Attilio Bertolucci nasceva a San Prospero, frazione di San Lazzaro, il 18 novembre 1911. Raccontò in un’intervista alla RAI: “Sono nato in una casa di campagna, vicino a Parma, circondato da quella bella natura ordinata, ben coltivata eppure piena di mistero per gli occhi di un bambino che era destinato a scrivere poesie”.
Bertolucci, morto a Roma il 14 giugno del 2000, fu uno dei grandi del Novecento italiano, nonostante non ebbe forse tutta l’attenzione riservata ad altri. È poeta del tempo, della paziente macerazione in esso, affrontato nel suo scorrere con una inquieta malinconia che segna il passare delle stagioni lungo una linea ben definita: Parma e la sua campagna, l’Appennino, Roma. E su questo tragitto si compie anche il viaggio della poesia piana e scorrevole di Bertolucci, che inanella memorie e sogni e il quotidiano corrispondere con gli affetti – la moglie Nina, compagna di una vita intera, e i figli Bernardo e Giuseppe, entrambi registi, seguiti nei loro giochi e nel loro crescere.
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FOTOGRAFIA © VINCENZO COTTINELLI
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RICORDO DI FANCIULLEZZA
Le gaggie della mia fanciullezza
dalle fresche foglie che suonano in bocca..
Si cammina per il Cinghio asciutto,
qualche ramo più lungo ci accarezza
la faccia fervida, e allora, scostando
il ramo dolce e fastidioso, per inconscia vendetta
si spoglia di una manata di tenere foglie.
se ne sceglie una, si pone lieve
sulle labbra e si suona camminando,
dimentichi dei compagni.
Passano libellule, s'odono trebbiatrici lontane,
si vive come in un caldo sogno.
Quando più la cicala non s'ode cantare,
e le prime ombre e il silenzio della sera ci colgono,
quasi all'improvviso, una smania prende le gambe
e si corre sino a perdere fiato,
nella fresca sera, paurosi e felici.
(da Fuochi in novembre, 1934)
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D’AMORE
I
Oh, nessun giorno senza il doloroso
privilegio d’un fuggitivo incontro.
Al tuo occhio smarrito d’ogni parte
la città si moveva, delirando
le vie note, i marciapiedi cari
al tuo piede fanciullo ora dorati
dall’amore, l’estate era nell’aria.
Il tempo era venuto del distacco
senza che mai la selvatica donna
quetato avesse il suo timido sguardo.
II
Quanti giorni ormai senza il doloroso
momento che la città t’esprimeva
ventilata dal suo materno grembo,
la strada popolosa di sete
e tele estive che l’azzurro
commoveva di riflessi e di lampi...
(da Lettera da casa, 1951)
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RITRATTO DI UOMO MALATO
Questo che vedete qui dipinto in sanguigna e nero
e che occupa intero il quadro spazioso
sono io all'età di quarantanove anni, ravvolto
in un'ampia vestaglia che mozza a metà le mani
come fossero fiori, non lascia vedere se il corpo
sia coricato o seduto: così è degli infermi
posti davanti a finestre che incorniciano il giorno,
un altro giorno concesso agli occhi stancatisi presto.
Ma se chiedo al pittore, mio figlio quattordicenne,
chi ha voluto ritrarre, egli subito dice
"uno di quei poeti cinesi che mi hai fatto
leggere, mentre guarda fuori, una delle sue ultime ore."
È sincero, ora ricordo d'avergli donato quel libro
che rallegra il cuore di riviere celesti
e brune foglie autunnali; in esso saggi, o finti saggi, poeti
graziosamente lasciano la vita alzando il bicchiere.
Sono io appartenente a un secolo che crede
di non mentire, a ravvisarmi in quell'uomo malato
mentendo a me stesso: e ne scrivo
per esorcizzare un male in cui credo e non credo.
(da Viaggio d’inverno, 1971)
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VERSO LE SORGENTI DEL CINGHIO
Volevamo risalire alle sorgenti del Cinghio
il giorno era d' aprile ventoso e celeste
folate ci portavano via sbiancando i salici bassi
già dietro di noi perduti perduta la casa
dove s' erano dimenticati di noi fuggitivi
esploratori muniti di cibo e coltellini multipli
per una lunga assenza forse per un distacco
non per me che partecipavo all' impresa
da inviato senza la volontà liberatoria
degli altri senza la loro strenua fiducia
mentre attraversavamo proprietà sconosciute
seguendo l' incantagione sinuosa del Cinghio
avvicinandosi all' occhio lo scenario azzurro
delle colline rumoreggiando più e più
il Cinghio amato. Ma il tempo
era passato per me che sentivo
acuta la perdita della casa e di chi
forse si era ricordato di noi
soffrendo come soffrivo io del distacco
così che con l' astuzia persuasiva del poeta
li convinsi anime pure e schiette
volte al giusto di una fantastica impresa
a desistere a volgersi - compagnia
di soldati sconfitti - verso il quotidiano
il famigliare quanto io più desideravo
e che già si svelava intonacato di luce.
(da Verso le sorgenti del Cinghio, 1993)
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LA FRASE DEL GIORNO
Non chiedere altro, la felicità è in questo / corso paziente, mentre gli anni fuggono / e i giorni così lenti scorrono.
ATTILIO BERTOLUCCI, Lettera da casa
Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.