d’amore di Bella Achmadulina sono in realtà versi molto amari, colmi di disincanto e di disinganno: l’amore, per la poetessa russa, è un sentimento che ha sì un inizio ma che poi rovina lungo il suo declivio fino all’ineluttabile separazione. Sembra in questa poesia allontanare chi le propone amore, evitargli questo doloroso percorso, consumando tutta la possibile felicità nella rinuncia.

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DIPINTO DI MILT KOBAYASHI

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LA FRASE DEL GIORNO
L’ispirazione è eccessiva, senza posa / l’anima muta inspira l’attimo fuggente, / non la salverà un altro respiro, ma soltanto / la parola da me pronunciata?
BELLA ACHMADULINA




Bella Achatovna Achmadulina (Mosca, 10 aprile 1937 – 29 novembre 2010), poetessa russa. Fece parte con il primo marito Evtušenko e con Voznesenskij, della generazione poetica poststaliniana, favorita dal “disgelo” distaccandosi dalla retorica ufficiale. Condusse un'originale ricerca sul linguaggio, con purezza espressiva e fede nella parola.


mercoledì 28 aprile 2021

L’assolata collina


ROBERT FROST

L’OSSERVATORIO

Se stanco d’alberi di nuovo cerco gli uomini,
bene io so dove affrettarmi – nell’alba,
a un pendio dove pascola la mandria.
Là in mezzo a pigri ginepri adagiato,
non visto io vedo nitide nel bianco
lontano le case di uomini e, più ancora
lontano, le tombe di uomini su un’opposta collina,
vivi o morti, ma tutti da ricordare.

E se per mezzogiorno anche mi stanco
di loro, non ho che da voltarmi sul fianco
e l’assolata collina mi illumina in viso,
il mio respiro è una brezza al fiordaliso che trema,
odoro la terra, la piantina ferita,
guardo dentro il cratere della formica.

(The Vantage Point, da A boy’s will, 1913 - Traduzione di Giovanni Giudici)

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Divergevano due strade in un bosco e io... / Io presi la meno battuta, / E di qui tutta la differenza è venuta” scrisse Robert Frost nella sua poesia più celebre: ecco dunque il protagonista che sosta guardando dall’alto di quella strada più isolata, riposandosi combattuto tra il desiderio di abbandonarsi alla natura e la voglia di mantenere rapporti con la civiltà.

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SAMUEL LANCASTER GERRY, "L'ARTISTA SOTTO UN ALBERO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il movimento più eccitante nella natura non è il progresso, l’avanzamento, ma l’espansione e la contrazione.
ROBERT FROST




Robert Lee Frost (San Francisco, 26 marzo 1874 – Boston, 29 gennaio 1963), poeta statunitense, vincitore di quattro Premi Pulitzer. Le sue poesie, attraverso la raffigurazione con una notevole padronanza del linguaggio colloquiale della vita rurale del New England all’inizio del ‘900, indagano temi sociali e filosofici. La strada non presa è la sua poesia più celebre.


martedì 27 aprile 2021

Caro Leopardi


NELO RISI

LA VITA NON È POI TANTO MALE

La vita non è poi tanto male
caro Leopardi, credi la vita
è lotta soprattutto d’amore
senza esclusione di colpi, quindi
aggressività non sempre franca
ma anche leale contesa, è Tancredi
e Clorinda con un po’ meno di pietà
cristiana, è nostro sforzo più sincero
è la corrente che come passa si riduce
fino a estinguersi, nel nulla – e qui ti seguo
signor conte.

(da Pensieri elementari, Mondadori, 1961)

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La poesia di Nelo Risi ha saputo gettare uno sguardo penetrante sulla società del dopoguerra, su quella costruzione che dalle macerie del conflitto portò al boom economico e all’automazione. Registra gli orrori della storia, le ingiustizie, l’alienazione ma riesce ancora - in contrasto naturalmente con la visione leopardiana - a trovare in quella società l’amore, la dolcezza, il piacere (l’episodio accennato di Tancredi e Clorinda è lo scontro citato nella Gerusalemme liberata tra il condottiero cristiano e la guerriera musulmana di cui è innamorato e che deve per un capriccio della sorte combattere in un duello all’ultimo sangue).

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GAETANO LAPIS, "BATTESIMO DI CLORINDA"
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LA FRASE DEL GIORNO
Su / e giù / sull’altalena /a ripagarci d’ogni pena / ogni sera ci auguriamo / un mattino migliore. / Ma i nostri sforzi sono frivoli / ma non si può che / peggiorare in meglio.
NELO RISI, Pensieri elementari




Nelo Risi (Milano, 21 aprile 1920 - Roma. 17 settembre 2015), poeta e regista italiano. Laureato in Medicina, non praticò mai la professione. Partito da una lezione montaliana, si staccò dall’ermetismo trovando il suo spazio espressivo in uno spirito critico, spesso ideologico, capace di indagare con una precisione nitida e scrupolosa gli aspetti psicologici e sociali del vivere.


lunedì 26 aprile 2021

Nel sorso di caffè


PIERLUIGI CAPPELLO

DUE

Lascio la camera com'era quando era nei tuoi occhi,
incontrarti è il sapore che trattengo nel sorso di caffè.

Tra il piacere e quel che resta del piacere
il mio corpo sta come un posto dove si piange
perché non c'è nessuno.

Un giorno settembre era limpido e ventoso
il silenzio ammutoliva, la terra tornava al cielo.

(da Mandate a dire all'imperatore, Crocetti, 2010)

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“Quando lei se ne andò per esempio / trasformai la mia casa in un tempio” cantava Lucio Battisti con le parole di Mogol in Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi. Ed è quella cristallizzazione del ricordo che appare anche nella poesia di Pierluigi Cappello: per arginare il vuoto ci si aggrappa al salvagente della memoria senza accorgersi che si va a fondo sempre di più.

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PAUL WORNER, "MODELLO CHE BEVE CAFFÈ"

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LA FRASE DEL GIORNO
Ho annusato con l’odore / delle erbe di pioggia / l’odore denso d’amore, / come se amore mi fosse / il peso intero di un cielo / sulla tenerezza di un fiore.
PIERLUIGI CAPPELLO, Il me Donzel




CappelloPierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1º ottobre 2017), poeta italiano. La sua vita è stata gravemente segnata da un incidente stradale occorsogli quando aveva sedici anni: dallo schianto della sua moto contro la roccia uscì con il midollo spinale reciso e una perenne immobilità. Ha scritto numerose opere, anche in lingua friulana.


domenica 25 aprile 2021

Centenario di Margherita Guidacci


La poetessa Margherita Guidacci nasceva a Firenze il 25 aprile di cento anni fa. Esordì nel 1946 con La Sabbia e l’Angelo, di cui lei stessa dice: “rappresentava per me non la realizzazione di un’ambizione letteraria ma lo sblocco di una tensione psicologica che si era accumulata durante l’esperienza della guerra e che, se non avessi potuto trovarle una via di uscita, mi avrebbe disgregata”. Quello che in effetti le successe più avanti, negli Anni ‘60, dopo la crisi del suo matrimonio, con il ricovero in una clinica neurologica, che darà origine alla raccolta Neurosuite, espressione drammatica di quel mondo e di quella dolorosa esperienza. Morì a Roma nel 1992, due anni dopo essere stata colpita da un ictus.

La sua poesia, estranea all’ermetismo imperante – da lei tacciato come “accostamento magico di suoni” a scapito di un “accostamento drammatico di significati” – non cerca la misura delle parole e dei versi per un’estetica letteraria ma in funzione della rivelazione del sentimento.

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MEDITAZIONE A BELLAGIO

a Giovanni Getto

Con questi stessi occhi che ora guardano
monti e boschi sul puro arco del lago,
con questi stessi occhi e non con altri
noi vedremo il Signore.

Prima saremo stati solo un pugno di polvere,
sparso dal veto su pietre e su acque;
decomposte con noi parole e azioni
come le orme di antichi viandanti.

Ma ogni cosa perduta fa ritorno
ed ogni cosa sepolta riaffiora;
ogni attimo di vita si riannoda
per seguirci davanti al Signore.

E l'attimo che chiaro ora si libra
su questo lago e sulle nostre anime,
neppur esso è perduto nel tempo, ma s'avvia
dove non potrà il tempo divorarci!

(da Paglia e polvere, Rebellato, 1961)

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CUMANA, I

(Deìfobe, di se stessa)
Del vaticinare con le foglie

Io nulla scrivo sulle foglie. Vi leggo
quel che le foglie recano già scritto
in sé, nelle intricate nervature
simili a vene sul dorso della mano
o linee incise nel palmo. Il sguardo,
che segue il biforcarsi di vie segrete,
coglie ad incroci turgidi di linfa
i nodi del significato. Così
si fa più chiaro il messaggio.
Ma quella che tu chiedi, e che tu chiami
la mia risposta. E' la vita che parla
in ogni cosa viva, mentre passa
verso la morte. Vi pongo di mio
soltanto un giusto angolo di sguardo.
E il calmo gesto con cui, dopo averle
lungamente scrutate, affido al vento
queste mie foglie, e il vento se le porta,
esso solo compiendo
per un diritto immemorabile
il sussurrante vaticinio.

(da Il buio e lo splendore, Garzanti, 1992)

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Altre poesie di Margherita Guidacci sul Canto delle Sirene:

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LA FRASE DEL GIORNO
Così un canto d’uccello / addolcisce l’immensità del cielo / e una singola vela / rende umano il mare.
MARGHERITA GUIDACCI, Il vuoto e le forme




Margherita Guidacci (Firenze, 25 aprile 1921 – Roma, 19 giugno 1992), poetessa e traduttrice italiana. Dopo la crisi del suo matrimonio, negli Anni’60, superò un decennio di grave sofferenza psichica che culminò nel ricovero in una clinica neurologica. Tra i poeti da lei tradotti John Donne, Emily Dickinson, T.S. Eliot ed Elizabeth Bishop.


sabato 24 aprile 2021

La figlia di un faraone


NUALA NÍ DHOMHNAILL

LA QUESTIONE DEL LINGUAGGIO

Ho riposto la mia speranza nell'acqua
nella barchetta del linguaggio,
proprio come si lascia un bambino
in una culla
di gigli selvatici
intrecciati
strofinando l'esterno
con bitume e catrame,

poi lo lascio andare
tra le canne
e il pianto delle donne
in riva al fiume
guardandolo e chiedendomi
se la corrente lo porterà
cercando di vedere se, come Mosè,
la figlia di un faraone verrà a salvarlo.

(da La figlia del Faraone, 1992)

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Nuala Ní Dhomhnaill è una poetessa irlandese che scrive esclusivamente in gaelico e ha dedicato tutta la vita a valorizzare la bellezza e il significato storico di una lingua che non solo fa parte delle sue radici ma che ha una grande attitudine per l’espressione poetica. Il suo linguaggio attinge a temi della tradizione, della mitologia e del folclore irlandese, attualizzandoli con temi moderni. E dunque quella lingua gaelica è per lei lasciata in balia della corrente come Mosè per essere salvata dal feroce inglese imperante.

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SCUOLA DI RAFFAELLO, "MOSÈ SALVATO DALLE ACQUE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mito è una struttura fondamentale della nostra realtà, una narrazione che poniamo sul caos delle sensazioni per dare un senso alle nostre vite.
NUALA NÍ DHOMHNAILL




Nuala Ní Dhomhnaill (Lancashire, Regno Unito, 1952), poetessa irlandese di lingua gaelica. Nata in Inghilterra, si trasferì in Irlanda con la famiglia a 6 anni. Le sue poesie attingono al folclore e alla mitologia irlandese combinati con temi moderni come il femminile, la sessualità e la cultura.


venerdì 23 aprile 2021

Francesco Scarabicchi


Il poeta Francesco Scarabicchi, malato da tempo, è scomparso nella sua Ancona ieri mattina. Classe 1951, traduttore di Machado e Lorca, attratto dalle arti figurative, allievo di Franco Scataglini, esordì nel 1982 La porta murata, cui seguirono altre dieci raccolte tra cui spiccano Il prato bianco e Il cancello, caratterizzate da un’assenza di retorica e da un’attenzione per le piccole cose che lo portano a meditare sul tempo, sulla vita e sulla morte, sul ricordo. Alcuni dei suoi ultimi versi sono una sorta di epitaffio: “È stato nel suo mondo  / un po’ da parte, / un cantonale / che non dà disturbo / fin quando se n’è andato / dove niente, a nessuno, / è necessario”.

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FOTOGRAFIA © YOUTVRS

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MAIS OU SOUNT

Non è stato un ritorno il riapprodare
all’isola nascosta della casa.
Credo fosse il dicembre
di un natale felice,
la pioggia che batteva il lungomare,
le stanze vuote come gusci d’uovo.

In piedi, nel vano della porta
( il segno dei quadri alle pareti ),
come se fossi stata muta al fianco,
ti ho chiesto:  «I vivi di qui, adesso,
dove sono?»

(da Il cancello, peQuod, 2001)

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PRIMO PRELUDIO

a Massimo Recalcati

Non la musica,
non la sua rovina,
ma un’assenza di
niente che declina
come di neve
bianca una collina
senza il gelo del mese,
senza inverno;
così è stato l’inferno
che non brucia
di anni votati
al vetro che traspare
tutto il mondo di là
che, in lontananza,
è dato di vedere
e non toccare,
vuoto di voce
voce di sembianza
persa nell’aria
che non sa tornare.
Anni di fiume fermo,
acqua nel sonno
della pena che tace
e che si insinua
dove il sogno finisce
e in lui cammina

(da Il prato bianco, L’Obliquo, 1997)

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LA FRASE DEL GIORNO
C'è, nel luogo che lasci, quando parti, una tranquilla carità di sguardi.
FRANCESCO SCARABICCHI, Il prato bianco




Francesco Scarabicchi (Ancona, 10 febbraio 1951 – 21 aprile 2021), poeta e traduttore italiano, che si occupava anche di arti visive. La sua è definita una poesia realistica e le sue tematiche sono concentrate sui temi del tempo, della vita, della morte e del ricordo.


giovedì 22 aprile 2021

Ma più la natura


GEORGE GORDON BYRON

VI È UN INCANTO NEI BOSCHI SENZA SENTIERO

Vi è un incanto nei boschi senza sentiero.
Vi è un estasi sulla spiaggia solitaria.
Vi è un asilo dove nessun importuno penetra
in riva alle acque del mare profondo,
e vi è un armonia nel frangersi delle onde.
Non amo meno gli uomini, ma più la natura
e in questi miei colloqui con lei io mi libero
da tutto quello che sono e da quello che ero prima,
per confondermi con l’ universo
e sento ciò che non so esprimere
e che pure non so del tutto nascondere.

(There is a Pleasure in the Pathless Woods, da Il pellegrinaggio del giovane Aroldo, 1818)

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Vi è un incanto nei boschi, sulla spiaggia, in riva al mare. Possiamo dirlo forte insieme al poeta inglese George Gordon Byron oggi, Giornata della Terra in cui si celebra la salvaguardia dell’ambiente e del pianeta. Ma lo dobbiamo tenere sempre presente quando ci troviamo di fronte a uno di quegli spettacoli, che siano la Scala dei Turchi o le vette del Catinaccio, o un anonimo bosco o un placido fiume di pianura: basta un niente a distruggerli, ci vogliono secoli per ricostituirli.

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VISTA DALLA GROTTA DI BYRON A PORTOVENERE - FOTOGRAFIA © VUEMME/FLICKR

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LA FRASE DEL GIORNO
La terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra.
PROVERBIO DEI NATIVI AMERICANI




George Gordon Noel Byron, sesto barone di Byron, noto anche come Lord Byron (Londra, 22 gennaio 1788 – Missolungi, 19 aprile 1824), poeta e politico britannico. Considerato da molti uno dei massimi poeti britannici, fu esponente di spicco del Romanticismo.

mercoledì 21 aprile 2021

Già sanno di noi


WISŁAWA SZYMBORSKA

NOTORIETÀ

Eccoci qui distesi, amanti nudi,
belli per noi – ed è quanto basta -
solo con foglie di palpebre vestiti,
siamo immersi nella notte vasta.

Ma già sanno di noi, già sanno
queste quattro mura, la stufa spenta,
ombre sagaci sulle sedie stanno
e il tacere del tavolo è eloquente.

E sanno i bicchieri perché sul fondo
il tè non bevuto si raffredda.
Swift ormai non può certo fare conto
che questa notte ci sia chi lo legga.

E gli uccelli? Non illuderti per niente:
ieri li ho visti scrivere volando
con ardire e apertamente
quel nome con cui ti sto chiamando.

E gli alberi? Qual è il significato
del loro incessante bisbigliare?
Dici: solo il vento forse è informato.
Ma di noi come ha potuto sapere?

Dalla finestra è entrata una falena,
e con le sue piccole ali pelose
atterra e decolla di gran lena,
fruscia sul nostro capo senza posa.

Forse quell’insetto, più di noi dotato
d’una vista acuta, vede meglio?
Io non ho intuito, né tu indovinato
che i nostri cuori splendono nel buio.

1957

(da Appello allo yeti, 1957 – Traduzione di Pietro Marchesani)

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L’amore è sbocciato, la passione travolgente ha tracimato come un fiume in piena, i corpi si sono saziati. Il fatto è compiuto, gli amanti riposano nudi sul letto e il mondo privato è già cambiato: non c’è bisogno di comunicare il nuovo stato delle cose, è già evidente, appare dal tè raffreddatosi perché dimenticato, dal libro di Swift abbandonato, da quella sorta di fosforescenza. È già notorio, dice la poetessa polacca Wisława Szymborska.


MALCOLM LIEPKE, "COPPIA A LETTO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Un amore felice. È normale? / È serio? È utile? / Che se ne fa il mondo di due esseri / che non vedono il mondo?
WISŁAWA SZYMBORSKA, Ogni caso




Maria Wisława Anna Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.


martedì 20 aprile 2021

Non averti


JUAN GELMAN

POCO SI SA

Non sapevo che
non averti poteva essere dolce come
chiamarti perché tu venga nonostante
non venga e non ci sia che
la tua assenza tanto
dura come il colpo che pensandoti
mi son dato in faccia

(da Relazioni, 1973)

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“Dolce” e “dura”: sono i due volti dell’assenza dell’amata secondo il poeta argentino Juan Gelman. La dolcezza è chiaramente la luce del ricordo, lo splendore del desiderio, il riflettersi della nostalgia. La durezza è l’ombra del vuoto, la sua oscurità in cui l’assenza manifesta tutta l’asprezza della mancanza.

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IMMAGINE © DAILYMOTION
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LA FRASE DEL GIORNO
L'amore è una cosa e la parola amore un'altra, e solo l'anima sa dove entrambe si incontrano.
JUAN GELMAN




Juan Gelman (Buenos Aires, 3 maggio 1930 – Città del Messico, 14 gennaio 2014), poeta, scrittore e giornalista argentino. Vincitore del Premio Cervantes nel 2007, è autore di una poesia esistenziale con accenti lirici e intimisti, divenuta più sociale con l’avvento della dittatura militare (il figlio e la nuora furono sequestrati e uccisi dal regime, la nipote data in adozione) e l’esilio.


lunedì 19 aprile 2021

I tristi amori lumache


GIOVANNI GIUDICI

COSANESAI

Cosa ne sai, cosa ne sai... Niente
ne seppi infatti prima che all'improvviso
quando tutto pareva a posto - io
che in me di crema e miele me la cullavo
canora, coreografica eventualmente,
in un qualche giardino appositamente allestito.
E invece niente - fu asettica, vitaminica,
per non dire del tutto jemenfoutiste.

Alle mie sparute proteste - oh no, diciamo
semplicemente legittime richieste
di spiegazione: mi sembrava che tu avessi
ventilato... C'è poco da ventilare,
sardonica tagliauccelli con un risolino in gola
o ( che è lo stesso ) un po' di naso nel tono
che tra donne si scambiano confidenze,
che mai ti prende vuoi scherzare - mi disse.

E io, che quali amori chissà o tiepidi
trionfali con lei e me al centro della cupola,
sparutamente protestando - oh no,
diciamo con urbanità domandando,
coccige premuroso ad arco nella postura
d'accoglienza di rispettosa
istanza a un tempo chiappe e guancia porgendo
al suo cosa ne sai - tanto per prendere tempo.

Perché poi mi dicesse - tutto sul lieto
fine puntavo - un veramente dolce
cosa-ne-sai loschetta nel tono di quella
che sotto il letto ti nasconde in fretta
e - aspetta solo un momento, bisbiglia
per liberarsi non so
di un qualche noioso impegno preesistente
o una scaletta dietro un paravento ti mostra.

E fu in quella appunto che per sempre si eclissò
mentre io ancora: ochèi,
ochèi - ripetevo a lei perfettamente
tranquillo gallinaceo continuando a beccare
per terra calandrino e calarmi le brache...
Per questo non mi piacciono i tristi amori lumache
tutti i tuoi dopovedremo i tuoi cosanesai
- ne ho abbastanza, ormai.

(da Autobiologia, Mondadori, 1969)

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Una sera come tante, e nuovamente / noi qui, chissà per quanto ancora, al nostro / settimo piano, dopo i soliti urli”: è la vita protagonista delle poesie di Giovanni Giudici, quell’esistenza cruda e impoetica che però sa rivelare travolta la labile traccia da sempre ricercata. Qui l’indagine si sposta nel rapporto uomo-donna, nel campo dell’amore, si infila sotto le lenzuola, nel ginepraio di discorsi da cui quello stesso amore esce smitizzato, perdendo l’illusoria dolce misticità che lo aveva originato.

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DIPINTO DI JACK VETTRIANO

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LA FRASE DEL GIORNO
L'essere è più del dire - siamo d'accordo. / Ma non dire è talvolta anche non essere.
GIOVANNI GIUDICI, La vita in versi




Giovanni Giudici (Porto Venere, 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011), poeta e giornalista italiano. Della sua formazione cattolica e del suo lavoro nell'industria ha fatto i poli di una tensione che lo trascende e caratterizza il suo impegno civile. Numerose le sue traduzioni: Frost, Sylvia Plath, Orten, Pound, Ransom e Puškin.


domenica 18 aprile 2021

Strada tra le case


CAMILLO SBARBARO

ERA COLOR DEL MARE E DELL'ESTATE

Era color del mare e dell'estate
la strada tra le case e i muri d'orto
dove la prima volta ti cercai.
All'incredulo sguardo ti staccasti
un po' incerta dall'altro marciapiede.
Nemmeno mi guardasti. Mi stringesti
- con la forza di chi s'attacca - il polso.
A fianco procedemmo un tratto zitti.

Una macchina adesso mi portava
- procella appena dominata - verso
il luogo di quel primo appuntamento.

Già la svolta il mio cuore riconosce
e, raffica, la macchina la imbocca,
ed ecco tu ti stacchi
un po' incerta dall'altro marciapiede.
(Non era che un crudele immaginare:
paralitico tenta con quest'ansia
la parte, se il male la guadagni).

Il tempo di pensarti: ma nell'attimo
che dolcissima spina mi trafisse!
Acuta come questa non mi desti
altra gioia, non mi potevi dare.
T' amavo. Amavo. Anche per me nel mondo
c'era qualcuno.

O strada tra le case - benedetta -
dove la prima volta nella vita
pietà d'altri che me mi strinse il cuore.

(da Rimanenze, All’Insegna del Pesce d’oro, 1955)

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Donna e paesaggio si mescolano nelle poesie d’amore di Camillo Sbarbaro, con toni linguistici dal sapore quasi montaliano: è un amore che comincia con tutte le timidezze e i batticuori del caso, è un riconoscimento dell’altro, del suo tentativo di placare il tumulto, anche se alla fine incapace di vincere l’aridità del vivere: “Estrema delusione degli amanti! /  Invano mescolarono le vite /  s’anche il bene superstite, / i ricordi, son mani che non giungono a toccarsi".

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DIPINTO DI RICHARD BLUNT

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LA FRASE DEL GIORNO
Tu mi cammini innanzi lenta come / una regina. / Regolo il mio passo / io subito destato dal mio sonno / sul tuo ch'è come una sapiente musica.
CAMILLO SBARBARO, Rimanenze




Camillo Sbarbaro (Santa Margherita Ligure, 12 gennaio 1888 – Savona, 30 ottobre 1967),  poeta, scrittore e aforista italiano. Nelle sue poesie seppe coniugare un’osservazione della natura e un’analisi anche introspettiva della psicologia umana con uno stile secco e acuto.


sabato 17 aprile 2021

Questo anello


CAROL ANN DUFFY

ANELLI

Avrei potuto alzare la tua mano al cielo
per darti l'anello che cerchia la luna
o cercare di abbinare i cerchi dei tuoi occhi
ai miei
o aggiungere un anello a quelli di un albero
tracciando un cerchio a mani strette con te,
o camminare insieme
al rintocco di campane
che avvolge i campi,
o imprimerti un cerchio rosso sulla guancia,
un fiore pressato
o incontrarti
allo scoccar di un'ora
e un'altra ancora...
Avrei potuto
aprire il tuo palmo al tempo, girare e rigirare
fino ad inanellare di pioggia le tue dita
o stringerti a me,
al suono della nostra canzone
nel giro di un lento,
o incidere i nostri nomi
nell'anello storto di un cuore
o udire lo stridulo verso di una civetta
sulla buia via del ritorno
o il verso - per primo -
d'un coro di uccelli
a risvegliare la casa
o offrirti il giro di boa d'una barca, remando sul lago,
o un girotondo di cigni - monogami - in coppia,
o i cerchi d'acqua formati dai pesci
coi loro salti e tuffi
o il disco riflesso del sole, là...
Avrei potuto legare
un filo d'erba,
una fede verde per il tuo dito,
o recitarti a memoria i versetti di un sonetto
o portarti una rosetta di lichene
trovata su un tiepido muro,
o darti un anello di ghiaccio in inverno
o nella neve
cantare con te i cinque anelli d'oro d'un canto di Natale
o rubarti un ricciolo di capelli
o sussurrarti in un orecchio la parola
vera che ci hai portato qui,
dove nulla e nessuno ha torto

e quindi ti dono quest'anello.

(da Le api, Le Lettere, 2014 - Traduzione di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti)

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È la poesia che la poetessa scozzese Carol Ann Duffy – in veste di Poeta Laureato del Regno Unito – scrisse per il matrimonio reale del 29 aprile 2011 tra il principe William e Kate Middleton: è un semplice anello quello che gli sposi si donano? Naturalmente no, è un minuscolo simbolo, per quanto prezioso, che condensa in sé una miriade di significati, una successione di momenti di dolcezza e di bellezza, di amore e di tenerezza colti qua e là lungo il tempo.

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FOTOGRAFIA © WALLPAPERFLARE

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LA FRASE DEL GIORNO
Non una rosa rossa o un cuore di seta. / Ti dono una cipolla. / È una luna avvolta in carta marrone. / Promette luce / come l’accurato denudarsi dell’amore.
CAROL ANN DUFFY, Tempo mediocre




Carol Ann Duffy (Glasgow, 23 dicembre 1955), poetessa e drammaturga scozzese, direttrice dei corsi di scrittura creativa presso la Manchester Metropolitan University e, dal 1º maggio 2009 Poeta Laureato del Regno Unito. Nelle sue poesie dà spesso voce a personaggi di outsiders.


venerdì 16 aprile 2021

Frecce verso la luce


PHILIPPE JACCOTTET

LETTERA

Michelle, noi fummo uccelli che si sfiorano,
frecce verso la luce, che s'inseguono
gridando sempre più in alto, fino all'estasi,
sorella dell'effimero.
- Non servono le immagini fra noi: dissi parole
in sogno, che rendono più breve la distanza
fra i nostri corpi, figure infernali; tu sapevi
formarne anelli abbastanza stretti
perché esultassero scordando i loro limiti
e la morte che - curiosa - dietro aspetta;
io, ero troppo spesso un fanciullo distratto,
viaggiavo e poi invecchiavo, abbandonandoti,
e quando risalimmo lassù verso l'alba cruda,
ero uno spettro che tu guidavi di strada in strada,
là dove il canto del gallo mai più l'avrebbe raggiunto.
Eppure quest'ombra ti amava. E non sai mai
laggiù cosa ti attende, quale abbraccio...
- Abitante di questa notte, penserai
senza troppo odio a chi dimora chissà dove
e ti sfiorò come un uccello sulle palpebre,
poi risalì, senza cessare di scorgere in basso
il tuo sorriso scintillante come un fiume.

(da Lo spettro e altre poesie, 1953 – Traduzione di Fabio Pusterla)


“Sei qui, l'uccello del vento gira, / tu mio dolore, mia ferita, mio ​​bene. / Vecchie torri di luce stanno annegando / e la tenerezza apre le sue strade / La terra è ora la nostra patria”: il poeta svizzero Philippe Jaccottet e Michelle sono due amanti che si inseguono nel tempo ma senza mai trovarsi, viaggiatori su strade parallele, su piani che mai si incontrano ma che intersecano l’ombra e l’assenza, la luce e il possibile.

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RAFAL OLBINSKI, "LEZIONE IN BLU"

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LA FRASE DEL GIORNO
Come il fuoco, l’amore splende solo / sulla mancanza, e sopra la beltà dei boschi in cenere.
PHILIPPE JACCOTTET, L’ignorante




Philippe_Jaccottet_1991_by_Erling_Ma[2]Philippe Jaccottet (Moudon, 30 giugno 1925 – Grignan, Francia, 24 febbraio 2021), scrittore, poeta, traduttore e critico letterario svizzero di lingua francese. La sua poesia si sforza di trovare una relazione con la natura e il mondo, cercando di preservare l’emozione di fronte alle cose viste, lavorando ora sul percepito ora sul sentito.


giovedì 15 aprile 2021

Bernard Noël


Questo mese di aprile si è portato via un altro poeta: la sua casa editrice P.O.L., ha annunciato la morte il 13 aprile di Bernard Noël, 90 anni, autore francese poliedrico, teorizzatore della “sensure”, che giocando con l’omofonia con “censura” indica la privazione non della parola, ma del suo senso, ovvero della comprensione, dell’estensione, del significato. Alla sua base è l’abuso di linguaggio che diventa censura snaturandone il significato. La privazione del senso è quindi giocoforza al centro delle sue opere, così come la censura, cui è stato fatto oggetto nel 1968 a seguito di un romanzo erotico, e la violenza del potere.  In La pelle e le parole, nel 2012, tracciò quella che è stata la linea guida di tutta la sua esistenza: “Io / che mi scavo la pelle ogni giorno / non ho sete né di verità né di felicità né di nome / ma della fonte di questa sete".

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TGV 3

la notte viene lenta e grigia un virus nell’aria
lo sguardo prova a sentire la sua invasione
un fumo tre case un tratto di neve
come vedere la penetrazione dell’immagine
il deflusso quando le parole la espellono
ma niente e niente e niente un cerchio di luce
alcune forme appena intraviste in velocità
lingua spazzata dalla tempesta del tempo
il nero ha imbevuto tutto lo spazio
ogni cosa si è ridotta al suo fumo
la solitudine copre il finestrino

(da Il resto del viaggio, 1997)

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L’OSCURO LAVORO

l’oscuro lavoro
sfiora la tenera pelle
annerisce la schiena

nessun volto
il tu s’inarca
un muro d’amore

e l'apparato gode
da dietro
il leggio delle spalle

sorregge piegati
tutti gli sguardi
che non scambieremo

dimmi dici tu
ma l’intimità
è come la sirena

(da La metà del gesto, 1982 – Tradzuione di Viviane Ciampi)

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LA FRASE DEL GIORNO
Non c'è mai stato niente al di fuori del linguaggio per me. C'è l'inesprimibile perché c'è il dicibile.
BERNARD NOËL




Bernard Noël (Sante-Geneviève-sur-Argence, 19 novembre 1930 - 13 aprile 2021), poeta, scrittore, saggista e critico d’arte francese. Autore poliedrico, ha pubblicato anche con lo pseudonimo Urbain d'Orlhac. La sua poesia indaga sulla privazione di senso delle parole, quella che definisce “sensure”.


mercoledì 14 aprile 2021

Come una sposa novella


GIUSEPPE UNGARETTI

PRATO

La terra
s'è velata
di tenera
leggerezza

Come una sposa
novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore
sorridente
di madre

Villa di Garda, aprile 1918

(da L’Allegria, Preda, 19319

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Giuseppe Ungaretti, nell’aprile del 1918, è in attesa di essere trasferito con il suo reggimento in Francia, nella regione della Champagne-Ardenne. Durante una sosta sul lago di Garda il poeta coglie gli effetti della primavera: la terra che si è risvegliata e comincia a vestire di verde le piante e a fiorire le aiuole con leggerezza lo fa pensare ad una giovane madre.

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FOTOGRAFIA © GETWALLPAPERS

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LA FRASE DEL GIORNO

Vidi sparso sui rami tenebrosi, un velo di foglie, tremulo, impalpabile, incredibile, da più non credere che il mistero esista, non che si appalesi per miracolo. In realtà quel momento impareggiabile di grazia era costato alla natura mesi di lavoro sordo.
GIUSEPPE UNGARETTI, Filosofia fantastica




Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.


martedì 13 aprile 2021

Justo Jorge Padrón


“Si è troncato il nostro futuro, restano incompiuti i molti progetti. Ma ti prometto, amore mio, che lotterò sempre per difendere i tuoi sogni, per espandere la tua gran poesia che ha reso felici tanti lettori nel mondo intero”: come annunciato dall’amatissima moglie Kleopatra Filipova, intellettuale macedone e compagna di una vita, il poeta spagnolo Justo Jorge Padrón è morto di Covid-19 domenica scorsa all’Ospedale Paz di Madrid. Avvocato alle Canarie, a trent’anni abbandonò l’attività legale per dedicarsi interamente alla poesia. Nel 1977 aveva ritirato a Stoccolma il Premio Nobel per la Letteratura vinto dal poeta Vicente Aleixandre, impossibilitato a presentarsi in Svezia per motivi di salute. L’ultima sua opera, apparsa nello scorso autunno, Poesie per Kleo, riunisce cento liriche dedicate alla moglie.  Di prossima pubblicazione è la sua ultima opera, il cui titolo, Il canto del cigno, suona ora beffardo.

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COME IL PRIMO GIORNO

Stai cucendo a macchina
lentamente l'abito,
i sogni di nostra figlia.
Nelle tue mani si intrecciano
il tessuto e la luce.
Ti guardo e sento un sussulto
nel sangue. Ti parlo
senza muovere
le labbra
come se non ci fossero le parole.
È un silenzio illuminato
quello che sentiamo tra le nostre pareti
bianche. La macchina continua
a imbastire sogni,
la speranza si veste
con un abito da ragazza.
Solo uno sguardo
fugace e ci incontriamo
come il primo giorno:
l’amore continua. Ci basta.

(da I fuochi oscuri, 1971)

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IL TUO BATTITO È IL MIO

E ho lottato contro il sonno e la stanchezza
contro la rabbia infinita e l'assenza di radici.
Ho cercato, ho rovistato senza dubbio,
tra le flebili scintille cieche
della mia memoria per trovare un anno,
un giorno solitario, solo un momento
in cui potrei dire: non ti ho mai amato;
ma non ho incontrato un appiglio per mentire a me stesso,
per affermare anche la minima negazione.
Il tuo battito è il mio. Lì dove inizia
quell'intenso desiderio che chiamiamo vita,
lì, splendente in giorni diversi,
nella boscaglia ardente del mio stupore,
con il sì, con il no dell'abisso o della fortuna,
silenziosa mi aspetti come l'albero di fuoco
che sostiene il frutto lustrale della speranza.
Il mio sguardo ti invoca nel presente,
nella rotta incerta di qualsiasi lontananza
di quel mare che mi canta e mi seduce
con gli occhi ardenti del fulmine.
Hai sete dell'Eden che io non percepisco
e, negli accordi profondi della tua voce,
resti perenne, con la musica
fredda dell'anima e l’audace primavera,
in tutte le parole del sangue.

(da Brivido, 1999)

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Di Justo Jorge Padrón sul Canto delle Sirene:


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LA FRASE DEL GIORNO
Sono la furia ribelle dei miei versi / e il tempo soggiogato che mi resta.
JUSTO JORGE PADRÓN




Justo Jorge Padrón (Las Palmas de Gran Canaria, 1° ottobre 1943 - Madrid, 11 aprile 2021),​ poeta, saggista e traduttore spagnolo, figura importante della generazione poetica del Settanta. La sua poesia risalta per la sintesi tra lingua, emozione, concetto filosofico e immaginazione.


lunedì 12 aprile 2021

Édouard Maunick


Il poeta, critico e traduttore mauriziano Édouard Maunick è morto a Parigi sabato scorso. Era nato nel 1931 a Flacq, uno dei nove distretti dell’Isola di Maurizio. Dopo aver lavorato come libraio nella capitale Port Louis, era emigrato a Parigi nel 1960, per lavorare come scrittore e direttore della Coopération Radiophonique e in seguito della Collezione di Opere Rappresentative dell’UNESCO. Le sue poesie risentono dell’immaginario del paesaggio natale: “Quando apri gli occhi al mondo la prima volta” dichiarò in un’intervista “le prime immagini, i primi suoni, il primo gusto, be’, ogni cosa per me proviene da quell’isola. E ho subito deciso di offrire ogni talento che potessi avere a quell’isola, nominarla, descriverla – una descrizione interiore – e farla conoscere a un mondo sempre più vasto”.

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I VORTICI DEL MARE

0

la terra è invecchiata con questa storia del mare
le parole e i ritratti assistono sempre allo stesso destino

ma i poeti hanno i loro apocrifi
libri interdetti ai mattini del fuoco
incendiari del mare
non consumarono la memoria
che sulle spiagge di risonanze…


1

sono morto prima di te
prima del segno dentro di noi
avevo contro la pelle la prova di primavera
ma che ho fatto vivendo
se non abbordare la lacrima esatta
e l’esatta presenza
dunque cos’è se non solitudine

ora che il mio viso ha fatto il giro della tua mano
la ragione di parlare assassina la ragione di dire
troverai al suo posto la luce di morte lenzuola

e la dismisura possibile e la violenza delle dita
leggeranno sul tuo ventre la scrittura dell’esilio

(Torquemada-Lisbona)

(da I vortici del mare, 1964, in Autoantologia, Jaca Book, 1992 – Trad. Roberto Carifi)

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LA FRASE DEL GIORNO
Dirò che i tropici mi hanno preso in ostaggio. / Mi libera solo la poesia. Ne ho fatto un canto / di schiavo che rode le sue catene.
ÉDOUARD MAUNICK, Autoantologia




Édouard Joseph Marc Maunick (Flack, 23 settembre 1931 – Parigi, 10 aprile 2021), poeta e giornalista mauriziano di lingua francese. Emigrato a Parigi nel 1960, diresse la Collezione di Opere Rappresentative dell’UNESCO. La sua poesia, legata all’isola natale, trasmette sentimenti di isolamento e ricorda la persecuzione degli antenati africani.


domenica 11 aprile 2021

L’ombra e la luce


JUAN JOSÉ SAER

LA PAROLA È ANCHE VISIBILE

La parola è anche visibile,
la sua forma è azzurra, la sua consistenza quella dell’aria.
Il sole dorato parla con scintille di fuoco reale.
Non cercare
simboli, ma una semplice lettera di rami intrecciati,
presenza o assenza, o nell’acqua, segni torbidi.
Le tempeste non annunciano un dio occulto,
i baci riflettono una dolce tentazione passeggera.
Dove guardiamo, l’ombra e la luce si abbracciano con amore,
sulle nostre teste, nell’alto del giorno, la lettera rimane
dall’eternità, in attesa del suo significato.
Non cercare
ciò che non esiste in ciò che mormora di un amore impagabile,
la terra vergine, data nella sua totalità, accoglie i nostri grandi abbracci,
pietra di sogno o sogno di pietra,
tuttavia sottomessa a un ordine reale.

Non vedo tra gli alberi altro che un richiamo.

1963

(da Taccuini di lavoro. Progetti inediti, 2012)

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Un bosco, una foresta dove il sole si riflette nello specchio d’acqua – è il Paraná cantato in molte altre poesie e romanzi dallo scrittore argentino Juan José Saer: l’indagine sul significato del mondo è proprio lì, scritta nel cielo, nell’acqua, tra le piante, sulla pietra. Riconoscere che la parola è visibile è un passo in avanti per decifrare il mistero: "Vogliamo decifrare la morte, la vita, l'aria, le estati".

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FOTOGRAFIA © CAVENAGHI9

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LA FRASE DEL GIORNO
Sia chiaro: l'anima, come si suol dire, non è, a quanto pare, cristallina ma paludosa.
JUAN JOSÉ SAER, Glossa




Juan José Saer (Serodino, 28 giugno 1937 – Parigi, 11 giugno 2005), scrittore e poeta argentino. È ritenuto uno dei più importanti ed influenti autori della letteratura latinoamericana e della letteratura in lingua spagnola del XX secolo. Spazio e tempo sono i temi principali della sua opera.


sabato 10 aprile 2021

L’inquieta scelta


ROBERT FROST

LA VOCE DEGLI ALBERI

Gli alberi, mi domando.
Perché vorremmo sentire
Il loro fruscìo per sempre
Più di ogni altro rumore
Vicino a dove abitiamo?
Nel giorno noi li subiamo
Finché ogni misura di moto
E di fissità nella gioia
Perdiamo, e ascoltiamo assorti.
Son essi quel che di andare
Parla e mai non si muove;
e tuttavia ne parla benché sa,
crescendo nel senno e negli anni,
che adesso intende restare.
Punto i piedi sul pavimento,
sulla spalla reclino la testa,
se a volte li osservo ondeggiare
dall’uscio o dalla finestra.
Per qualche dove io partirò,
l’inquieta scelta farò
un giorno che stormiranno
agitati da far trasalire
le bianche nubi su loro.
Io avrò meno da dire,
ma me ne andrò.

  (da Mountain Interval, 1916 - Traduzione di Giovanni Giudici)

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La voce degli alberi è la poesia di Robert Frost che legge la tensione tra il desiderio e l’azione, tra la voglia di abbandonare tutto e partire e lasciare invece le cose come stanno. Lo suggeriscono quegli alberi che ondeggiano al vento e stormiscono e sembrano sempre sul punto di partire mentre in realtà sono saldamente ancorati al terreno: è un’immagine apparentemente ipocrita, ci dice il poeta statunitense, visto che “parlano di andare e mai se ne vanno”, ma in realtà, con il trascorrere degli anni, quella forza, quel conflitto tra il desiderio e la stasi tende a smorzarsi, a far pendere la bilancia verso la seconda.

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FOTOGRAFIA © PUBLICDOMAINPICTURES

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LA FRASE DEL GIORNO
Nessuno può sostenere sul serio che l'estasi ha da essere statica e fermarsi in un solo luogo.
ROBERT FROST, La figura che la poesia crea




Robert Lee Frost (San Francisco, 26 marzo 1874 – Boston, 29 gennaio 1963), poeta statunitense, vincitore di quattro Premi Pulitzer. Le sue poesie, attraverso la raffigurazione con una notevole padronanza del linguaggio colloquiale della vita rurale del New England all’inizio del ‘900, indagano temi sociali e filosofici. La strada non presa è la sua poesia più celebre.


venerdì 9 aprile 2021

Bicentenario di Baudelaire


Il 9 aprile 1821, in una casa del Quartiere Latino oggi distrutta nasceva a Parigi il poeta Charles Baudelaire. La sua carriera poetica iniziò nel 1845 con la pubblicazione sull’Artiste di A una dama creola. Aristocratico e bohémien Baudelaire è attratto da tutto ciò che porta all’estremo, da ciò che denuncia l’eccezionalità, la fantasia che invade il confine onirico e addirittura l’allucinazione ottenuta attraverso le droghe: tutte caratteristiche che si ritrovano nei suoi versi, pubblicati nel 1857 con il titolo I fiori del male, in cui il poeta appare come un angelo decaduto che cerca la liberazione. Considerato “poeta maledetto”, precursore del Decadentismo ed elemento di spicco del Simbolismo, Baudelaire morì il 31 agosto 1867, per le conseguenze di un ictus che lo aveva lasciato paralizzato nella parte destra del corpo. Aveva 46 anni.

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GUSTAVE COURBET, "CHARLES BAUDELAIRE"

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L’UOMO E IL MARE

Uomo libero, sempre tu amerai il mare!
Il mare è il tuo specchio; tu miri,
nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima
e il tuo spirito non è abisso meno amaro.

Ti compiaci a tuffarti entro la tua propria immagine;
tu l'abbracci con gli occhi e con le braccia,
e il tuo cuore si distrae alle volte dal suo battito
al rumore di questo lamento indomabile e selvaggio.

Siete entrambi a un tempo tenebrosi e discreti:
uomo, nessuno ha mai misurato  la profondità dei tuoi abissi;
mare, nessuno conosce le tue ricchezze segrete,
tanto siete gelosi di conservare il vostro mistero.

E tuttavia sono innumerevoli secoli
che vi combattete senza pietà né rimorsi,
talmente amate la carneficina e la morte,
eterni lottatori, fratelli implacabili.

(L’homme et la mer, da I fiori del male, 1857)

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ELEVAZIONE

Al di sopra degli stagni, al di sopra delle valli,
delle montagne, dei boschi, delle nubi, dei mari,
oltre il sole e l'etere,
al di là dei confini delle sfere stellate,

spirito mio tu ti muovi con destrezza,
e, come un bravo nuotatore che si crogiola sulle onde,
spartisci gaiamente le profonde immensità
con maschio indicibile piacere.

Fuggi lontano da questi miasmi pestiferi,
va' a purificarti nell'aria superiore,
bevi come un liquido puro e divino
il fuoco chiaro che riempie gli spazi  limpidi.

Lasciatisi alle spalle gli affanni e i dolori
che pesano con il loro carico sulla brumosa esistenza
felice chi può con ala vigorosa
slanciarsi verso i campi luminosi e sereni;

colui i cui pensieri, come allodole,
saettano liberamente verso il cielo del mattino;
colui che vola sulla vita. e comprende agevolmente
il linguaggio dei fiori e delle cose mute!

(Élévation, da I fiori del male, 1857)

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LA FRASE DEL GIORNO
Che cos'è l'arte pura secondo la concezione moderna? È la creazione di una magia suggestiva che accoglie insieme l'oggetto e il soggetto, il mondo esterno all'artista e l'artista nella sua soggettività.
CHARLES BAUDELAIRE, Scritti sull’arte




Charles Baudelaire (Parigi, 9 aprile 1821 - 31 agosto 1867), poeta francese, considerato il padre del Simbolismo. Dopo un viaggio in Oriente, trascorse quasi tutta la vita a Parigi in un alternanza di droghe, alcool, disordini e aspirazioni ideali. La sua poesia verte sull'uomo, le sue cadute e i suoi tentativi di rialzarsi tra spleen e ideale.


giovedì 8 aprile 2021

Una febbre di andare


CATULLO

È PRIMAVERA, TORNANO I GIORNI MITI

È primavera, tornano i giorni miti
e la brezza leggera dello zefiro
spegne nel cielo la furia dell'inverno.
Lasciamo i campi della Frigia, Catullo,
le pianure fertili e afose di Nicea;
via in volo per le città luminose dell'Asia.
Irrequieto ti brucia una febbre di andare
e nel desiderio ritrovi la tua forza.
Addio, dolce compagnia di amici:
partiti insieme dalla patria lontana,
ognuno per strade diverse ritorneremo.

(da Carmina, 46 – Traduzione di Mario Ramous)

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Tra il 57 e il 56 avanti Cristo il poeta latino Catullo fece parte della delegazione del propretore Gaio Memmio in Bitinia, regione dell’odierna Turchia a ridosso del Mar Nero. Qui è già nella primavera del 56, in procinto di abbandonare la città di Nicea – l’odierna İznik, nella regione di Bursa – per ritornare a Roma: il suo animo è esaltato dalla bella stagione che fiorisce ogni cosa nel vento tiepido, dalla ansiosa frenesia del viaggio, dalla voglia di rientrare in patria e vedere gli amici. Ma non tutti ritorneranno con lui, e quel dissolversi delle amicizie crea una profonda vena di malinconia.

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FOTOGRAFIA © WALLPAPERFLARE

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LA FRASE DEL GIORNO
Viaggiare è un sentirsi morire a ogni passo, la vita appare al viaggiatore come un'esperienza estremamente eccitante, come un'avventura che di certo non si ripeterà di nuovo.
MARIO PRAZ, Penisola pentagonale




Gaio Valerio Catullo (Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.), poeta romano. È noto per l'intensità delle passioni amorose espresse, per la prima volta nella letteratura latina, nel suo Catulli Veronensis Liber, in cui l'amore ha una parte preponderante, sia nei componimenti più leggeri che negli epilli ispirati alla poesia di Callimaco e degli Alessandrini in generale.


mercoledì 7 aprile 2021

La Grazia


UMBERTO SABA

QUASI UNA MORALITÀ

Più non mi temono i passeri. Vanno
vengono alla finestra indifferenti
al mio tranquillo muovermi nella stanza.
Trovano il miglio e la scagliuola: dono
spanto da un prodigo affine, accresciuto
dalla mia mano. Ed io li guardo muto
(per tema e non si pentano) e mi pare
(vero o illusione non importa) leggere
nei neri occhietti, se coi miei s’incontrano,
quasi una gratitudine.
Fanciullo,
od altro sii tu che mi ascolti, in pena
viva o in letizia (e più se in pena) apprendi
da chi ha molto sofferto, molto errato,
che ancora esiste la Grazia, e che il mondo
- TUTTO IL MONDO – ha bisogno d’amicizia.

(da Il canzoniere, Einaudi, 1961)

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Il messaggio del poeta deve essere un messaggio più alto, di pace: Umberto Saba ritiene che il compito di chi scrive poesie sia consolatorio, essere sollievo alla pena del vivere. Quindi il lettore, “Tu che mi ascolti”, che sia triste o allegro, deve appropriarsi di questo insegnamento, coltivare la gratitudine e l’amicizia, come quei passeri che non più timorosi beccano il miglio lasciato sul davanzale dal poeta.

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LA FRASE DEL GIORNO

Ai poeti resta da fare la poesia onesta.
UMBERTO SABA, Quel che resta da fare ai poeti




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano. Fu per molti anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.