Il 14 gennaio è scomparso a Città del Messico Juan Gelman, uno dei maggiori poeti in lingua spagnola del Novecento. Argentino, nato a Buenos Aires nel 1930, si trasferì in varie parti del mondo durante la dittatura per approdare infine in Messico: in quegli anni terribili il regime uccise suo figlio Marcelo Ariel e sua nuora Maria Claudia, genitori di una bimba nata in carcere che il poeta ritroverà solo nel 1999 in Uruguay. Questo esilio forzato, le sue difficoltà, i suoi effetti ritornano di conseguenza nella poetica di Gelman, con quel senso di una esperienza collettiva di allontanamento dalla patria, con la denuncia delle persecuzioni, con quell’impressione continua di sradicamento, con la necessità di ricordare per fare in modo che tutto quel dolore non vada perduto.
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POESIA
Giovedì passato nell'atmosfera amichevole
della tua conversazione. Sulla tovaglia,
i dolci piatti, il coltello all'erta,
la voglia di mangiare.
La voglia pure di mangiare un poco,
di tutto, di qualunque cosa, di niente.
Di piangere tagliando la cipolla
e di ridere giusto nel cucchiaio.
Le tue mani esperte, tiepide di verdura,
ed il grembiule che sempre si rovina
proprio lì, però che rabbia!
Di nuovo
hanno aumentato il pane, eh? Che problema!
Che problema, moglie mia, che problema,
toccare l'aria di questo giovedì pulito!
Guardarsi il petto scandalo di vita!
Sentire nel tuo ventre il figlio come cresce!
E il resto, lo aggiusteremo poco a poco.
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MI BUENOS AIRES QUERIDO
a Julio Gerchunoff
Seduto al bordo di una sedia sfondata,
Ubriaco, malato, quasi vivo,
Scrivo versi previamente pianti
Per la città dove sono nato.
Bisogna catturarli.
Anche qui
Sono nati dolci figli miei
Che in tutto questo dolore ti addolciscono con bellezza.
Bisogna imparare a resistere.
Né ad andarsene
Né a rimanere.
A resistere.
Anche se di sicuro
Ci sarà ancor più dolore e oblio.
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GIORNALISMO
Alla mattina alle dieci gli impiegati della giustizia
si misero a urlare contro l’ingiustizia del loro magro salario
alle undici si scoprirono certe manovre delittuose
alle dodici il partito democratico borghese confermò di essere democratico e borghese
ci fu un concorso in municipio
crebbe la carestia di vita
si pranzò in generale in maniche di camicia di fronte a un buon vino
la legge organica della polizia non soffrì di grandi varianti
all’una alle due del pomeriggio sotto la gloria del gran giorno
altre città del paese ricordarono i loro fondatori i loro banditi
gli enti locali promossero decisioni contrarie
il sud continuò al sud
il presidente alle quattro ricevette il suo decimo magnate del petrolio
alle cinque mi scocciai
però alle sei ti vidi
dopo tanti anni ti vidi alle sei e mi turbai come un bimbo
il passato saliva come i tuoi dolci seni
ed erano le sei di una dolcezza come un violento oblio
ora ci sono delle lentiggini sul tuo collo e la tua voce era attuale
di modo che alle sette non facevi più notizia
cominciava il crepuscolo
usciva la gente dal lavoro
cresceva la carestia di vita
si scoprivano nuove manovre delittuose
in lungo e in largo nel paese.
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EPITAFFIO
Un uccello viveva in me.
Un fiore viaggiava nel mio sangue.
Il mio cuore era un violino.
Amai a volte, altre no. Qualche volta
fui amato. Anche a me
rallegravano: la primavera,
la mano nella mano, ciò che è felice.
Dico che l’uomo deve esserlo!
(Qui giace un uccello.
Un fiore.
Un violino).
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LA FRASE DEL GIORNO
Il problema è che non si scrive mai poesia, si viene scritti dalla poesia. La poesia è una signora molto occupata, poiché ci sono poeti dappertutto. Bisogna aspettarla, non chiamarla. Non è questione di pazienza o di volontà. Si tratta di attendere che arrivi con ciò che ho chiamato ossessione.
JUAN GELMAN
Juan Gelman (Buenos Aires, 3 maggio 1930 – Città del Messico, 14 gennaio 2014), poeta, scrittore e giornalista argentino. Vincitore del Premio Cervantes nel 2007, è autore di una poesia esistenziale con accenti lirici e intimisti, divenuta più sociale con l’avvento della dittatura militare (il figlio e la nuora furono sequestrati e uccisi dal regime, la nipote data in adozione) e l’esilio.